sabato, Dicembre 21, 2024
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Antiamericani a prescindere

di Salvatore Sfrecola

Il dibattito sulla guerra in atto in Ucraina ha visto giorno dopo giorno svilupparsi, accanto alle riflessioni sulle sue prospettive, militari e geopolitiche, comprese le conseguenze economiche e commerciali indotte dalle sanzioni alla Russia, anche una serie di prese di posizioni lato sensu ideologiche, in taluni casi di taglio nettamente antiamericano. Un diffuso orientamento, come ha spiegato anche il Professore Giovanni Orsina, storico e politologo, intervenuto l’altro ieri a ControCorrente, la trasmissione di Rete 4 condotta da Veronica Gentili, presente non solo nelle sinistre, nei pacifisti ma anche a destra, di varia origine. Addirittura risalente agli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale.

Cerchiamo di fare qualche riflessione per spiegare questo sentimento che, al di là di ragioni obiettive che potrebbero essere individuate in “errori”, spesso gravi, commessi dall’Amministrazione americana nel tempo, assume in non pochi casi le caratteristiche di una presa di posizione “a prescindere”. Per quanto riguarda noi italiani, perché di altri non sono in condizione di dire, probabilmente, seguendo alcune indicazioni fornite dal Professore Orsina, una prima ragione di critica potrebbe individuarsi nel primo dopoguerra nella “vittoria mutilata” rispetto alle aspettative individuate nel Trattato di Londra del 26 aprile 1915 al tempo dell’ingresso in guerra, quando l’Italia si attendeva più ampi riconoscimenti territoriali, frustrati dalla dottrina dell’autodeterminazione dei popoli che il Presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, impose in occasione della Conferenza di pace di Parigi del 1919, con l’effetto di impedire all’Italia di estendere la propria sovranità su gran parte della Dalmazia e delle sue isole, rivendicata in ragione della presenza di popolazioni italofone veneziane.

Poi sono venute le “inique sanzioni”, al tempo della guerra d’Etiopia, e la seconda guerra mondiale, con il suo corollario di azioni militari che hanno coinvolto il nostro Paese, pesantemente bombardato dall’aviazione USA, la distruzione dell’Abbazia di Montecassino, ritenuta pressoché inutile sul piano militare, giustificata ufficialmente perché ritenuta una barriera a difesa dello schieramento tedesco. Nello stesso periodo il bombardamento a tappeto di Dresda, distrutta solo per fiaccare la morale del popolo tedesco, o le atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki hanno fatto storcere più di qualche bocca, anche di chi era dalla parte degli USA. A quanti sono parse stragi gravissime, anche se finalizzate ad accelerare la fine delle ostilità.

Tuttavia, coloro che criticano l’Occidente “in guerra” contro la Russia hanno ben altro da dire. E dicono della guerra in Vietnam con le sue stragi commesse anche dalle truppe americane, la guerra in Iraq, alla ricerca di armi di distruzione di massa non trovate, l’attacco alla Libia, promosso con la determinante presenza dell’alleato francese che ha destabilizzato quel paese, retto sì da un dittatore, sanguinario quanto basta, ma che garantiva all’Italia petrolio e una sorta di barriera contro le immigrazioni clandestine che, morto Gheddafi, hanno reso impermeabili i nostri confini marittimi.

Non basta. Perché le critiche alla base dell’antiamericanismo di taluni prendono le mosse dalla politica della NATO, alleanza di evidente leadership statunitense, che, pur formalmente di natura difensiva, si sarebbe troppo avvicinata alla Federazione Russa da assumere una connotazione offensiva e tale da preoccupare quel paese. Missili e bombe, si dice, messe a ridosso dei confini russi avrebbero “giustamente” preoccupato il Cremlino e conseguentemente richiesto un intervento militare in Ucraina il cui regime è, altresì, accusato di aver provocato o tollerato negli anni passati stragi di russofoni nelle aree contestate del Donbass

Ciò che più caratterizza queste prese di posizione è la coincidenza, in termini pressoché identici, di persone che si dicono di sinistra e di destra. Tra questi ultimi, oltre a quanti ho chiamato più volte “nostalgici di Salò”, ci sono anche i duri e puri che ammirano il Putin che ha riaperto le chiese (ortodosse), valorizzato, anche sulla base della dottrina della Chiesa di Mosca, la famiglia, perseguito la propaganda delle libertà sessuali, intese come modello di vita diffuso in occidente.

Ora non è dubbio che in Europa i valori della civiltà occidentale ci portino a diffidare di consumi che il “mito americano” ci propone, anche attraverso i film made in Hollywood, dove prevale la corsa sfrenata al guadagno in un contesto sociale che ci pare molto lontano, anche in ragione della composizione multietnica del popolo americano. Perfino il mito della “frontiera” e del Far West, a ben vedere, può essere considerata una sorta di “pulizia etnica” ai danni dei “nativi”, i pellerossa, cacciati brutalmente dalle terre che abitavano da sempre.

Infine, diciamola tutta, quegli americani ci sembrano un po’ cafoni, discendenti di pendagli da forca, spesso scampati, tra il 700 e l’800, alle galere europee, immigrati con le frustrazioni dei poveri atavici, desiderosi di un riscatto che poteva passare anche dalla violenza mafiosa, magari originata dalla difesa dei corregionali aggrediti dagli irlandesi, poi divenuta una forma di gestione del potere economico e commerciale.

Insomma, ce n’è abbastanza perché noi europei, che pure di stragi in casa nostra ne abbiamo fatte e subite nel corso dei secoli, dalla mattanza degli ugonotti alla Rivoluzione Francese, ai tanti pogrom antisemiti, per non dire della “soluzione finale” del “problema ebraico” messa in campo da Adolf Hitler, ci si metta a giudicare, solo perché i fatti di casa nostra sono vecchi di decenni o di un paio di secoli. Senza dimenticare i milioni di deportati e fatti morire di fame e di lavoro nei Gulag dell’Unione Sovietica. Tanto che sarebbe difficile che qualcuno possa con animo sereno scagliare la prima pietra.

Eppure, per questi antiamericani “a prescindere”, anche quando ammettono che la Russia ha invaso l’Ucraina subito precisano che Putin è stato “costretto” ad intervenire dall’aggressività della NATO e che comunque il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al quale non si perdona di essere stato un attor comico e ancor più di essere “ricco”, sia un fantoccio in mano al Presidente americano Joe Biden.

Ora, al di là dei comprensibili, anche quando non condivisibili, sentimenti di chi considera gli americani degli arricchiti un po’ cafoni, governati da scarsi conoscitori della storia, che li porta a fare gli errori politici che abbiamo visto, dal Vietnam alla Libia, non ci pare che tutto questo possa far ritenere giustificata l’invasione russa dell’Ucraina. Non certo da eventuali “stragi” di russofoni del 2014, perché la guerra è iniziata nel 2022 e sono cambiati maggioranza e presidente. E l’intervento militare non si è limitato alle aree “russofone”, con evidente intento di attuare una conquista più ampia. Inoltre, la vicinanza di paesi NATO ai confini russi in parte è antica, come nel caso della Turchia, in parte è irrilevante rispetto alle esigenze di difesa attuali, basate su armi, i missili a vario raggio, che possono colpire vicino e lontano, rendendo obsoleta la teoria delle “zone di influenza” o degli “stati cuscinetto” che un tempo garantivano i confini, da raggiungere a piedi o a cavallo.

Ora è evidente che se le nostre simpatie e la condivisione di uno schieramento fossero condizionate dalla storia antica o più recente troveremmo ragioni a iosa per essere pro o contro i protagonisti della guerra che si combatte in Ucraina. La questione, invece, è molto più semplice. Un paese libero è stato aggredito da un vicino prepotente con velleità imperiali stile antico ed è dovere di chi crede nell’indipendenza delle nazioni aiutare gli ucraini a difendersi in armi, come è accaduto in Italia nel corso del Risorgimento, quando vennero a combattere per l’indipendenza e l’unità del bel Paese da ogni parte d’Europa. Quell’Europa che oggi non riesce ad essere nulla più che un’espressione geografica perché se fosse una realtà politica, capace di parlare con una sola voce, assistita da una adeguata forza militare, contribuirebbe alla pace dell’area e dell’intero mondo. Invece, anche quando non litigiosa, è incapace di esprimere la forza della sua antica civiltà garantendo crescita e benessere, disattenta perfino nella ricerca della autosufficienza energetica che avrebbe potuto e dovuto perseguire da tempo se a Bruxelles ci fosse stata una classe dirigente degna di questo nome. Un’Europa che si siederebbe al tavolo delle relazioni internazionali con pari dignità con USA, Cina e India. E potrebbe ridimensionare l’alleanza, spesso imbarazzante, degli Stato Uniti. Ma forse gli antiamericani “a prescindere” si scoprirebbero antieuropei, legati al loro paese, anzi al loro paesello. È proprio vero che Dio fa impazzire coloro che vuol perdere.

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