sabato, Novembre 23, 2024
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“Le ricordanze”, di chi? Settembrini: e chi era?

dell’Ing. Domenico Giglio

Credo che questo titolo corrisponda ad un possibile dialogo con uno studente liceale o universitario, o con una persona di media età, magari anche laureato. Eppure questa è la triste realtà in cui versa la storia e gli uomini del Risorgimento, oggetto di oblio o di contestazione e rimozione. Ora queste “Ricordanze della mia vita” appartengono ad un letterato e patriota napoletano, Luigi Settembrini (1813-1876), che per le sue idee liberali e costituzionali fu più volte imprigionato dal governo borbonico e, dopo una condanna a morte, tramutata in ergastolo, passò ben otto anni, dal 1851 al 1859, nel carcere dell’isoletta di Santo Stefano, a poche miglia da Ventotene, insieme con centinaia di altri ergastolani, delinquenti comuni e banditi, cioè i briganti che già esistevano ed operavano da decenni nel Regno delle Due Sicilie, sui quali il Settembrini, contrario per principio alla pena del carcere a vita, svolge un’indagine statistica sociologica che, da sola, già dovrebbe indurre alla lettura di questa opera, che avrebbe meritato e meriterebbe fortuna eguale a quella delle “Mie prigioni” di Silvio Pellico. E pensare che negli anni ’20 del 1900 la sua lettura era consigliata nelle scuole, come ho potuto constatare personalmente, da una particolare edizione del 1924, che aveva mia Madre. Oggi il libro è quasi introvabile in quanto l’edizione integrale più recente risale al 2011, ad opera della “Rondine Edizioni”, casa editrice di Catanzaro, da acquistarsi tramite internet.

Ora “Le ricordanze”, dalla fanciullezza al 1848, sono una miniera inesauribile di eventi e di nomi riguardanti la vita politica e culturale esistente a Napoli negli anni dal 1830 e del regime poliziesco e repressivo che vi regnava e che opprimeva anche tutto il territorio del regno con continue ribellioni e feroci repressioni, con nomi dei patrioti fucilati ed impiccati, anche per soli reati di opinione, riprendendo quella politica di repressione attuata nel 1799 dopo la riconquista di Napoli da parte delle bande del Cardinale Ruffo, di cui era stato oggetto anche il padre di Luigi, Raffaele, a testimonianza di una tradizione familiare improntata ai valori liberali, di cui Luigi fu il degno erede. Non dimentichiamo infatti che Settembrini fu l’autore di quella famosa “Protesta del popolo delle Due Sicilie”, dove rifacendosi agli altrettanto famosi “Gli ultimi casi di Romagna” di Massimo d’Azeglio, mise a nudo tutte le colpe del governo borbonico, piccolo aureo libro che si diffuse nel e fuori del regno, confermando la frattura ormai insanabile tra la dinastia allora regnante e la classe media ed intellettuale del paese. Ed è da notare che questo giudizio sull’operato di Ferdinando II non era frutto di un preconcetto, perché all’avvento al trono nel 1830 di questo giovane Re, molte erano state le speranza di un mutamento positivo dei precedenti metodi di governo, favorito anche dalla figura della sua sposa, la Regina Maria Cristina, nata Principessa di Savoia, la cui religiosità sincera e vissuta, la sua bontà e carità per i poveri, Le avevano già dato il nome di “Reginella Santa”, purtroppo però venuta a mancare giovanissima, nel 1836, appena dopo aver dato alla luce il figlio, futuro Re Francesco II.

L’importanza storica di queste “Ricordanze”, pubblicate postume nel 1879 fu sottolineata nella prefazione delle stesse, scritta da un altro grande letterato e patriota, Francesco De Santis, a dimostrazione e conferma di una comunanza spirituale tra queste personalità del nostro Risorgimento, che nel Regno d’Italia trovarono il coronamento di tante aspirazioni e sogni giovanili, e che allo stesso Regno, dettero dalla cattedra, o nel Parlamento o nel Governo un importantissimo contributo. Settembrini così sintetizzò la sua visione unitaria con queste parole che troviamo appunto scritte nelle “Ricordanze” . “…l’Italia ha spontaneamente trovato la sua forma politica nella Monarchia, la quale sola può conservare l’Unità….Se l’Italia fosse repubblica, non potrebbe essere che una federazione di repubbliche…..io ero (da giovane) repubblicano …oggi essere repubblicani mi parrebbe sfasciare l’unità e dare l’Italia in mano al Papa o allo straniero: la repubblica oggi sarebbe un parricidio …..Fintanto che in Italia ci sarà un Papa, ci deve essere un Re …anche essendo credente e cattolico. E se verrà un tempo che tutti gli stati d’Europa diventeranno repubbliche, ultima fra tutte dovrebbe essere l’Italia”. Parole profetiche, scritte prima di quelle più famose che pronunciò Francesco Crispi.

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