di Salvatore Sfrecola
“Il Re è morto, viva il Re!”. Con queste parole l’Avv. Alessandro Sacchi, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana, ha annunciato, commosso, l’avvenuto decesso, questa mattina, nella sua abitazione di Castiglion Fibocchi, del Principe Amedeo di Savoia Duca d’Aosta.
Discendente dell’omonimo figlio di Vittorio Emanuele II, fratello del Re Umberto I, Amedeo portava tutta la fantasia, l’ingegno, la capacità propositiva di questo ramo della famiglia Savoia che ha avuto la possibilità di dispiegare una serie di attività di studio e di esplorazione originali in terre lontane, pur assumendo incarichi di alta responsabilità nell’organizzazione dello Stato, ai vertici delle Forze Armate, della Marina Militare in particolare.
Amedeo è stato il rappresentante del Re Umberto II fino alla morte del Sovrano nel 1983. Ed ha continuato ad essere il punto di riferimento di gran parte degli italiani di sentimenti monarchici e dei molti delusi della repubblica dei partiti, nella quale le funzioni del Parlamento sono sempre più limitate. Italiani che vorrebbero che il Capo dello Stato fosse sottratto alla naturale influenza dei partiti che lo hanno eletto e che si attendono da lui che, pur nel diverso ruolo, continui a dimostrare di essere “dei loro”. Che a volte rende difficile l’esercizio della funzione di “garante della Costituzione” di “arbitro imparziale”, che si legge sui libri di diritto costituzionale. Per cui “un re moderno significa garanzia del rispetto di tutte le libertà, senza il pericolo che il garante venga strumentalizzato dai suoi grandi elettori, cioè dai partiti”.
Si sentiva custode e interprete super partes della nostra identità nazionale, ruolo storico della Casata Savoia, e guardava ad una “rinnovata monarchia costituzionale”, come aveva scritto il Re Umberto II nel proclama agli italiani il giorno del suo insediamento, in vista di uno Stato nel quale “gli atti fondamentali della vita nazionale saranno subordinati alla volontà del Parlamento dal quale verranno anche le iniziative e le decisioni per attuare quei propositi di giustizia sociale che, nella ricostruzione della Patria unanimi perseguiamo”.
E del Re ingiustamente esiliato, una pena iniqua, che sottolinea la consapevolezza della fragilità del consenso referendario alla repubblica nel 1946, una pena che non è venuta meno neppure con la morte, Amedeo di Savoia Aosta è stato ambasciatore nelle occasioni liete e tristi della vita del nostro Paese, delle famiglie reali e delle autorità dello Stato. Ha incontrato Papi e capi di stato. Anche Pertini e Cossiga, Presidenti di una Repubblica alla quale pure aveva giurato fedeltà, come il Re lo aveva autorizzato per rivestire l’uniforme di ufficiale della Marina militare, come suo padre, come suo zio, come avrebbe fatto suo figlio Aimone. Lo aveva chiesto e Re Umberto gli aveva detto: “l’Italia innanzitutto, la forma istituzionale non importa. L’Italia esiste, quindi giura”.
Una vita al servizio del Re, quella del Principe Amedeo, per l’onore della Casata, la più antica d’Europa, educato come si deve in quell’ambiente fin dalla nascita ad essere un rappresentante della Casata, il Collegio Morosini, l’Accademia, instradato da insegnanti militari e giuristi “la stessa educazione che mi avrebbero dato anche se fossi stato, diciamo così…. un principe in attività di servizio”, ha detto conversando con Gigi Speroni (“In nome del Re”, Rusconi, 1986) consapevole de “la responsabilità di continuare una dinastia che ha alle spalle dieci secoli di storia”. Con la conoscenza delle lingue, gli studi universitari e giuridici sull’ordinamento dello Stato e le relazioni internazionali, coltivate anche viaggiando per conoscere le realtà politiche istituzionali nel mondo. Perché chi è educato in una casa reale nella prospettiva di ricoprire il ruolo di sovrano deve avere una autonomia psicologica, culturale ed una capacità di comprendere senza il condizionamento dei partiti ma nel rispetto della legge fondamentale dello Stato.
Lo ha instradato la mamma, Irene di Grecia, che gli farà anche da padre, che aveva perduto da bambino. Aimone di Savoia, marinaio coraggioso nella prima guerra mondiale, Ammiraglio, designato Re di Croazia a richiesta delle autorità locali, aveva accettato per obbedienza al Re Vittorio Emanuele III. Ma non raggiunse mai quella terra dove sapeva che il popolo non desiderava un re straniero.
Nelle condizioni difficili di quell’anno 1943, in una condizione di grande turbamento degli italiani, coinvolti in una guerra dagli esiti tragici, che non aveva soltanto causato vittime militari ma anche civili nelle città bombardate, il Principe nasce il 27 settembre, a Firenze, dove la famiglia Aosta si trovava per essere più vicina all’Ammiraglio Aimone di stanza a La Spezia. In territorio nemico, formalmente della Repubblica Sociale Italiana, nata in odio ai Savoia, ma, in realtà, sotto la giurisdizione del comando militare tedesco questo provvede, su ordine specifico di Heinrich Himmler, Ministro del Reich per gli interni, a deportare gli Aosta ad Hirschegg, vicino a Graz. Saranno liberati soltanto con l’intervento degli alleati, dei francesi in particolare.
Studia e cresce nel suo ruolo, si fa discreto portatore di un progetto di nuova monarchia, che mette a punto con la collaborazione di studiosi di valore vicini all’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.), guardando ad esperienze concrete circondate da generale apprezzamento, a cominciare dal Regno Unito, patria indiscussa della democrazia rappresentativa, dove monarchia “vuol dire continuità… ma anche adeguamento continuo ai tempi che corrono”. A Londra, potremmo dire sulle orme del Barone di Montesquieu che, osservando i rapporti fra sovrano, governo e Parlamento, aveva delineato la teoria della “separazione dei poteri”, alla base delle costituzioni moderne, come lo Statuto Albertino, la carta fondamentale del Regno d’Italia, “sobrio e chiaro”, come riconosceva il repubblicano Piero Calamandrei in Assemblea costituente. E guarda anche alla costituzione spagnola che assicura il passaggio alla democrazia dopo la lunga parentesi del Franchismo.
Rappresenta il Re d’Italia che gli dice “incomincia a farti vedere”. Compare nelle manifestazioni dei fedeli a Casa Savoia e alla monarchia,-coloro che ne ricordano il passato ed i giovani che guardano al futuro e all’esempio delle monarchie europee, ordinamenti democratici che hanno anche assicurato una vita pubblica ispirata agli interessi delle popolazioni, nel rispetto della legalità.
Porta sempre un saluto in nome del Re e della Casata. Mai polemizza con la Repubblica, alla quale potrebbe pure rimproverare parecchie cose, a cominciare dal fatto che è stato impedito al Re d’Italia di morire nel suo Paese e di esservi sepolto, una ingiustizia grave per l’impegno millenario della Casata, da quando il Ducato di Savoia deve difendersi dagli appetiti francesi ed austriaci e il piccolo Regno di Sardegna, interpretando il desiderio di unità degli italiani, mette a disposizione del progetto nazionale le sue risorse economiche, i suoi uomini migliori scendendo in campo contro un impero che era anche la più grande potenza militare dell’epoca.
Come il Principe Amedeo è stato educato così ha educato il figlio Aimone, “come si conviene a un principe di casa reale, di una monarchia come la intendo io” – ha scritto nel libro intervista con Gigi Speroni – “inserita nel mondo che lavora e produce, al passo coi tempi. L’ho allevato nel rispetto delle leggi della Repubblica, ma preparato ad assumere qualsiasi responsabilità. Come hanno fatto con me, d’altronde”.
Il giovane Principe ha seguito le indicazioni paterne, non solo come ufficiale della Marina militare, fra l’altro a bordo di una unità impegnata nella guerra del Golfo, ma negli studi universitari presso l’università Bocconi, approfonditi con plurime esperienze presso istituzioni finanziarie internazionali e l’assunzione di responsabilità via via crescenti nel Gruppo Pirelli in Russia. Uno sviluppo professionale che attesta di un apprezzamento che comprende anche la capacità di svolgere relazioni di più ampia portata, fino alla nomina di Ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M.) presso la Federazione russa, un compito diplomatico importante di rappresentanza di una antica, prestigiosa istituzione cattolica in un ambiente cristiano ortodosso.
Subentra al Padre nel ruolo di Capo della Famiglia.