di Salvatore Sfrecola
Nulla può giustificare la violenza per motivi ideologici, mai che mai l’uccisione del “colpevole” dell’insulto, dell’offesa ai propri sentimenti, anche se religiosi. È questo che distingue l’Occidente cristiano che ha inglobato i valori della civiltà greco-romana dall’intolleranza, religiosa e civile, che da sempre caratterizza l’Islam, dove coloro che professano un diverso credo religioso, nella migliore delle ipotesi, sono emarginati.
Torniamo a dirlo dopo l’ennesimo, brutale omicidio commesso in Francia da un giovane, di origine cecena, con precedenti per reati comuni, eppure sconosciuto ai servizi di informazione francesi come possibile musulmano a rischio radicalizzazione, che ha ucciso e decapitato un docente di storia e geografia che aveva parlato in classe ai suoi studenti della libertà di espressione in relazione alle vignette su Maometto, quelle, famose, della rivista satirica Charlie Hebdo.
Il giornale era stato preso di mira negli anni scorsi per la pubblicazione delle vignette su Maometto. Aveva subito un attentato nel 2015 e, ancora tre settimane fa, un uomo aveva aggredito e ferito due persone al di fuori degli ex uffici della rivista.
Sul luogo dell’aggressione il Presidente francese Emmanuel Macron ha voluto rivendicare il diritto alla manifestazione del pensiero. “Voglio dire a tutti gli insegnanti di Francia, che siamo con loro, la nazione tutta intera sarà al loro fianco oggi e domani per proteggerli, per permettere loro di fare il loro mestiere che è il più bello che esista”, ha detto. Ed ha aggiunto: “Il terrorista ha voluto abbattere la Repubblica nei suoi valori, i Lumi, la possibilità di fare dei nostri figli dei cittadini liberi”. “Faremo quadrato, non passeranno, l’oscurantismo e la violenza non trionferanno, non ci divideranno”, ha assicurato il Presidente lanciando un fortissimo appello all’unità della nazione e promettendo “atti di fermezza” contro il terrorismo.
Fin qui la cronaca, la difesa strenua della libertà di espressione del pensiero, valore fondamentale della nostra civiltà, racchiuso nell’art. 21 della Costituzione. Ma la libertà, nella specie di satira, ha un limite? Credo proprio di sì. Perché la critica e la satira, intesa come quel genere di composizione poetica a carattere moralistico o comico, che mette in risalto, con espressioni che vanno dall’ironia pacata e discorsiva fino allo scherno e all’invettiva sferzante, costumi o atteggiamenti comuni alla generalità degli uomini, o tipici di una categoria o anche di un solo individuo, è espressione certamente di libertà. La letteratura ne conosce espressioni elevatissime, come le satire di Orazio e quelle del Parini. Testi o immagini, come più consueto nella la satira di oggi, acerba, amara, mordace (dal sarcasmo alla caricatura) verso aspetti o personaggi tipici della vita contemporanea. Importante, espressione della democrazia, la satira politica anche in Italia ha dato vita a pubblicazioni notissime, ricche di illustrazioni. Da Becco Giallo a Bertoldo, dal Guerrin Meschino al Male, da Pasquino al Travaso al Vernacoliere, per non citare che i primi che vengono a mente.
Li abbiamo letti tutti con simpatia, sorridendo. Anche Giovannino Guareschi con Il Candido ha dato uno straordinario esempio di satira politica. Nascono e muoiono, a volte nello spazio di pochi anni, perché cambia il gusto dei lettori ed anche l’oggetto della satira.
Detto questo e rivendicato il diritto naturale dell’uomo di esprimere le proprie idee anche con la satira credo che a questa si debba riconoscere un limite, quello di non offendere i sentimenti religiosi, quelli per i quali l’uomo, da millenni, guarda alla divinità come origine e ragione della vita personale e comunitaria. Qualunque sia il dio professato, si chiami Jhavè, Allah o Buddha, anche lontano dal nostro credo, quel Dio merita rispetto in sé e in quanto adorato da uomini e donne ovunque nel mondo. “Scherza coi fanti ma lascia stare i santi”, è un detto popolare tratto da una battuta di Tosca. Ma probabilmente è precedente, perché istintivamente la gente ritiene che le questioni delle religioni debbano rimanere fuori da ogni considerazione che non sia di rispetto per le divinità e per i fedeli.
Non si scherza, dunque, su Maometto, su Gesù e Buddha. Ma se qualcuno viene meno a questa regola va censurato civilmente. Non ucciso.