Colf e badanti: l’emersione del nero dev’essere l’occasione per garantire equità fiscale e una migliore assistenza
di Salvatore Sfrecola
Sono fortemente critico nei confronti del Governo Conte 2, come avevo forti perplessità sul Conte 1, tutte confermate dalla persistente difficoltà di immaginare una efficace politica di crescita e sviluppo della quale l’Italia ha estremo bisogno. Niente viene immaginato che possa dare agli italiani la prospettiva di interventi intesi a tenere sotto controllo i conti e, contemporaneamente, di sollecitare l’economia e l’occupazione. È assolutamente deprimente, ma ancor più deprimente è la posizione assunta dall’opposizione politica e giornalistica. Entrambe scendono spesso nel qualunquismo becero, incapace di offrire un’alternativa rispetto all’assoluta inadeguatezza della politica del governo di 5Stelle e PD.
Uno dei temi sui quali si misura la capacità politica di percepire le reali esigenze del Paese è senza dubbio quello della lotta all’evasione fiscale che ha raggiunto, secondo dati ufficiali dell’Agenzi delle entrate, una misura assolutamente incompatibile con uno stato di diritto che dovrebbe assicurare la giustizia sociale. Evasione, infatti, significa che chi paga le imposte è soggetto ad un onere superiore a quello che sosterrebbe se tutti pagassero il giusto. Significa anche che l’effetto del fisco sull’economia è certamente distorto rispetto agli obiettivi asseritamente indicati da Parlamento e governo con la conseguenza che l’auspicata, da tutti, riduzione del carico fiscale è obiettivo difficile da raggiungere in presenza di forti squilibri nella distribuzione degli oneri tributari.fiscale.
Sono considerazioni di buon senso difronte alle quali una parte dell’opposizione torna a stare dalla parte degli evasori, acriticamente, senza formulare proposte alternative rispetto alle iniziative del governo come da ultimo delineate nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e nella prospettiva della legge di bilancio 2020 il cui percorso parlamentare potrebbe riservare sorprese, in parte già prospettate in alcuni interventi di politici e commentatori.
Una delle vicende che sembrano più preoccupare, nell’ambito della preannunciata lotta all’evasione fiscale è senza dubbio quella di contrastare il lavoro in nero di colf e badanti attribuendo alle persone che si avvalgono di quelle collaborazioni del compito di sostituto d’imposta all’atto della corresponsione delle relative paghe. Il tema è obbiettivamente complesso e ne ha dato una esauriente dimostrazione l’articolo, a firma di Laura Della Pasqua su La Verità di oggi dal titolo “Obbligare i privati a riscuotere l’Irpef da colf e badanti è un autogol fiscale”. L’assunto è quello che le famiglie, “come tutti i datori di lavoro, sarebbero tenuti a trattenere le tasse nella busta paga e ad effettuare i relativi versamenti. Un compito che finora non hanno. Diventerebbero delle piccole aziende”. L’idea, conviene l’articolista, riferendo una valutazione di Assindatcolf, è quella di “far emergere il nero” in un settore nel quale il 60% di colf e badanti non è in regola. Le conseguenze evidenziate dall’articolo “rischiano non solo di vanificare l’intento anti evasione ma di allargarne i confini. Sarebbe un buco nell’acqua, con l’unico risultato di rendere la vita delle famiglie e degli anziani un inferno burocratico e di aumentare i costi del servizio”. Segnala che il compito di “sostituto d’imposta non è per niente facile”. Poi “La famiglia deve vedersela pure con il lavoratore che a causa del prelievo per l’Irpef, avrebbe lo stipendio decurtato. Non è difficile immaginare che questo cerchi di rivalersi della perdita esigendo un aumento”. Con la conseguenza da indurre, “anche chi è sempre stato in regola, a rifugiarsi nel nero”.
Fin qui la prosa di Laura Della Pasqua che mette sul tavolo tutti gli argomenti necessari per approfondire una vicenda certamente complessa.
Cominciamo dalla accertata evasione fiscale, rilevante, come dalla richiamata valutazione di Assindatcolf. Il 60% non è poco ed esige certamente un intervento capace di ridurre drasticamente l’evasione. Cosa necessaria, come dirò più avanti, anche perché uscire dal nero può significare garantire la professionalità dei collaboratori, non tanto per le colf quanto per i badanti il più delle volte senza un minimo di professionalità ai quali vengono affidati anziani e malati, persone fragili che non possono essere lasciati in balia di persone che, di fronte ad un malore, non sanno neppure chiamare il medico curante e spiegare cosa sta succedendo.
Sgombriamo subito il campo da un falso problema. Colf e badanti “costretti” a pagare le imposte chiederebbero, scrive Della Pasqua, un aumento di stipendio almeno corrispondente al prelievo alla fonte. È possibile che si verifichi ma parliamo di cifre modeste, sia pur significative per alcuni. Tuttavia è sfuggita una riflessione conseguente ad una considerazione che pure l’articolo fa. Le famiglie “diventerebbero delle piccole aziende”. Ed ecco che io avevo già suggerito, proprio in un articolo su La Verità di qualche tempo fa, come la lotta all’evasione fiscale passi innanzitutto da una completa deduzione della somma corrisposta al collaboratore, somma che, altrimenti, sarebbe tassata due volte, nel reddito del datore di lavoro e in quello della colf o del badante. Sarebbe una riforma assolutamente necessaria perché non è evidentemente giusto tassare una somma che viene trasferita ad altro soggetto. Che colui il quale spende per esigenze fondamentali della vita, come nel caso di chi deve servirsi di una collaborazione necessaria, vedersi tassata una somma che non utilizza per fini voluttuari ma per sopravvivere dignitosamente.
Così affrontato il tema della corresponsione delle somme dovute a colf e badanti, con una certa loro tracciabilità potrebbe essere superata l’esigenza di farne dei sostituti d’imposta in quanto il fisco saprebbe con certezza chi sono i percettori dei relativi redditi.
Quel che, a mio giudizio, non è accettabile è criticare ogni tentativo di lotta all’evasione fiscale senza fare proposte alternative idonee a dare soluzioni ad un problema di giustizia generalmente condiviso.
Come anticipato, per i badanti non ci si può limitare ai soli profili fiscali senza affrontare il tema della qualificazione professionale di queste persone, utilissime per i nostri anziani e malati. Occorre prevedere che per assumere quel compito e stipulare il relativo contratto di lavoro siano munite di una qualche attestazione pubblica su una competenza minima professionale: misurare la pressione arteriosa, fare un’iniezione, rilevare il livello di glicemia, conoscere i medicinali da somministrare, dialogando eventualmente con il medico sugli effetti di questi farmaci. Oggi molti badanti sono privi di qualunque conoscenza in proposito, hanno difficoltà con l’italiano e, pertanto, a leggere ed interpretare una prescrizione medica. Sicché suggerivo che una autorità pubblica, la ASL, la Croce Rossa, rilasciasse, al termine di un corso di qualche giorno, un patentino che attestasse queste conoscenze così dando certezze ai “badati” ed ai loro familiari.
Con queste regole si qualificherebbe un lavoro sempre più importante nella nostra società, che si misura in crescente aumento. Come sempre soluzioni semplici cui spesso la politica è spesso lontana con effetti negativi sul fisco e come visto sulla sicurezza delle persone assistite.
Qualcuno dirà che il fisco potrebbe vedere diminuito il gettito tributario in ragione delle deduzioni. È la solita scusa dei pigri, considerato che sarebbe possibile definire in termini di maggiore chiarezza un mercato del lavoro che rivela molteplici lati oscuri anche per la possibilità, nel Paese dei furbi, che alcuni si servano di aiuti privati e contestualmente ricevano vantaggi dallo Stato e dalle Regioni in termini di assistenza economica pubblica.
4 ottobre 2019