La maglia della nazionale, dall’azzurro al verde, non è solo questione di colore
di Salvatore Sfrecola
Sarà verde, non più azzurra ed anche senza lo scudetto tricolore, la maglia che indosseranno i calciatori della nazionale stasera durante la partita con la Grecia. È quanto ha deciso lo sponsor ed accettato la Federazione Gioco Calcio. Un errore in entrambi i casi, anche se si ricorda che una divisa dello stesso colore fu indossata nel 1954 in occasione di un’amichevole con l’Argentina, stavolta presentata come un omaggio al rinascimento del nostro calcio.
I disegnatori della società, il cui logo campeggia a sinistra, sono evidentemente privi non solo di consapevolezza della storia e della tradizione dello sport italiano ma anche di un minimo di fantasia se, dovendo cambiare colore, non hanno saputo assicurare alla nuova maglia, la “terza maglia”, come si è letto, la permanenza di quel colore azzurro se non nel colletto, per cui “azzurri”, nel linguaggio della cronaca e dello sport, sono quanti s’impegnano, nei vari sport, per l’Italia.
Assurda, poi, la eliminazione dello scudetto con il Tricolore. Evidentemente, se i disegnatori dello sponsor non hanno fantasia e consapevolezza dei valori che la maglia dei nazionali porta con sé, chi quella scelta ha approvato, alla ricerca di risorse finanziarie che il C.O.N.I. continua a tagliare, è privo di consapevolezza per la storia e la tradizione. Non deve stupire, considerati i personaggi, modesti e aridi, che dominano questa stagione dello sport più amato dagli italiani, a sentire le dichiarazioni con le quali si presentano ai giornali e telegiornali.
Da tempo abbiamo perso il senso della nostra identità e delle nostre tradizioni. Si è voluto all’indomani della guerra, per far dimenticare che lo Stato italiano non è nato nel 1946 ma il 17 marzo 1861 nel pieno di un moto nazionale, risorgimentale e liberale, che si concluderà nel 1918 con il ricongiungimento all’Italia di Trento e Trieste. E che già prima, e lungo i secoli, dall’indomani del crollo dell’Impero romano, la cultura, l’arte, la letteratura, la poesia avevano parlato d’Italia, anche quando francesi e spagnoli, con la complicità di principati e municipi guidati da incapaci e pusillanimi, dominavano città e contadi a Nord ed a Sud del Bel Paese. Bisognava dimenticare e far dimenticare perché un popolo fiero della propria storia e della propria identità è capace anche di esprimere una classe politica adeguata alle esigenze del momento storico, per cui le difficoltà di un Paese che potrebbe assicurare prosperità ai suoi abitanti sono frutto della damnatio memoriae iniziata nel dopoguerra ad iniziativa di forze politiche che alla storia unitaria erano state estranee. Lo ha detto bene Montanelli sottolineando come l’Italia è stata indotta a rinnegare il Risorgimento “unico tradizionale mastice della sua unità”. Scomparso anche quello, fin dal 1946, il Paese è “in balia di forze centrifughe che ne facevano temere la decomposizione”. Com’è sotto gli occhi di tutti.
In questo sfacelo morale e culturale, che accetta il cambio di colore della maglia della nazionale di calcio, non ci sarà da stupirsi se, un giorno di questi, qualche sponsor a corto di fantasia inserisca il logo aziendale nel Tricolore Nazionale per far soldi, per vendere qualche maglietta in più. Non a me ed a quanti hanno a cuore l’identità italiana.
12 ottobre 2019