del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci
Giustizia civile
Le Sezioni unite hanno precisato che i contributi di esercizio a favore delle imprese di trasporti locali in concessione, previsti dalla legge della Regione Calabria 24 marzo 1982, n. 7, sono qualificabili come corrispettivi, costituendo prestazioni incombenti all’Amministrazione nei confronti dei concessionari di pubblici servizi di trasporto, che trovano la loro causa nel rapporto intercorrente tra l’Amministrazione concedente ed il concessionario, e sono destinati ad indennizzare quest’ultimo di particolari costi sostenuti per la gestione. Le controversie riguardanti la loro erogazione sono pertanto sottratte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni di pubblici servizi: infatti, una volta che siano stati fissati i criteri di determinazione della misura dei contributi spettanti, in sede di concreta erogazione non residua alcuno spazio per una valutazione discrezionale, con la conseguenza che le relative controversie spettano alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. civ., sez. un., sentenza n. 15216 del 04/07/2006); in tema di sovvenzioni a concessionari di pubblico servizio di trasporto, qualora non sia in discussione la spettanza dei contributi richiesti da ditta esercente attività di trasporto locale, ma solo i criteri tecnici per la loro determinazione, è certamente di diritto soggettivo la pretesa fatta valere in giudizio dalla parte che assume di essere creditrice, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. un. civ., ordinanza 8 luglio 2020, n. 14235).
Una vittoria di Pirro
Con l’onestà e la lucidità che lo contraddistinguono, Salvatore Sfrecola (“Meno parlamentari, una riforma monca senza il diritto di scelta dell’elettore”, in questa Riv., 22 settembre 2020), scrive: “Ho votato NO, come è noto ai lettori di questo giornale ed a quanti hanno seguito su Facebook i miei post. Ha vinto il SI, come era largamente prevedibile, in ragione del fatto che il messaggio, secondo il quale la riduzione dei parlamentari avrebbe assicurato un risparmio, è parso subito ai più condivisibile. Sorretto da potenti mezzi pubblicitari, a cominciare dalla presenza televisiva continua degli esponenti del Sì come Di Maio, l’idea che meno deputati e meno senatori alleggeriscano i bilanci delle Camere è sembrata l’occasione giusta per dare una lezione alla casta, la classe politica dipinta da una diffusa vulgata come un’accolita di persone dedite ad arricchirsi, nullafacenti e incompetenti, come si legge sui social. Trascurando che, se non cambiano le regole che guidano la scelta dei candidati, ed in assenza della possibilità per gli elettori di individuare chi ritengono meritevole di rappresentarli, se i partiti continuano a scegliere fannulloni e incompetenti il risultato del referendum popolare avrà semplicemente ridotto fannulloni incompetenti, senza migliorare l’efficienza delle Camere, ciò che, in fin dei conti, vogliono gli italiani.
E così, a fronte di una adesione parlamentare alla riforma quasi plebiscitaria, condivisa da alcuni partiti, perché chiaramente timorosi di non apparire quelli che non vogliono risparmiare e difendono le poltrone, il 30% dei NO è un risultato notevole…
Ed è per questo che ho costantemente fatto riferimento all’esigenza di procedere, prima del taglio dei parlamentari, o anche contestualmente al taglio dei parlamentari, ad una riforma della legge elettorale che a mio avviso dovrebbe essere maggioritaria basata su collegi uninominali… Quindi la vittoria del SI è una vittoria di Pirro se non accompagnata da una riforma elettorale che restituisca il diritto di scelta ai cittadini, che ridimensioni il potere delle Segreterie dei partiti”.
Garibaldi dimenticato
Come è a tutti noto, il monumento a Giuseppe Garibaldi, che troneggia sulla piazza del Gianicolo, da circa due anni è stato danneggiato da un fulmine. Da allora nessun intervento è stato effettuato dall’amministrazione comunale e il consueto squallore, che imperversa nella nostra Capitale, non ha risparmiato neppure il valoroso eroe del Risorgimento.
La riprovevole situazione si commenta eloquentemente da sola.
E la chiamano scuola
“Se si vuole mandare a scuola i figli bisogna munirli dell’equipaggiamento anti Covid. Nella cartella, oltre a libri, quaderni, penne, gomma e temperino, ci vogliono pure i dispositivi medici e il gel per disinfettare le mani. E fin qui, pazienza…
Quello che però diventa un po’ più complicato, è portarsi il banco da casa, come suggerito nella scuola romana diventata famosa perché un dirigente scolastico aveva invitato le ragazze a non indossare minigonne inguinali, altrimenti al prof. rischiava di cascare l’occhio” (Maurizio Belpietro, “Ridicolo: il banco va portato da casa”, La Verità, 30 settembre 2020).
Come prima, peggio di prima
“Passata la festa elettorale, lo scenario italiano resta lì, con le sue grandi rimozioni. Il lavoro che non c’è e che è sparito dall’agenda del piano Recovery Fund… La povertà educativa, che per l’Italia è la madre di tutte le disuguaglianze presenti e future, altro che i banchi a rotelle di cui si è ossessivamente discusso per tutte l’estate. Il cambiamento climatico e le sue conseguenze sull’Italia… Il ruolo dello Stato che è ritornato centrale e il rapporto con l’imprenditoria privata, nella costruzione di un comune servizio pubblico che passa per il rispetto delle regole del gioco e della concorrenza. Le istituzioni repubblicane, ora modificate con il taglio del numero dei parlamentari: una ferita che va subito ricucita con una nuova legge elettorale e con poteri differenti per Camera e Senato, se non si vuole che diventi emorragia. E il territorio italiano che non si può soltanto raccontare e racchiudere nella divisione storica Nord – Sud (Marco Damilano, “L’ultima occasione”, L’Espresso, n. 40/2020, 10 ss.).
Molto da chiarire sulle finanze vaticane
“A vedere quanto sta maturando nelle pieghe dell’inchiesta per l’acquisizione da parte della Segreteria di Stato della Città del Vaticano del palazzo di Sloane Avenue a Londra, comprato nel 2014, che ha generato via via un’enorme voragine nei conti, la puzza della corruzione nelle stanze vaticane si sente forte in questi giorni. L’utilizzo che è stato fatto dell’Obolo di San Pietro, un collettore di offerte e donazioni per le azioni sociali della Chiesa nei confronti dei poveri, è forse il simbolo di quanto il mandato apostolico sia stato tradito per una speculazione immobiliare e finanziaria; una speculazione che non rappresenta un caso episodico ma un vero e proprio metodo che ha contraddistinto la Segreteria di Stato sotto la direzione del cardinale Angelo Becciu. Un modus operandi che non è mai piaciuto a papa Francesco il quale – mentre speculatori, broker e promotori finanziari giocavano con la cassa della Segreteria di Stato e dell’Obolo di San Pietro – tesseva infatti una rete di nuove norme e di sorveglianza per le finanze vaticane…
Da quel momento i promotori di giustizia, l’intelligence e le strutture anticorruzione lavorano per completare il quadro affinché la puzza della corruzione esca dalle stanze del Vaticano. Una volta per tutte” (Massimiliano Coccia, “La spada di Francesco sui corrotti”, L’Espresso, n. 40/2020, 28 ss.).