domenica, Novembre 24, 2024
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C’è chi parla di russofobia per minimizzare le responsabilità di Putin in Ucraina

di Salvatore Sfrecola

Leggo su alcuni giornali che in Occidente sarebbe diffusa una sorta di russofobia, antica ma accresciuta a seguito dell’invasione dell’Ucraina. È una costruzione che presume ci sia nei confronti dei russi un pregiudizio che non trova basi nella realtà, nella storia e nella cronaca. A leggere i giornali, ad esempio, a sentire la gente, la critica dell’invasione dell’Ucraina riguarda solamente il premier Vladimir Putin, presidente di una Federazione il cui ordinamento noi occidentali non abbiamo difficoltà a giudicare non democratico. Ce lo dicono le notizie sulla repressione del dissenso, sull’incarcerazione degli oppositori, perfino di coloro che protestano sulle piazze per la guerra. Ha fatto il giro del mondo l’immagine dell’anziana ultraottantenne caricata sul furgone della polizia perché trovata ad esporre un cartello inneggiante alla pace durante una manifestazione di studenti.

I media italiani distinguono senza tentennamenti i russi dalla leadership che sta conducendo una battaglia nelle pianure dell’Ucraina e sulla costa, fra Odessa e Mariupol dall’evidente intento imperialistico, rafforzato da dichiarazioni dello stesso presidente russo che rivendica un’area d’influenza estesa ai paesi che erano un tempo satelliti dell’URSS, destando preoccupazioni in Polonia e nelle repubbliche baltiche, soprattutto. Non sento, non leggo di una ostilità nei confronti della Russia che anzi viene considerata da molti parte dell’Occidente, dell’Europa, come ci dice la sua storia, quella che gli zar costruirono intorno alla capitale San Pietroburgo proprio allo scopo di avvicinare ancora di più questo grande paese al resto del continente, alla sua cultura, alla sua storia, alla sua arte che, d’altra parte, trovano proprio nell’allora capitale dell’impero zarista, esempi straordinari, di architettura e di arte occidentale. Anche la letteratura, vasta e preziosa, che conosciamo, da Leone Tolstoj a Fëdor Dostoevskij in Occidente apprezzata da sempre. Come la musica, come l’arte del balletto. Ed anche nelle occasioni, ben note, di azioni violente nei confronti dell’Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968, che l’Occidente liberale ha considerato espressione del potere sovietico, oppressivo nei confronti degli stati satelliti, rimasti in area russa al termine della Seconda Guerra Mondiale, sono stati sempre distinti, nel giudizio di tutti, i russi, il popolo russo, perfino i soldati russi, dal governo dell’URSS. Ricordo proprio per l’Ungheria le manifestazioni studentesche a Roma sotto l’ambasciata russa, le proteste diffuse in tutto l’Occidente. Sì, erano contro la Russia, ma intesa come governo autocratico dei sovietici non verso il popolo russo, nei confronti del quale anzi c’è stato sempre un atteggiamento di diffusa simpatia. Come dimostra anche l’attenzione turistica che si è sviluppata nel tempo nei confronti, in particolare, di San Pietroburgo.

Sostenere che ci sia un odio irrazionale nei confronti dei russi, una russofobia, anzi una nuova forma di razzismo, come leggo oggi, è sbagliato e tende a minimizzare la critica nei confronti delle operazioni militari, soprattutto in questi giorni nei quali i media segnalano gravissime violazioni dei diritti umani, avvenute sotto gli occhi della stampa internazionale presente in Ucraina con decine di giornalisti e fotografi, ciò che non lascia dubbi sugli autori di quelle atrocità, come ha detto Ferruccio de Bortoli in televisione. Eppure, non c’è odio per i russi. Anzi si coglie subito l’occasione di riferimenti a reparti ceceni per allontanare l’ombra dei massacri dai russi.

In realtà, si ha l’impressione che queste prese di posizione tendano a prendere le distanze dalla difesa che i paesi occidentali stanno conducendo in favore dell’Ucraina. Ed emerge, come ho scritto più volte, quel diffuso antiamericanismo che trova delle radici antiche in alcuni ambienti politici, più che culturali, che fanno pensare ai nostalgici della Repubblica Sociale Italiana, quella dei duri e puri che non hanno voluto “tradire” l’alleato nazista. E c’è una critica antica, assolutamente condivisibile, rispetto ad operazioni militari delle forze armate degli Stati Uniti, ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki o di Dresda e, aggiungerei, anche se in questi tempi non lo ricorda mai nessuno, la distruzione dell’abbazia di Montecassino In Italia, un gioiello dell’arte e della cultura monastica.

Inviterei tutti ad essere più cauti nell’assolvere l’autocrate russo il cui intervento militare sarebbe giustificato da una sorta di accerchiamento, messo in atto dagli Stati Uniti, dai paesi occidentali e dalla NATO. E torna nei commenti la vicenda dei missili sovietici a Cuba per proporre un confronto che vorrebbe giustificare l’intervento in Ucraina. Poi emergono, invece, appetiti per le riserve minerarie di quel paese e il desiderio di collegare la Russia alla Crimea. Il governo russo avrebbe fatto meglio, nel rispetto della sua storia più antica, quella degli zar, ad avvicinarsi all’Europa, così come intende fare l’Ucraina, come hanno fatto gli altri stati che gli accordi di Yalta avevano posto sotto una sorta di protettorato dell’Unione Sovietica, negandone la storia, considerato che paesi come l’Ungheria e la Polonia nel corso dei secoli hanno rappresentato il cuore dell’Europa cristiana.

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