di Salvatore Sfrecola
C’era un tempo nel quale, sull’onda di successi nazionali di ForzaItalia, Silvio Berlusconi si poteva permettere, con buone possibilità di successo, di imporre una candidatura in Parlamento e nelle elezioni regionali e comunali. E lo faceva trascurando le possibilità di riscontro nella realtà locale del candidato che lui aveva scelto, come se fosse stato un suo agente in PubliItalia, l’agenzia che per le reti Mediaset raccoglieva la pubblicità.
Non è più così, Berlusconi, Meloni e Salvini non possono prescindere dal consenso delle componenti locali dei rispettivi partiti e non possono trascurare le difficoltà di espugnare aree occupate da anni dai partiti storici del territorio. Così in Emilia Romagna, in Campania, in Puglia e in Toscana i candidati del Centrodestra non hanno sfondato.
Erano sbagliati? Io credi di sì. Perché se vuoi conquistare una roccaforte, “rossa” da quando c’è la Repubblica, e scalzare amministratori che negli anni hanno governato attraverso gli enti locali e le istituzioni del territorio il tuo candidato deve essere in condizioni di conoscere i punti deboli della politica attuata dalle sinistre presentando una proposta alternativa credibile. E lo devi fare attraverso una personalità capace di rappresentare il nuovo in termini di credibilità.
Non è stato così ed il risultato lo dimostra. Espugnare la fortezza rossa dell’Emilia Romagna affidando il comando dell’armata assediante a Lucia Borgonzoni è stato un errore. Stefano Bonaccini, che avrebbe dovuto scalzare dalla poltrona di Presidente della regione è politico di lungo corso che poteva mobilitare, nel corso della campagna elettorale, le risorse di un partito che da anni detiene il controllo dei gangli del potere, delle attività economiche e degli interessi diffusi sul territorio. Non poteva bastare per conquistare il “Palazzo della Regione” l’aggressiva propaganda del leader della Lega, Matteo Salvini, improntata essenzialmente ai temi nazionali portata avanti con toni che spesso non sono piaciuti all’ala moderata che esige certamente fermezza ma meno urla. Inoltre i temi nazionali hanno sovente prevalso su quelli locali, contribuendo ad oscurare anche l’immagine della Borgonzoni.
Il risultato negativo, la mancata vittoria, che è passata sui giornali come una sconfitta, e non lo era, avrebbe dovuto guidare nella scelta dei candidati in Campania, Puglia e Toscana. Non è stato così. L’esperienza non ha insegnato nulla.
A Napoli, dove l’impresa era pressoché impossibile, considerata l’abilità ben nota di Vincenzo De Luca. Il “Presidente Sceriffo” piace a molti di destra per la sua attenzione ai problemi dell’ordine e della sicurezza urbana, ha una notevole capacità di preannunciare e di fare rapidamente e, soprattutto, una straordinaria abilità nello stare sulla notizia. Lo aiuta anche Crozza, il comico che lo imita con rara efficacia.
Una battaglia assolutamente difficile che sarebbe stato necessario affrontare con una personalità determinata, capace di calcare la scena del dibattito politico alla pari dello sfidato. Non poteva essere Stefano Caldoro, già Presidente della Regione, già perdente senza possibilità di trarre da quella esperienza motivi di successo. Che, infatti, non c’è stato. E il Centrodestra ha pagato una sonora sconfitta che peserà ancora nel territorio finché non emergerà una personalità campana capace di levare alto il vessillo della destra. Salvini ha aggiunto alla scelta sbagliata altri errori che un leader politico non dovrebbe mai fare, come commissariale la Lega napoletana, uno schiaffo agli esponenti locali.
La minestra riscaldata non ha funzionato neppure in Puglia. La regione governata con piglio energico da Michele Emiliano, buon conoscitore di persone e cose, che gestisce il potere da anni anche in dissenso dal partito nazionale e segnatamente da Matteo Renzi, non poteva essere conquistata da Raffale Fitto, uno “che parla come un prefetto”, è stato detto, incapace di scaldare neppure l’assemblea dei suoi compagni di scuola. Che abbia preso molti voti nelle elezioni europee poteva essere un indizio di autorevolezza politica. Ma così non è stato e ben presto si è visto che la prevista vittoria, poi divenuta un timido testa a testa, si è conclusa con una sonora sconfitta.
In Toscana si è visto il film già andato in onda in Emilia Romagna. A Susanna Ceccardi, giovane, graziosa e volonterosa parlamentare europea, già Sindaco di Cascina, non è bastato il bel sorriso e l’entusiasmo per sconfiggere l’apparato di potere, politico ed economico, antico e consolidato, che vanta il Partito Comunista ed i suoi successori. Ha raggiunto un buon risultato ma non è riuscita a superare l’uomo dell’apparato, quell’Eugenio Giani, avvocato, pratica nello studio di Alberto Predieri, una colonna del Foro fiorentino, appassionato di storia medievale, integrato nella realtà culturale toscana.
Che dire? Riusciranno i nostri eroi, Berlusconi, Meloni e Salvini ad imparare dalla lezione che già avevano subito invano? E siccome avranno a breve necessità di pensare anche a Roma, riusciranno a trovare una personalità della politica che comprenda l’anima antica e moderna della Città, le esigenze del centro e delle periferie, o cadranno nella trappola del leader di ForzaItalia ancora convinto che ai romani piaccia chi piace a lui? E riproporrà il solito Guido Berlolaso, esperto di emergenze, o Alfio Marchini, l’erede dei palazzinari rossi che piace alle signore per l’abbronzatura permanente del borghese sportivo e la piega dei capelli. E forse anche per l’eloquio un po’ incerto (che a Roma si dice zagaglia) che fa tanto pariolino?
Giorgia Meloni dice di non essere disponibile a correre per Roma. E c’è da crederle, visto che i suoi voti aumentano in tutta Italia e, se dovesse vincere il Centrodestra alle prossime elezioni, come partito probabilmente maggioritario, potrebbe ambire a Palazzo Chigi. Dimenticando che il Campidoglio vale dieci ministeri per chi sa governare. Purtroppo a Palazzo Chigi e altrove il Centrodestra ha dimostrato finora di poter vincere ma non di saper governare. Ne ho scritto ben 13 anni fa (Un’Occasione Mancata, Pagine Editore) ed è ancora attuale. Una prova? In Umbria, regione “ex rossa” di recente conquistata dal Centrodestra si stanno organizzando le celebrazioni dei 50 anni della Regione. A parlare è stato chiamato il Prof. Sabino Cassese, amministrativista illustre, ex giudice della Corte costituzionale, notoriamente orientato a sinistra. È la mentalità del Centrodestra che, labile sotto il profilo della cultura politica, cerca di “pararsi a sinistra”. Da dove è inevitabile che giunga un siluro.