di Salvatore Sfrecola
Non c’è dubbio che la candidatura di Vittorio Sgarbi a Sindaco di Roma, comunque la si voglia interpretare, ha il senso di un richiamo, da questo giornale ripetutamente portato all’attenzione dei lettori, all’esigenza che si pensi alla grande per il ruolo di primo cittadino della Capitale. Perché Roma, ancorché mortificata da anni di prevalenza di politici modesti, quando non incapaci e corrotti, in proprio o nei loro più vicini collaboratori, è alla ricerca di un riscatto che le è dovuto per la sua storia. Capitale d’Italia, Roma è anche la città più importante del mondo, il simbolo della civiltà occidentale e cristiana.
Roma è anche l’immagine dell’Europa a fronte delle culture delle popolazioni rivierasche in un mare che, seppure non più nostrum, perché la Repubblica italiana non è quel “grande Stato” che Camillo di Cavour immaginava fosse il futuro della comunità riunificata dopo secoli nel corso del Risorgimento, potrebbe ancora tornare a dire della sua storia per impostare il suo futuro.
Roma, infatti, come ho scritto più volte, non può e non deve essere messa in mano ad un manager, sia pure bravo e con esperienza. Perché se è vero, e Sgarbi nella sua prima uscita da candidato Sindaco lo ha detto espressamente, che i romani sentono fortemente l’esigenza della manutenzione ordinaria della citta, della raccolta dei rifiuti, del rifacimento del manto stradale, del miglioramento del decoro ambientale delle periferie e del potenziamento della sicurezza, c’è comunque l’esigenza “di restituire a Roma la dignità di capitale, rimettendo al centro dei programmi culturali l’immenso patrimonio artistico e archeologico della città”. Roma, ha aggiunto, “è una città abbandonata, con monumenti chiusi ed immondizia in strada”. Ed a chi gli ha chiesto se sarebbe disponibile a fare l’assessore alla cultura in una eventuale giunta di Centrodestra ha risposto: “io mi candido, mi presento perché sono Sgarbi. Quindi, o il centrodestra converge su di me o faccio una lista che poi al ballottaggio andrà con il Centrodestra. Un accordo da sindaco a assessore alla cultura potrebbe essere logico”.
Intanto nel logo che accompagna la sua candidatura campeggia “Rinascimento”, che richiama il bel libro scritto a quattro mani con Giulio Tremonti, una riflessione sull’oggi partendo da quello straordinario periodo storico che aveva visto emergere il genio italiano in tutti i settori, dalla letteratura all’arte. L’avevamo presentato a Roma, a Palazzo Ferrajoli, ad iniziativa di Andar per Arte, con la Professoressa Dora Liguori, Segretario generale dell’UNAMS, l’Associazione sindacale del personale delle Accademie e dei Conservatori. Oggi, accanto a lui, c’è Geo (Ambientalisti animalisti europei), Italia Libera, con l’avvocato Carlo Taormina e l’economista Nino Galloni, M.C.I. (Movimenti Cittadini Italiani), con Silvana Bruno, e Sviluppo Italia, con Carmelo Leo. Insomma, una compagnia un po’ variegata e rumorosa che non è chiaro quanto e come potrà agevolare l’iniziativa di Sgarbi.
Ma non è questo che interessa al momento. Mi piace ritenere che l’iniziativa di una personalità della cultura, un uomo certo eccentrico ma indubbiamente geniale, saggista raffinato e politico un po’ avventuroso, più volte membro del Parlamento, con esperienze in diverse amministrazioni comunali (è stato Sindaco di San Severino Marche e di Salemi), presentandosi candidato Sindaco possa stimolare un dibattito e favorire una riflessione risvegliando i partiti da quello stato di catalessi nei quali sono caduti. Anche loro nel “timore della firma”, comprensibile se si tiene conto delle difficoltà dell’amministrazione capitolina? Chi ha paura esca dalla politica. Roma è una sfida nazionale ed europea. Roma vale molto più della Presidenza del Consiglio o di un ministero “di peso”. Evitare l’impegno, nella aspettativa di un posto di governo, futuro e incerto, è prova di inadeguatezza della politica e dei politici che la esprimono.