di Salvatore Sfrecola
Dunque, il Presidente della Repubblica potrebbe sciogliere il Consiglio Superiore della Magistratura. Lo ha sostenuto Michele Vietti, avvocato, politico di area centrista, che del C.S.M. è stato Vicepresidente dal 2010 al 2014. In una intervista concessa a Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, Vietti preliminarmente ha inquadrato il tema magistratura a tutto tondo osservando come “da anni la politica della non responsabilità fa di tutto per offrire alla magistratura più poteri di quelli di cui ha bisogno e per invocare l’intervento della magistratura su ogni aspetto dello scibile umano. Prima di chiedere alla magistratura di non sentirsi onnipotente – aggiunge Vietti – bisognerebbe chiedersi cosa ha fatto la politica in questi anni per non far sentire onnipotente la magistratura”.
E quanto al malfunzionamento del Consiglio Superiore è categorico. “Io capisco – dice – che oggi ci si chieda se sia il caso oppure no di sciogliere un CSM che fatica a funzionare. È una decisione che spetta al capo dello stato, ovviamente, ma è una decisione che non rientra nel perimetro delle ipotesi impossibili perché il funzionamento di questo organo viene compromesso non solo quando non funziona più ma anche quando funziona male. E onestamente si fa un po’ di fatica nel dire che il CSM in queste condizioni funzioni bene, così come si fa fatica a riconoscere che la politica sia particolarmente interessata a farlo funzionare meglio: conosciamo i problemi del CSM da anni e da almeno dieci mesi sono su tutti i giornali. E negli ultimi dieci mesi la politica non ha fatto nulla per sanare alcune delle ferite che si sono aperte”.
Ma non finisce qui. Con il consueto buon senso del politico di lungo corso, Michele Vietti ricorda come “un CSM ostaggio delle correnti è evidente che non può funzionare ma non può funzionare per ragioni assolute e non per ragioni legate a singoli episodi. Lo dico nel modo più semplice possibile. Riportare le correnti al loro ruolo fisiologico – al loro essere luoghi di elaborazione e di confronto di idee anche contrapposte – significa ricordarsi che la camera di compensazione delle correnti è l’Anm e non il Csm. Il Csm non è, come finge di non ricordare qualcuno, l’organo di autogoverno della magistratura, ma è ‘organo di governo autonomo all’interno del quale devono convivere anche anime diverse da quelle togate. Oggi ho l’impressione che le correnti abbiano perso il loro ruolo di dialettica ideale e abbiano assunto una logica di potere. E il ragionamento che ne consegue è: farò carriera non se sarò più bravo ma se sarò più garantito dalla mia corrente”. E, questo, ovviamente, aggiungiamo noi, non è nell’interesse di un corpo di magistrati che nella sua stragrande maggioranza è costituito da professionisti fedeli al dettato costituzionale il quale impone che i giudici siano “soggetti soltanto alla legge” (art. 101). Come, del resto, i cittadini desiderano che siano i loro giudici. Perché sia assicurata quella “certezza del diritto” che è garanzia per tutti, indipendentemente dalle idee politiche e dalla bravura dell’avvocato che ne tutela le ragioni.