sabato, Novembre 23, 2024
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L’“Armata Brancaleone” dei putiniani: antiamericani, euroscettici, no vax

di Salvatore Sfrecola

Per affrontare con cognizione di causa la vicenda dell’attuale conflitto fra la Russia e l’Ucraina si deve procedere da un dato certo. La Russia, che già nel 2014 aveva occupato la Crimea e che si è erta a protettrice delle aree dell’Ucraina autoproclamatesi repubbliche indipendenti, il Donetsk e il Luhansk, non si è limitata ad occupare quei territori considerati russofoni. Ma ha invaso l’Ucraina pretendendo che si proclami neutrale, non entri nell’Unione Europea e nella NATO.

Capisco l’interesse della Federazione Russa in un’ottica imperiale che mira a circondarsi di una fascia di protezione, attraverso stati cuscinetto, guidati da un governo “fantoccio” come ai tempi dell’Unione Sovietica quando gli stati, formalmente indipendenti dell’Ungheria, della Cecoslovacchia, della Polonia, della Germania dell’Est, della Romania e dell’Albania di fatto erano parte dell’impero. Ad essi l’URSS assegnava compiti militari nell’ambito del Patto di Varsavia ed un ruolo economico, considerando la produzione di beni in un’ottica globale. Occorre anche ricordare che, manifestandosi un dissenso all’interno di quei paesi era lo stesso governo filorusso a sollecitare l’intervento dell’Armata rossa a Budapest nel 1956, a Praga nel 1967.

Questa concezione imperiale, che assume come criterio di difesa dei confini la presenza di stati cuscinetto retti da governi fantoccio non è più giustificabile oggi, non solo perché anche ad Est sono stati fatti passi avanti significativi verso la democrazia e l’apertura all’UE, nella consapevolezza della comune matrice culturale e storica, ma soprattutto perché la guerra moderna non si basa sulla classica invasione delle fanterie. Oggi la potenza aereonavale consente l’invio di missili da terra, dal cielo e dal mare, anche da distanza, come sappiamo dalle guerre del golfo.

Tutto questo dimostra la pretestuosità dell’azione posta in essere da Putin che ha fatto invadere dalle sue truppe uno stato sovrano retto da un governo rappresentativo con un Presidente eletto con oltre il 70% dei suffragi, definito “nazista”, tra l’altro nascondendo la sua origine ebraica. E senza dire che i russi stanno sistematicamente violando le regole del diritto internazionale e delle convenzioni sull’uso delle armi tra l’altro colpendo sistematicamente civili inermi non solo nelle loro case, sventrate da bombe e missili ma anche in strada. Ha fatto il giro del mondo l’immagine del carro armato russo che ha investito un automobilista.

Le immagini che provengono dalle città ucraine, l’esodo di centinaia di migliaia di persone, anziani, donne bambini dimostra che un popolo è stato aggredito, che non è disponibile a perdere la propria sovranità perché, mentre quelle persone chiedono asilo all’Occidente libero, gli uomini, di tutte le età, imbracciano le armi per difendere la loro terra. Un esempio di amor patrio raro in questi anni.

A fronte di questa evidente aggressione ad uno stato sovrano sta montando, soprattutto sui social, un’onda filo Putin, un aggregato composito che sembra avere un solo dato comune, un diffuso antiamericanismo ed una diffidenza nei confronti dell’Europa, con una connotazione NO VAX. Tutto questo si spiega in vario modo, almeno a leggere i post che, soprattutto su Facebook, difendono l’aggressione russa all’Ucraina.

Una prima componente antiamericana è di origine endogena e prende le mosse da quelli che ho definito “reduci di Salò”, coloro che ritengono ancora oggi che l’armistizio dell’8 settembre 1943 sia stato un “tradimento” nei confronti dell’alleato tedesco. Trascurano che quella guerra non si doveva fare, che non avevamo interesse a farla, che non eravamo in condizione di sostenerla con un apparato militare assolutamente inadeguato, cosa nota alle autorità del governo ma trascurata nella convinzione che i tedeschi avrebbero vinto rapidamente.

Ne potremo parlare in altra occasione.

Poi c’è l’antiamericanismo di chi ritiene che gli Stati Uniti non abbiano saputo gestire il ruolo di potenza leader dell’Occidente democratico e si siano impantanati in una serie di guerre, in Medio Oriente soprattutto, che hanno favorito l’instabilità di quell’area senza adeguatamente colpire il terrorismo, trascurando che è anche questa una forma di guerra, neppure tanto moderna.

Sulla incapacità dei governi USA, soprattutto di quelli di parte democratica, permeati di idealità da esportare, non ho dubbi. Wilson, Roosevelt, Kennedy hanno combinato pasticci ai quali hanno rimediato i leader conservatori, come Nixon per il Vietnam.

Tuttavia quegli errori non sono legati da nessun nesso con l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia. Né la politica di apertura dell’Unione europea, che di errori ne fa tanti, nei confronti dell’Ucraina è per qualche ragione censurabile perché risponde ad una chiamata di uno stato sovrano che legittimamente sentendosi europeo vuole integrarsi in una realtà che certo ha molte pecche ma prefigura una intesa politica che si basa sulle comuni radici giudaico cristiane o greco romane, come ha ricordato Rocco Buttiglione ieri mattina, intervenendo ad un Convegno della Destra Liberale, promosso dall’on. Giuseppe Basini, che si è tenuto nell’Hotel Massimo D’Azeglio di Roma.

Quello che sfugge ai putiniani è un dato elementare ma decisivo: l’Ucraina è un paese sovrano e decide come vuole il suo destino. È stato durissimo, nel Convegno appena ricordato l’Ambasciatore Giulio Terzi di Santagata, già Ministro degli esteri, che ha elencato le violazioni del diritto internazionale operate da Putin e dal suo esercito e le conquiste sanguinose nelle quali l’autocrate russo si è esibito negli ultimi anni, anche in Cecenia.

Ed a proposito di stragi torna nella polemica anti Ucraina un episodio accaduto nel Donbass del quale si sarebbero resi responsabili militari ucraini nel 2014. Anche questo non c’entra con l’invasione dell’Ucraina perché eventuali reati sono rilevanti nel contesto giudiziario interno ed internazionale che ben conosciamo.

E, poi, qualunque atrocità non giustifica la replica da parte delle armate russe a danno dei civili. Siamo fuori del tempo in cui queste vicende venivano regolate con reciproci spargimenti di sangue. Era la propaganda che non poteva servirsi della televisione.

Qualche considerazione conclusiva da parte di chi si sente profondamente italiano eppure europeo. Il nostro Paese ha una storia straordinaria, unica, che affonda le sue radici in eventi che hanno segnato la civiltà: la democrazia greca e il diritto di Roma, un contesto sul quale il cristianesimo si è consolidato ed esteso. Se non avesse tratto forza dal contesto sociale creato nel corso di secoli da Roma, che è stato un faro di civiltà che spesso noi trascuriamo, ignorando il ruolo che la gestione del potere ha avuto nelle aree di pertinenza romana, dalle strade agli acquedotti, alle terme, ai teatri, per finire alle regole del diritto, perché il concetto di persona è romano come l’aequitas, il cristianesimo sarebbe rimasta una religione confinata in Palestina.

Ebbene, italiano, orgogliosissimo della storia politica e culturale del Bel Paese, io mi sento profondamente europeo perché le mie radici sono anche quelle di gran parte delle comunità che insistono al di qua degli Urali. Sì, degli Urali, perché anche la Russia è Europa, la sua cultura, la sua storia è legata indissolubilmente a quella degli altri paesi del Continente. Non da oggi e ne è prova il trasferimento della capitale da Mosca a San Pietroburgo, la città fondata nel 1703 da Pietro il Grande, arricchita dai palazzi disegnati dagli architetti italiani, per farne una “finestra sull’Occidente”, più vicina alle capitali europee. L’Europa, dunque, una grande realtà politica ed economica, capace di competere con le grandi economie mondiali, la cinese, l’indiana, la brasiliana. Oltre 450 milioni di abitanti, una storia culturale grande ed una tecnologia avanzatissima, un’economia autosufficiente. Alcuni spigoli da smussare, frutto di residui egoismi e di una estrema modestia della classe dirigente europea (mandiamo nel Parlamento europeo le seconde scelte della politica), ma l’Europa è una prospettiva ineludibile. Che farebbero gli staterelli da soli? Perfino la ricca Germania sarebbe fuori contesto.

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