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La Costituzione, il Governo, la piattaforma Rousseau ed i dubbi (infondati) del Prof. Ainis

La Costituzione, il Governo, la piattaforma Rousseau ed i dubbi (infondati) del Prof. Ainis
di Salvatore Sfrecola

Leggo sempre con attenzione e grande interesse gli articoli del prof. Michele Ainis, costituzionalista illustre ed editorialista brillante, che commenta da par suo i fatti della politica e le ragioni delle scelte dei partiti, così contribuendo al dibattito delle idee, anche quelle generiche e non collegate con la filosofia politica che un tempo chiamavamo ideologie, fino a quando si è ritenuto che esse siano tramontate. Con soddisfazione di alcuni. Tanto che Luigi Di Maio, nella dichiarazione al termine delle consultazioni del Presidente incaricato, ha tenuto a definire il suo Movimento “post-ideologico”. Per lui è un complimento, per me una iattura, dal momento che la classe politica ha da tempo rinunciato a riferimenti ideali. Per cui, ad esempio, tutti si dicono “liberali”, compresi i comunisti o i post comunisti. Il che vuol dire che qualcosa non funziona.

Per tornare al Prof Ainis, del quale, naturalmente, ho letto anche i libri con i quali svolge ulteriori approfondimenti di sistema, oggi ha scritto per La Repubblica un pezzo, “Tutti i limiti di Rousseau”, con il quale affronta un tema che fa discutere molto in queste ore, la questione del voto che, come si legge sul “Blog delle Stelle”, sarà raccolto per il tramite la piattaforma Rousseau, dal filoso francese Jean-Jacques, sulla ipotesi di formazione del nuovo governo. Rousseau è stato, al tempo della Rivoluzione Francese, il filosofo della “democrazia diretta”, proprio mentre l’Assemblea Nazionale a Parigi assumeva la funzione di rappresentanza dei cittadini. Democrazia diretta che il M5S ha posto alla base della propria azione politica, tanto che l’On. Riccardo Fraccaro è Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta.

Ebbene, il Prof. Ainis ha dubbi sulla procedura che il M5S attua con ricorso al voto degli iscritti. E spiega tali “difetti e incongruenze” in quattro punti.

Il primo riguarda i tempi, nel senso che essi “non sono mai neutrali, specie in questa stagione, dove gli umori politici cambiano di ora in ora. Sicché scegliendo l’ora giusta si può ottenere una risposta positiva, quando il giorno prima sarebbe stata negativa”.

Il secondo riguarda la formula della domanda che, ricorda richiamando Norberto Bobbio, “in un referendum conta più della risposta. Perché il quesito referendario orienta il risultato, ne prefigura gli esiti”.

Terzo, votano solamente gli iscritti, pochi rispetto a quanti hanno votato per il M5S nelle elezioni politiche.

Quarto, non c’è vincolo per i dirigenti del Movimento, qualunque sia l’esito del voto, come precisa lo Statuto del Movimento.

Vediamo di ragionare sui singoli punti che, per la verità avevo già affrontato in un precedente pezzo su www.italianioggi.com.

I tempi evidentemente non sono neutrali, ma in questo caso oggi correttamente viene proposto un quesito adeguato al momento. Si chiede se si condivide la scelta di fare un governo con il Partito Democratico. Quesito e data, non “s’incrociano con l’agenda del presidente Mattarella, condizionandola, sottoponendola a decisioni esterne”, come, invece, ritiene il Prof. Ainis. Infatti il Capo dello Stato ha conferito l’incarico di formare il nuovo governo al Prof. Giuseppe Conte sulla base delle indicazioni provenienti dai partiti consultati. Tuttavia uno dei partiti, il M5S, ha una regola che impone, in talune occasioni, come nella formazione del governo, un sondaggio tra gli iscritti. Era accaduto anche in occasione del precedente governo giallo-verde ma la cosa non aveva destato attenzione. Era andata “liscia”, come si dice. Altri partiti hanno strumenti diversi di verifica delle intese raggiunte con il Presidente incaricato: riuniscono direzione o consiglio nazionale.

Non vedo l’interferenza con l’agenda del Presidente nel voto tramite Piattaforma Rousseau, come non vi è nel caso dei partiti che sottopongano agli organi statutari la proposta formulata dalla delegazione incaricata di condurre le trattative con il presidente incaricato.

Anche il terzo dubbio del Prof. Ainis non mi convince. Ne comprendo tutto il significato: votano pochi degli iscritti, pochissimi rispetto al numero degli elettori che hanno inviato in Parlamento molte decine di deputati e senatori grillini. L’esempio della consultazione del partito socialdemocratico tedesco, con oltre 400mila votanti, non mi convince. La regola del M5S è quella e va rispettata, come se a decidere fossero cento persone appartenenti ad un organo collegiale del movimento.

L’ultimo dubbio riguarda il vincolo del voto. Non c’è. La consultazione può essere ripetuta se lo chiedono il garante (Grillo) o il capo politico (Di Maio) e in questo caso occorre la maggioranza assoluta. Regola contraddittoria per il Movimento che ha sempre sostenuto i referendum senza quorum. È comunque una situazione diversa.

2 settembre 2019

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