del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci
Giustizia amministrativa
È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) per contrasto con gli artt. 3, 4, 16 e 35 Cost., nella parte in cui, nel disporre che “non possono conseguire la patente di guida coloro che sono o sono stati sottoposti alle misure di prevenzione”, attribuisce al Prefetto un potere automatico e vincolato, come risulta dal tenore letterale della disposizione e dal diritto vivente, senza consentire all’autorità amministrativa margini di esercizio della discrezionalità in relazione alle peculiarità delle singole fattispecie al suo esame.
Con sentenza n. 99 del 2020 la Corte costituzionale ha censurato in termini di irragionevolezza il meccanismo che riconnette automaticamente la revoca della patente a coloro che siano o siano stati sottoposti a misure di prevenzione, senza che sia consentito all’Amministrazione operare un bilanciamento con ulteriori elementi di valutazione che possano emergere in concreto.
Posti tali principi, la Sezione ritiene che anche il comma 1 dell’art. 120 del Codice della strada ugualmente si ponga in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui la sottoposizione a misure di prevenzione costituisca automaticamente un presupposto ostativo al rilascio della patente (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, ordinanza 16 giugno 2020, n. 1076).
Il Paese delle mele marce
Merita integrale condivisione lo scritto del nostro Direttore Salvatore Sfrecola (“Le mele marce sono sempre di più. Inadeguato il reclutamento all’ingresso e nella catena di comando”), pubblicato il 27 luglio in questa Riv.
“Le mele marce ci sono sempre state, dappertutto. Generali che hanno passato informazioni al nemico, funzionari del fisco e magistrati corrotti, agenti delle forze dell’ordine infedeli, docenti delle scuole di ogni ordine e grado che hanno dato scandalo. E tutte le volte ci siamo indignati, come nel caso degli eventi delittuosi che si sente dire sarebbero avvenuti nella caserma dei Carabinieri di Piacenza, dopo esserci stupiti che sia stato possibile. Continuiamo ad indignarci sempre più spesso e questo vuol dire che i casi sono aumentati. Che, in primo luogo, si è eclissato il senso dello Stato, la fedeltà alle istituzioni, il rispetto della legge per il pubblico dipendente che la Costituzione ricorda essere al servizio esclusivo della Nazione (art. 98) e deve adempiere le funzioni pubbliche che gli sono affidate con disciplina ed onore (art. 54). A monte c’è evidentemente un problema di adeguatezza dei soggetti inseriti nella catena di comando perché, secondo il detto popolare, antico ed efficace, il pesce puzza dalla testa. C’è un problema di reclutamento all’ingresso e nella progressione nelle funzioni. Che non è più orientato ad una rigida selezione professionale e morale dei pubblici dipendenti”
Non possiamo, pertanto, non fare nostra l’arguta considerazione finale: “Le mele marce sono davvero troppe”.
Come riformare?
“I 209 miliardi in arrivo per l’Italia sono una occasione straordinaria, ma anche una enorme tentazione di accentramento di potere, per chi ne deciderà l’uso e la destinazione. Il piano Marshall originario fu un’opera collettiva di una classe dirigente riformista, cattolica, liberaldemocratica, motivata da interessi e valori che servivano a indicare gli obiettivi su cui sarebbero arrivati gli aiuti economici. Nell’Italia 2020 c’è il Parlamento in via di disarmo, alla vigilia di un referendum devastante, i corpi intermedi della società civile ridotti a corporazioni di particolarismi e disfatti da decenni di abbandono, una pubblica amministrazione senza orizzonte… (e, aggiungiamo noi, una giustizia da circo equestre)…
Un programma da predisporre ancora non c’è. Il Piano per le Riforme non può essere una questione soltanto del presidente del Consiglio… Un Piano per le Riforme è qualcosa di diverso dall’ennesima task force o della riedizione della cabina di regia, merce di scambio politico e red carpet per il premier narcisista di turno. Un Piano per le Riforme ha bisogno di riformisti che appiano scriverlo e poi “realizzarlo” (Marco Damilano, “Riforme senza riformisti”, L’Espresso, n. 31/2020, 22 ss.).
Alberi che crollano
La situazione degli alberi nella città di Roma desta fondate apprensioni.
Precedenti, anche recenti, impongono interventi pronti e risolutivi.
Il direttore dell’agenzia della Protezione civile della Regione Lazio ritiene necessario il “monitoraggio delle piante tramite l’analisi anche solo visiva degli agronomi, indagine tecniche più invasive se vengono ravvisate anomalie, seguente abbattimento o, in assenza di questo, ordinanza della sindaca per mettere in sicurezza la pianta e la zona in cui si trova che può essere una strada oppure un parco” (Il Messaggero, Cronaca di Roma, 29 luglio 2020).
Largo agli improvvisatori
Un Paese civile necessita almeno di una classe dirigente culturalmente evoluta; esperti particolarmente qualificati; una pubblica amministrazione responsabile e cosciente del proprio ruolo; una giustizia fedele e serena interprete del diritto vigente.
In Italia, purtroppo, è il momento degli improvvisatori.
Lo Smart working
“Bello lo smart working. Ma questa nuova frontiera ha una controindicazione, soprattutto negli uffici pubblici: premiare chi già prima tendeva a imboscarsi” (Mario Giordano, “Il grillo parlante”, Panorama, n. 32/2020, 98).