giovedì, Novembre 28, 2024
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E poi spunta Mario Draghi, l’incubo di Conte

di Salvatore Sfrecola

Qualunque cosa si possa dire di Matteo Renzi per aver provocato la crisi di Governo e, in questi giorni, nella fase dell’esplorazione affidata al Presidente della Camera, Roberto Fico, non c’è dubbio che il richiamo all’esigenza di definire il programma sia prioritario rispetto alla individuazione di coloro i quali lo dovranno realizzare. Il dibattito degli ultimi mesi, in particolare, dopo le dimissioni dei due ministri di Italia Viva ha messo in risalto una notevole fragilità del Governo Conte 2 quanto all’azione programmatica nella lotta alla pandemia e alla crisi economica che ne è stata la conseguenza. È stato rilevato, infatti, in più occasioni come il Governo abbia proceduto a tentoni, con evidente discontinuità che è pesata molto sulle attività economiche anche per l’incertezza di misure, alcune delle quali non sono state neanche sufficientemente spiegate e quindi comprese dall’opinione pubblica, ciò che ha avuto l’effetto di favorire la protesta e la violazione delle regole.

Ad esempio non si comprende perché la ristorazione in presenza possa essere consentita all’ora di pranzo e non, con le medesime precauzioni e cautele, a cena. Forse c’è un motivo ma nessuno lo ha compreso perché l’idea che a cena ci sia una presenza maggiore di giovani che possono determinare assembramenti pericolosi è tutta ipotetica, anche perché i giovani non sono grandi frequentatori dei ristoranti, più delle pizzerie e, ancor più, dei locali che servono aperitivi “rinforzati”, sostitutivi delle cene. In ogni caso sembra che certe misure siano state decise perché non si ha fiducia dei controlli affidati alle Forze dell’Ordine, comprese le Polizie Municipali.

Ad esempio è parso a molti incomprensibile, nelle fasi di chiusura totale, il divieto di recarsi nelle seconde case, ciò che avrebbe consentito un distanziamento dei componenti delle famiglie, mentre si è imposta una concentrazione nelle abitazioni di persone che, nel corso della giornata, in condizioni normali sono spesso fuori per lavoro e studio. Una concentrazione che ha prodotto anche situazioni di pesanti contrasti con risvolti psicologici non indifferenti.

C’è poi da dire dello stillicidio quotidiano delle inefficienze denunciate dai giornali, autentici sprechi come quelli dell’acquisto delle mascherine o dei banchi con le rotelle o di quelli che presuppongono che lo studente usi la destra con l’effetto di penalizzare i mancini. Tutto materiale che, si sente dire, in molti casi è stato destinato ai depositi dai quali sono stati riportati in servizio i vecchi banchi.

E il sospetto di una gestione così raffazzonata trova conferma nel fatto che il governo ha introdotto in un decreto legge il n. 76 del 16 luglio 2020 una norma gravissima che ha escluso la responsabilità per colpa grave in caso di danno erariale, cioè di un pregiudizio finanziario o patrimoniale arrecato allo Stato con grave trascuratezza delle regole di buon senso. Come questa norma si possa conciliare con la presunta esigenza di uno snellimento delle procedure qualcuno lo deve ancora spiegare ed è grave che questa norma sia stata emanata dal Capo dello Stato su richiesta del Governo. È vero che i Capi dello Stato hanno nel tempo emanato decreti legge riservando scarsa attenzione alle norme ivi contenute fidando nel controllo del Parlamento chiamato a convertire in legge nel termine di 60 giorni il decreto, ma q         uesta norma che esclude il risarcimento in caso di danno erariale è di una gravità estrema.

C’è poi tutto il sistema dei provvedimenti adottati con atto amministrativo, i famosi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, i dPCM di cui il Presidente Conti si riempie la bocca ad ogni conferenza stampa, criticati da tutti i giuristi, di destra e di sinistra, proprio per il carattere limitativo di diritti di libertà dei cittadini in carenza di una apposita norma di legge.

In questo contesto e nella prospettiva di una azione di governo che contribuisca a frenare la grave crisi economica ed a mettere il Paese nelle condizioni di rialzare la testa sembra giusto che si chieda la definizione di un programma di governo e che questo debba essere scritto magari, anche in forma di verbale, preciso e dettagliato, delle scelte politiche che s’intendono perseguire fino alla fine della legislatura.

È normale, infatti, che una maggioranza di governo si costituisca intorno ad un programma e che da questa scelta discenda la individuazione delle persone destinate a realizzarlo. Perché l’esperienza politica ci dice che non tutte le personalità che i partiti hanno a disposizione sono idonee a qualunque tipo di azione politica e amministrativa.

Probabilmente insistere su un programma e sulla sua definizione significa anche che il leader di Italia Viva immagina nuovi ministri, diversi dagli attuali, anche con una maggiore esperienza che dia garanzia. E torna il nome di Mario Draghi, già Direttore Generale del Tesoro, Governatore della Banca d’Italia e Presidente della Banca centrale europea (BCE), come Ministro dell’economia. Ma potrebbe anche assumere l’incarico di Presidente del Consiglio, considerato che in un momento di particolare difficoltà per il Paese l’azione governativa deve essere protesa ad investire tutti gli aspetti del contesto economico e sociale dell’Italia intera e delle singole aree regionali. E non c’è dubbio che la “cabina di regia” debba essere in capo al Presidente del Consiglio dei ministri che, infatti, secondo l’art. 95 della Costituzione “dirige la politica generale del Governo… Mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”. Un ruolo che nell’immediato dopoguerra fu svolto da Luigi Einaudi, anche lui ex Governatore della Banca d’Italia, per il quale fu creato il Ministero del bilancio che, senza impegni diretti di gestione gli consentì di risanare i conti controllando la spesa e dando avvio al miracolo economico.

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