sabato, Novembre 23, 2024
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Alla vigilia dell’elezione del Giudice costituzionale scelto dalla Corte dei conti

Nel richiamare la scadenza dell’elezione, da parte dei magistrati della Corte dei conti, del Collega che andrà a far parte della Corte costituzionale mi sono soffermato sull’importanza di quella scelta, tenuto conto delle delicatissime attribuzioni di controllo e giurisdizionali della Corte. Ed ho delineato quali, a mio giudizio, debbono essere le caratteristiche del magistrato sul quale far ricadere la scelta. Ovviamente non ho fatto nomi e non ho fornito neppure indicazioni indirette. I candidati sono tutti miei ex colleghi ed amici. Ed avevo dato la mia disponibilità a pubblicare contributi al dibattito provenienti dai candidati e da ogni altro fosse interessato ad esprimere riflessioni sul ruolo della Corte dei conti nell’attuale momento storico. Che si è tinto di fosche previsioni quanto, soprattutto, alla giurisdizione che verrebbe privata della conoscenza dei fatti e delle omissioni commessi con colpa grave. Sembra questo, infatti, l’indirizzo del Governo nel decreto legge “semplificazioni” che dovrebbe, mediante alcuni ritocchi alla normativa in materia di contratti, abuso d’ufficio e danno erariale, consentire di eliminare quei “lacci e lacciuoli” che i privati e le imprese ritengono siano un ostacolo a fare presto e bene. 

Anche di questa “evoluzione” della normativa si dovrà tenere conto nella scelta del nuovo Giudice costituzionale che dovrà, nella sede della Consulta, farsi carico della storia e dell’attualità della magistratura contabile.

Nessuno mi ha chiesto di pubblicare qualcosa sul tema dell’elezione e, in genere, sul ruolo della Corte dei conti oggi. Lo fa Fulvio Maria Longavita con un’ultima lettera ai Colleghi alla vigilia del voto.

Salvatore Sfrecola

Care Colleghe, cari Colleghi,

mancano ormai soltanto 10 gg. alla elezione del “nostro” Giudice Costituzionale.

Con questo intervento, che conclude il mio percorso elettorale, intendo esprimere i sensi di stima nei Vostri riguardi e chiedere ancora una volta un voto di legittimazione alla Consulta, soprattutto a quanti non sono riuscito a raggiungere nemmeno con una telefonata. Il coronavirus ha reso particolarmente difficili i contatti e ha ampliato la preoccupazione di disturbare troppo.

L’elezione del Giudice Costituzionale è sempre stato un evento importante, che induce a riflettere e a ragionare anche sul nostro futuro. Durante questo periodo di riflessione, si moltiplicano le analisi e le attenzioni, cercando tra i candidati chi possa interpretare meglio le funzioni della Corte, nel contesto dei valori costituzionali. Il voto, dato in questi termini (e solo se dato in questi termini), esprime una sorta di “mandato” unitario, per l’elevazione e la compartecipazione della Magistratura contabile alla realizzazione dei più alti livelli di Giustizia per il Paese. In tal senso, non posso che manifestare disagio e rammarico per le difficoltà di voto avvertite da non pochi colleghi che risiedono lontano da Roma. Continuo, tuttavia, a sperare che si possano realizzare condizioni di favore per la loro più ampia partecipazione alle urne.

Le annunciate riforme su importanti temi della contabilità pubblica, come quelli sul controllo degli enti locali e sull’innalzamento della soglia della responsabilità erariale al dolo, d’altronde, inducono alla più ampia partecipazione, per il miglior confronto e la maggiore condivisione possibile.

Le modifiche ipotizzate investono la dorsale assiologica del sistema giuscontabile ed amministrativo-costituzionale, in tutte le sue principali componenti valoriali: democratico-partecipativo e di accuntability, di coordinamento della finanza pubblica e di “tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, da assicurare a tutti, “prescindendo dai confini territoriali dei governi locali” (art. 120 Cost.).

I temi delle riforme sono stati appena toccati da un limitato scambio di e-mail tra di noi, senza approfondimenti di più ampio respiro, scientifico e politico-istituzionale. La preoccupazione per l’innalzamento della soglia della responsabilità erariale al dolo è corale, tenuto anche conto dell’enorme flusso di soldi da spendere per la “ripresa”, ma sono state manifestate tendenze di ritorno al “controllo collaborativo” per gli enti locali, in un contesto di netta separazione del controllo stesso dalla responsabilità erariale e dalle forme giurisdizionali.

Il risultato di sintesi del dibattito interno non esprime piena coerenza e linearità, sembrando (almeno a me) difficile argomentare efficacemente la necessità di tenere ferma la soglia della colpa grave della responsabilità erariale, nel mentre si pensa di disancorare la responsabilità stessa dal controllo. La naturale correlazione funzionale del controllo e della responsabilità (risarcitoria e ancor più sanzionatoria) alla salvaguardia della sana gestione amministrativa e degli equilibri di bilancio e, quindi, del “buon andamento”, ovvero del Diritto alla Buona Amministrazione (nella sua più ampia accezione euro unitaria), ne impone invece una valutazione congiunta e sinergica.

Le “materie della contabilità pubblica”, nella loro intrinseca afferenza ai diritti inviolabili dei cittadini, d’altro canto, reclamano l’esercizio integrato del controllo e della giurisdizione della Corte dei conti, costituendone – nei fondamentali – l’oggetto comune.

La responsabilità erariale, disancorata dal controllo, perde il suo humus giuridico-culturale di fondo, quale misura di verifica del grado di attuazione del dovere di adempiere le funzioni pubbliche “con disciplina ed onore” nel caso concreto, e si appiattisce a livelli puramente antropologici, come “paura della firma”.

Dal canto suo, la riduzione del controllo della Corte dei conti al modello “collaborativo” e/o l’istituzione di tavoli tecnici, svuotano di significato il controllo della Corte stessa, nella sua più alta dimensione di funzione “ausiliaria” delle altre funzioni costituzionali dello Stato-ordinamento.

E’ soltanto sotto l’egida del Diritto, ed in particolare del Diritto Costituzionale, che le funzioni di controllo assumono più chiare connotazioni al servizio della Giustizia, anche nei riflessi della sua maggiore efficacia limitativa del Potere, per il suum cuique tribuere.

Il Diritto, anche quello amministrativo-contabile, è un bene di “consumo collettivo”, il cui scopo ultimo – direbbe Jhering – è la sua stessa applicazione, nell’arena degli interessi che esso considera, valuta e bilancia, per la loro effettività.

Gli interessi sorgono nella società e pongono immediatamente una domanda di Giustizia, che impegna anzitutto la Legge e poi il Giudice, con possibili interventi della Consulta, in funzione di garanzia del loro giusto riconoscimento e bilanciamento.

Tanto vale anche per il “Diritto del Bilancio”, che evoca e mette in gioco le aspettative a beni della vita che solo la Repubblica può garantire, a cominciare dalla trasparenza del potere allocativo, fino alla garanzia dei diritti a prestazioni sociali costituzionalmente rilevanti. L’esercizio di tali fondamentali poteri implica il bilanciamento di diritti ed interessi, che però è presidiato da regole poste dalla Legge e dalla Costituzione.

Insomma, anche nelle materie di contabilità pubblica esistono interessi, un diritto che li bilancia ed un giudice terzo e neutrale, rispetto ad essi.

Il “Diritto del Bilancio” necessita dunque del “Giudice del Bilancio”, senza il quale non può neanche essere applicato e rischia di degradare ad arbitrio.

Il controllo dei bilanci degli enti locali, come già il Giudizio di Parificazione dello Stato e delle Regioni, va pertanto espresso nelle “forme contenziose” della giurisdizione contabile, nell’ evidente  – seppur mai chiaramente espressa – considerazione che anche il “Diritto del Bilancio”, così come ogni altra articolazione dell’ordinamento, riconosce e dà evidenza giuridica agli interessi dei cittadini.

E’ in questa sostanziale continuità funzionale dei controlli dei bilanci delle autotomie territoriali, in cui si articola la Repubblica (art. 114 Cost.), che si rinviene (a mio avviso) il senso della assimilazione del controllo di legittimità-regolarità dei bilanci dei predetti enti locali al Giudizio di Parificazione dei bilanci dello Stato e delle Regioni (Corte cost. sent. n.115/2020, § 2 in diritto).

Due funzioni (Controllo e Giurisdizione) ed un solo “Giudice del Bilancio” (la Corte dei conti), in posizione terza e neutrale, collocato al centro di un sistema multilivello di Autonomie territoriali (art. 114 Cost.), in continuo dialogo costruttivo tra loro e con la l’Europa (art. 117 comma 1 e 97 comma 1 Cost.) su temi anche economici e finanziari, ma pur sempre orientati alla Pace e alla Giustizia (art. 11). E tutto ciò nella piena consapevolezza che la “buona spesa” pubblica implica sicuramente più diritti, ma anche più doveri, che nel loro complesso costituiscono l’ordito normativo della vera Solidarietà tra persone, comunità e valori di riferimento (art. 2 Cost.).

Care Colleghe e cari Colleghi, con questi sentimenti di stima, ma anche di impegno per il futuro della Corte dei conti e del Paese intero, Vi saluto cordialmente, augurando a tutti un buon voto, nei più alti auspici per le straordinarie funzioni della nostra Magistratura.

Fulvio Maria Longavita

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