“Che tristezza diventare straniero a Londra”, “titola Enrico Franceschini su “Il Venerdì”. Credo sia stato un errore, ma dell’Europa, che non ha saputo, venendo meno alla sua vocazione originaria, rispettare le tipicità degli stati e la loro storia, che non significa rivendicare e “invocare la sovranità nazionale nel 2021” se non perché a Bruxelles si occupano poco di politica estera e militare e molto delle caratteristiche della mozzarella di bufala e del parmigiano o della pesca, per limitarla in quei paesi per i quali è una risorsa fondamentale.
L’Europa è assente nelle crisi internazionali, trascura la frontiera Sud, quella mediterranea, nonostante sia importante per l’Italia, la Grecia, la Francia e la Spagna e sia il luogo nel quale si misura il rapporto, difficile da secoli, col mondo islamico e, in fin dei conti, la possibilità dell’Europa di favorire la pace e la prosperità dell’intera area.
Anche a me dispiace molto che il Regno Unito sia uscito dall’Unione europea, ma è sbagliato ritenere che l’errore sia solo di Londra.
Alla vigilia delle elezioni per il Campidoglio non si sente fare nomi di candidati a Sindaco che siano di un qualche prestigio. È la capitale d’Italia, una città la cui storia si identifica con la civiltà occidentale e cristiana. Eppure si sentono fare nomi improponibili, il solito Guido Bertolaso, perché con esperienza di protezione civile sarebbe idoneo, secondo alcuni, a tappare le buche delle strade e a far funzionare i trasporti, e il presidente della Croce Rossa Italiana. Mi sembra si chiami Francesco Rocca. Siamo a Scherzi a parte. Roma ha bisogno di chi curi la manutenzione delle strade e assicuri trasporti adeguati ad una grande città, ma questo non è compito del Sindaco. Vi devono provvedere i tecnici sotto la supervisione di un buon assessore.
Il Sindaco di Roma deve incarnare il ruolo storico della città, che richiamava Camillo Benso di Cavour, parlando alla Camera il 25 marzo 1861, dicendo che è l’unica città italiana a non avere memorie esclusivamente municipali, l’unica che tutti gli italiani avrebbero potuto riconoscere come superiore, idonea a rappresentare l’Italia intera in Europa e nel Mondo e, soprattutto nel bacino del Mediterraneo.
Filippo Ceccarelli su “Il Venerdì” immagina si possa fare un concorso di abilitazione a Sindaco di Roma e indica le materie di esame: “storia, geografia, geologia, arte, architettura, urbanistica, viabilità, monnezza, psicopatologia del genius loci, a cominciare dagli impiegati capitolini”. Riferimento, quest’ultimo, fondamentale perché, in realtà, se non si trovano i candidati la ragione è in gran parte da ricercare nella ingovernabilità della macchina amministrativa. Non che non si possa cambiare il passo, ma è un’impresa ardua che espone il Sindaco al fallimento e ad inchieste giudiziarie al primo tentativo di farla funzionare. Basta una denuncia del sindacato tale o dell’associazione talaltra, dell’impresa risultata soccombente in una gara d’appalto e la magistratura si mette in moto per accertare come stanno i fatti. È giusto che sia così ma con un amministrazione efficiente il timore di sbagliare sarebbe ridotto al minimo e il Sindaco potrebbe pensare alla grande.
Per ora è un sogno per la mia Città.
Di Clemente Mastella si dice bene o male in questi giorni nei quali il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è alla ricerca di voti soprattutto in Senato. E il sindaco di Benevento, la cui moglie, Sandra Lonardo, siede a Palazzo Madama, è considerato un po’ il regista della possibile aggregazione di senatori per sostituire i voti mancanti al governo dopo la defezione di Matteo Renzi e di Italia Viva. Lui smentisce e non c’è motivo di dubitarne. È un politico concreto e di grande esperienza, che guarda al sodo.
Lo ricordo quando nel 1998 lo incontrai nel suo studio di largo Arenula per parlargli della nomina del nuovo Presidente della Corte dei conti. Ero il Presidente dell’Associazione Magistrati che voleva fosse scelto tra gli interni, i magistrati di dodici carriera dopo il pensionamento di Giuseppe Carbone atterrato a viale Mazzini dodici anni prima, proveniente dal Quirinale dove aveva svolto funzioni di Consigliere giuridico di Sandro Pertini. Arrivato sul Colle Francesco Cossiga lo aveva congedato e, invece di restituirlo al Consiglio di Stato nei cui ruoli era transitato dalla Camera dei deputati, lo aveva fatto nominare Presidente della Corte dei conti per la sua pregressa esperienza alla Commissione bilancio di Montecitorio.
Ero nello studio di Mastella insieme ad un collega ex parlamentare il quale mi disse “parlo io che ho esperienza politica e so come trattare il tema”. E si mise a fare un ampio discorso sul ruolo della Corte dei conti e sulla sua importanza nell’ordinamento costituzionale e amministrativo. Mastella, uomo pratico, politico accorto che andava al sodo, dopo un po’ si rivolse direttamente a me: “Presidente mi faccia il nome”. Voleva sapere chi fosse il nostro candidato. Gli dissi il più anziano del ruolo, naturalmente. E fu Francesco Sernia.
I transfughi, i voltagabbana, i responsabili o i costruttori, come da ultimo nobilitati dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, sono pronti a votare in Senato, dove mancheranno i consensi di Italia Viva, il Governo di Giuseppe Conte quando martedì il Presidente del Consiglio si presenterà per le sue comunicazioni nell’aula di Palazzo Madama. Non è ancora certo che saranno in numero sufficiente. La critica della loro scelta non è un giudizio moralistico ma politico.
Coloro che vengono arruolati nell’ultima ora per mantenere in vita il Governo e, probabilmente, anche la legislatura non rispondono ad un elettorato del quale potrebbero anche nell’emergenza interpretare le volontà. Nominati, non eletti, come tutti, da chi li ha messi in lista per le votazioni del 4 marzo 2018, si sentono liberi ed anzi nel consentire la navigazione a Giuseppe Conte pensano, mi auguro sinceramente, di fare il bene del Paese. Dicono che non si provoca una crisi di Governo in piena pandemia ed in presenza di una grave crisi economica. Ma se la critica che, una volta tanto, accomuna Matteo Renzi ed i partiti del Centrodestra, attiene proprio alla gestione della risposta alla diffusione del virus e alla utilizzazione delle risorse provenienti dall’Europa come è possibile attendere “dopo”? Sarebbe troppo tardi.
Anche l’ipotesi di un voto anticipato in caso di scioglimento delle Camere, ove al Governo mancasse la fiducia, che secondo alcuni sarebbe una iattura emblematicamente raffigurata con la gente in fila distanziata, con la mascherina, dinanzi al seggio elettorale è una ragione che non regge. Infatti, fin dalle prossime settimane si voterà in giro per il Continente, a partire dall’Olanda il cui governo si è dimesso per uno scandalo connesso alla gestione del sistema fiscale.