Alla terza votazione l’avvocato indicato dall’Esecutivo diventa Consigliere di Stato. Si dimette il Presidente della IV commissione che denuncia: forzatura del regolamento
di Salvatore Sfrecola
Alla terza votazione il pupillo di Giuseppe Conte ce l’ha fatta. E così Luca di Raimondo, ottenuto il via libera dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (CPGA), potrà lasciare la toga di avvocato per indossare quella di Consigliere di Stato, quando sarà nominato dal Consiglio dei ministri nella quota riservata al Governo. Potrà giudicare della legittimità degli atti dell’Esecutivo che l’ha nominato a Palazzo Spada che fino a ieri frequentava da avvocato amministrativista. Ma anche formulare pareri, a richiesta della Presidenza del Consiglio. È certo che Montesquieau si rivolti nella tomba dal momento che una norma antica, che riserva al Governo la scelta di una parte dei Consiglieri di Stato, non era stata mai utilizzata per piazzare lì un noto avvocato del foro romano. Finora nelle scelte del Governo prevalevano Grand Commis de l’état, Prefetti, Ambasciatori, Direttori generali tratti dai ministeri, Generali e Ammiragli a tre stelle.
Ma Conte ci teneva alla nomina e così, dopo due votazioni andate a vuoto, ha ottenuto il parere favorevole, a scrutinio segreto, malgrado la prassi preveda per questo tipo di votazioni il voto palese, per una questione di trasparenza. Ed è stato 10 a 4. La richiesta di parere era giunta da Palazzo Chigi il 30 aprile, ma l’organo di autogoverno della magistratura amministrativa in due votazioni non era riuscito ad esprimere la maggioranza necessaria di 8 voti per varare il parere favorevole alla nomina dell’avv. Di Raimondo. I contrari, in particolare, ritenevano inopportuno inserire nel supremo consesso dei giudici amministrativi un avvocato amministrativista nel pieno esercizio della professione forense.
Resta uno strascico di lacerazioni e polemiche, in particolare per le dimissioni di Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente della IV commissione del CPGA, che ha lasciato prima del voto l’“Aula di Pompeo”, dove si riunisce il Consiglio, denunciando una forzatura del regolamento. Ciò in quanto nella riunione plenaria del 17 settembre 2020 il Consiglio di Presidenza aveva rimesso gli atti alla Commissione che avrebbe dovuto approfondire e riferire al plenum. Cosa che non è stata possibile in quanto il Presidente del Consiglio di Stato (e del CPGA) Filippo Patroni Griffi ha posto l’argomento all’ordine del giorno del 9 ottobre, evidentemente ritenendo che non fosse applicabile l’art 11 del regolamento il quale prevede un termine di 3 giorni prima della seduta del CPGA (tesi contestata da Castriota Scanderbeg) per consentire ai consiglieri di valutare le proposte della Commissione consiliare. Questa si era riunita il giorno precedente ma il verbale non era ancora disponibile con la conseguenza che si è deciso senza conoscere l’esito dell’approfondimento che era stato richiesto. Di qui la necessità di un rinvio della decisione, sostenuta da Castriota Scanderbeg che, posta ai voti, è stata respinta. Con conseguenti dimissioni del Presidente che ha denunciato la delegittimazione della Commissione e la violazione del regolamento.
Da notare che il Consiglio di Presidenza nella seduta del 9, nella quale ha dato parere favorevole a Luca Di Raimondo, ha anche preso atto della revoca della disponibilità alla nomina di Antonella Trentini, avvocato del Comune di Bologna, a seguito delle polemiche seguite alla notizia di una sua bocciatura in un concorso per referendario dei Tribunali Amministrativi Regionali, cosa che da sola dà la misura di quale senso delle istituzioni si respiri a Piazza Colonna, ai tempi del Governo Conte.
(da La Verità del 13 ottobre 2020)