di Salvatore Sfrecola
Ricordo un dibattito organizzato anni addietro dal Circolo Lion di Foligno. Si parlava del controllo di legalità. E il Sindaco, del quale non rammento il nome, disse “sono eletto dal popolo ed al popolo rendo conto delle mie azioni”. Verissimo. Ma gli spiegai che avrebbe dovuto rendere conto delle sue scelte in sede elettorale, ad esempio se avesse deciso di realizzare un parco giochi per bambini o un campo di calcio o di bocce per adulti. Ma se nella realizzazione di quell’opera avesse speso più del giusto avrebbe dovuto rispondere ai giudici, in particolare alla Corte dei conti.
Lo giudicai un arrogante, poco avvezzo alle regole della democrazia. Tra queste c’è la “relazione di fine mandato”, prevista dalla legge per far conoscere agli elettori le attività amministrative svolte nel quinquennio e la situazione del bilancio. E quindi consentire ai cittadini scelte consapevoli.
Omettere questo adempimento è, dunque, non un semplice inadempimento amministrativo ma violazione di una regola della democrazia, una gravissima lesione del diritto politico dei cittadini chiamati a votare per il rinnovo dell’amministrazione comunale senza che il Sindaco uscente abbia fatto conoscere quel che ha fatto e sul quale deve essere valutata.
Accade a Roma, nella Capitale della Repubblica, dove Virginia Raggi non ha predisposto la relazione. E così la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Lazio, le ha notificato una deliberazione (n. 89 del 4 agosto) di accertamento del mancato invio della relazione. Che non è un adempimento formale, come forse ha ritenuto la Raggi alla quale, fin dal 27 maggio, i Magistrati istruttori della Corte avevano comunicato che la relazione non era pervenuta né risultava pubblicata sul sito istituzionale del comune. Ma Roma capitale, si legge nella deliberazione della magistratura contabile, “non ha fornito riscontro”.
La relazione esalta un principio fondamentale delle democrazie liberali nelle quali il cittadino elettore deve essere messo in condizione di conoscere per decidere. Nel caso di un comune, l’ente più vicino al cittadino, è fondamentale per l’elettore conoscere come il sindaco e l’amministrazione uscente hanno svolto nel corso del mandato le principali attività normative e amministrative, quale è la situazione finanziaria e patrimoniale del comune e degli enti controllati e, in caso di carenze, quali iniziative sono state intraprese per porvi rimedio. La relazione deve, inoltre, indicare le azioni poste in essere per contenere la spesa e lo stato del percorso di convergenza ai fabbisogni standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell’offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi. Specifico riferimento va fatto alla misura dell’indebitamento, problema grave che Roma si porta appresso da anni. Di tutto questo anche con riferimento all’esito dei controlli interni e agli eventuali rilievi della Corte dei conti.
La relazione, spiega la Corte, “risponde al principio di accountability degli amministratori locali, chiamati a dare conto della gestione, al fine di favorire e rendere effettivo il controllo democratico dei cittadini in occasione delle elezioni amministrative; essa si inserisce fra gli strumenti di attuazione dei principi di massima responsabilizzazione, di effettività e trasparenza del controllo democratico”.
Il documento costituisce, pertanto, uno “strumento di conoscenza dell’attività svolta nell’esercizio delle funzioni e momento fondamentale di trasparenza nella fase di passaggio fra amministrazioni, da cui si prende atto della reale situazione dell’ente; infatti, la comunità locale, nell’esercitare il diritto-dovere di voto, deve essere resa edotta del suo stato finanziario. L’obbligo di redigere e pubblicare la relazione è funzionale a concorrere alla realizzazione della pubblicità e trasparenza dell’azione politico-amministrativa”.
Non solo. La relazione di fine mandato, che va redatta dal responsabile del Servizio finanziario o dal Segretario generale e sottoscritta dal sindaco, certificata dall’organo di revisione dell’ente, trasmessa alla Corte dei conti e pubblicata sul sito istituzionale, ha anche lo scopo di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell’unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa.
Il mancato adempimento è sanzionato. Infatti, è previsto che al Sindaco e, qualora non abbia predisposto la relazione, al responsabile del Servizio finanziario o al Segretario dell’ente, sia ridotto della metà, con riferimento alle 3 successive mensilità, rispettivamente, l’importo dell’indennità di mandato e degli emolumenti.
L’applicazione della sanzione è di “esclusiva spettanza” dell’ente locale e, in particolare, deve essere attuata dagli uffici preposti alla liquidazione delle competenze. Tuttavia, c’è una falla nel sistema. Infatti, non è indicato l’eventuale giudice del ricorso dei soggetti sanzionati che sarebbe stato necessario individuare nelle sezioni giurisdizionali regionali della Corte.
Infine, va detto che l’inadempiente Virginia Raggi non è sola nel Lazio. Infatti, la Corte ha accertato che non hanno inviato la relazione anche i sindaci di Tolfa, Sora, Licenza, Castro dei Volsci, Rocca di Cave, Pastena, Collepardo, per non citare che alcuni. Sarà certamente accaduto in altre regioni. Insomma, la “casta” politica locale si palesa sempre più arrogante.