sabato, Novembre 23, 2024
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I Presidenti della Repubblica tra storia politica e personale in un libro di Gianluca Passarelli

di Salvatore Sfrecola

“Molti voti, ma, soprattutto, pochi veti”. Riassume così Gianluca Passarelli la regola che ha caratterizzato le elezioni del Presidente della Repubblica finora (Il Presidente della Repubblica in Italia, Giappichelli, Torino, 2022, pp. 113, € 13,00). Spiegando che “per accedere al soglio quirinalizio è necessario raccogliere un numero cospicuo di consensi, ma per farlo è indispensabile essere il meno invisi possibile”. Ed è l’immagine di quel che è accaduto nell’aula di Palazzo Montecitorio da quando il 24 gennaio, alle ore 15.00, il Parlamento in seduta comune si è riunito con all’o.d.g. “elezione del Presidente della Repubblica” ed ha proceduto a plurime votazioni fino alla sera del 29 quando, alle ore 20,20 i voti assegnati al Presidente della Repubblica uscente, Sergio Mattarella, hanno toccato quota 505, corrispondente alla maggioranza assoluta dei 1009 “grandi elettori”, senatori, deputati e delegati regionali. E così l’inquilino del Quirinale, che si apprestava a traslocare, è stato costretto a rimanere nell’antica Reggia dei Papi e poi dei Re “a grande richiesta” di buona parte dei partiti dimostratisi incapaci di individuare un successore in un balletto di proposte e silenzi che giornalisti, politologi e politici ospitati negli studi televisivi o colti in strada, sono andati commentando nelle varie trasmissioni di approfondimento, spesso definite “maratone”, defaticanti riflessioni ad alta voce, non di rado imprudenti, perché, come scrive Passarelli, “tutto si svolge nelle retrovie, e rimanere coperti, silenti, defilati è la migliore strategia per un aspirante presidenziabile”. Ed abbiamo constatato, già dalla prime votazioni, come si rincorressero sui giornali e nelle trasmissioni televisive dichiarazioni e silenzi che non sappiamo ancora quanto abbiano giovato o nuociuto ai candidati, ufficiali ed ufficiosi, di gruppi, di partiti o di lobby, percepibili nei conversari e tra le righe dei commenti che accompagnano le cronache delle votazioni, degli incontri e delle “interlocuzioni” tra esponenti di questo o quel partito. La prudenza nelle previsioni è abbandonata perché ognuno spera di essere autore dello scoop che delinei chi riuscirà ad assicurarsi i voti necessari per salire al Colle. Una qualche prudenza è solo dei “quirinalisti”, come sono definiti i giornalisti che seguono costantemente le attività del Presidente della Repubblica e ne interpretano o ne ricevono le confidenze. Avventurarsi in previsioni che possano far immaginare simpatie o antipatie potrebbe rivelarsi pericoloso nei rapporti con l’inquilino del Quirinale.

“L’elezione presidenziale rappresenta un grande rito repubblicano, un conclave laico il cui esito dipende da una alchimia al contempo imperscrutabile e cristallina”, scrive Passarelli in apertura di questo agile volumetto ricco di notizie e di riflessioni tra politica e storia che si dipana lungo una carrellata sui presidenti della Repubblica, da Luigi Einaudi a Sergio Mattarella. Di Einaudi, grande economista, esponente di spicco della cultura liberale con vocazione europeistica, già Governatore della Banca d’Italia e Ministro del bilancio (istituito per consentirgli di controllare l’evoluzione della spesa in un momento difficile nell’Italia del dopoguerra, senza avere le pesanti incombenze del Ministro del tesoro) Passarelli ricorda le convinzioni monarchiche, esplicitate dalla vigilia del referendum istituzionale del 2 giugno 1946. Immerso nella cultura della democrazia parlamentare instaurata dallo Statuto Albertino, da lui sempre difesa negli editoriali che aveva consegnato a La Stampa ed al Corriere della Sera lungo vari decenni nei quali si ritrovano le sue idee di economista e di uomo delle istituzioni, Einaudi fu severo critico di sprechi e privilegi mentre apprezzava le virtù italiche del risparmio e dell’amor patrio. Presidiò l’art. 81 della Costituzione in materia di copertura finanziaria delle leggi di spesa. Al termine del mandato diede alle stampe Lo scrittorio del Presidente, preziosa testimonianza della sua esperienza al Quirinale.

Di ognuno dei presidenti il libro segnala le caratteristiche culturali e politiche in rapporto alle situazioni che sono stati chiamati ad affrontare, non di rado segnate da eventi drammatici o tensioni interne ed internazionali, dal rapimento Moro negli anni della difficile presidenza di Giovanni Leone all’attentato a Giovanni Falcone che accelerò l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro. E poi Sandro Pertini e Francesco Cossiga, due presidenti che vollero farsi interpreti dei sentimenti popolari in modi diversi, che hanno suggerito ai costituzionalisti riflessioni sul senso della formula “rappresenta l’unità nazionale” che nell’articolo 87 della Carta fondamentale segue immediatamente all’espressione “è il Capo dello Stato”. Entrambi schietti, il primo perché, scrive Passarelli, “conosceva le corde emotive del popolo… conservava anche un tratto decisamente populista, ante litteram, che lo fece amare, in taluni casi acriticamente, e ricordare come il Presidente del Popolo”. Il secondo, perché “intuì che il sistema si stesse sfaldando e in modo irrituale provò a indicare la meta di una democrazia dell’alternanza”. E passò alle cronache come il “picconatore” delle istituzioni e degli uomini che riteneva di ostacolo per lo sviluppo di una democrazia moderna. Poi Carlo Azeglio Ciampi, proveniente dalla Banca d’Italia con esperienza di Ministro del tesoro, Giorgio Napolitano, passato, come ricorda il libro, da comunista “carrista”, come furono chiamati quanti avevano giustificato l’intervento delle truppe sovietiche in Ungheria sollevatasi per liberarsi dai condizionamenti dell’URSS, a socialista europeo gradito agli americani. Infine Sergio Mattarella che “ha rappresentato la summa delle caratteristiche positive richieste al capo dello Stato. Misurato, composto, sobrio, rispettoso della sostanza e nella sostanza, delle regole, della consuetudine – che non diventa abitudine routinaria – degli attori in campo e dei cittadini”. E difatti, ma Passarelli non avrebbe potuto immaginarlo, il Parlamento lo ha votato con il 75% dei grandi elettori per un nuovo settennato, importante perché interesserà ben tre legislature.

Professore di scienza politica e politica comparata, di recente anche Professore al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pittsburgh, Pitt Political Science Department, per un periodo di ricerca e insegnamento, Gianluca Passarelli delinea l’esperienza dei Presidenti tra politica e diritto, analizzando i rapporti che gli stessi hanno avuto con le forze politiche, anche con quelle di provenienza, facendo comprendere al lettore come concretamente si è dispiegata la condotta presidenziale nell’interpretazione del ruolo disegnato dalla Costituzione per il Capo dello Stato.

Il taglio del volume rispecchia la formazione culturale e l’esperienza accademica dell’Autore che analizza i tratti essenziali delle varie presidenze nell’evoluzione del contesto politico che ha caratterizzato gli anni della “prima” e della “seconda” Repubblica, nel mutare della realtà dei partiti e delle personalità che li hanno rappresentati. È una lettura piacevole, che non indulge al linguaggio accademico che spesso tende a complicare l’esposizione dei fatti e la loro interpretazione, per dispiegarsi in una scrittura che evoca la migliore pubblicistica, che stimola la fantasia e suggerisce ulteriori riflessioni, soprattutto in coloro che quelle esperienze politico istituzionali hanno osservato da vicino. Ed è un libro ricco di informazioni, come quelle dei governi che si sono susseguiti nell’ambito dei vari settennati, che facilita la comprensione del contesto nel quale il Presidente si è trovato ad esercitare le proprie funzioni.

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