di Salvatore Sfrecola
È una lettura assolutamente necessaria. Questo volume di Franca Porciani, “Cavour prima di Cavour – la giovinezza tra studi, amori e agricoltura” (Rubbettino, 2022, pp 132, € 13) si rileva di straordinario interesse in relazione ad un periodo della vita del Conte, quella giovanile, degli studi, dei viaggi, delle innovazioni nella gestione delle aziende agricole di famiglia, che completano la conoscenza del personaggio in molti relegato al ruolo, certamente importante, del diplomatico impegnato per l’unità d’Italia. È stato questo ma anche un uomo di governo di ineguagliabili capacità, grande statista a livello europeo, il più grande, secondo il Cancelliere austriaco Clemente Lotario di Metternich, che a quel complimento aggiungeva “purtroppo è contro di noi”.
Presentato a Roma, sulla terrazza delle Associazioni regionali, in via Aldrovandi, in un dibattito moderato da Enrico Morbelli, Presidente della Famijia Piemontèisa, relatore il Prof. Andrea Ungari, ordinario di storia contemporanea nell’Università di Roma G. Marconi, il volume ha dato l’occasione ai numerosi intervenuti per scrutare aspetti della vita del Conte, gli studi, le esperienze nella gestione delle aziende agricole di Grizane e di Leri, gli amori dei quali molto si è parlato.
Di seguito il “Ballo del solstizio d’estate”, con musiche e danze dell800, a cura di Susanna Serafini, Direttore dell’Istituto Superiore di Danza.
Una serata, dunque, tra storia e musica in una calda atmosfera estiva, appena temperata dal ponentino che soffia leggero tra i pini secolari del parco di Villa Borghese, di fronte al BioParco, già Giardino Zoologico.
Sulla base delle indicazioni del relatore, alcuni dei presenti hanno richiesto all’autrice di approfondire alcuni aspetti della vita giovanile e degli amori di Camillo di Cavour, un interesse costante per la vita intima delle persone illustri, stimolato anche da aneddoti narrati da Enrico Morbelli, giornalista brillante e colto, che ha ricordato vari episodi della vita del Conte, di seguito all’iniziale saluto dell’avv. Marini Dettina, Delegato per il Lazio degli Ordini Dinastici Real Casa di Savoia, che si è soffermato sulle ore dell’agonia e della morte (6 giugno 1861) assistita dai conforti religiosi che Cavour aveva fortemente voluto, facendo chiedere al suo padre spirituale, Padre Giacomo, di confessarlo e assolverlo. Una decisione che molto è costata all’amico frate francescano il quale agli occhi della Chiesa aveva assolto uno scomunicato senza averne avuto l’autorizzazione. Ciò che costò all’ecclesiastico censure e persecuzioni che solo Papa Leone XIII farà terminare restituendogli la dignità di sacerdote.
Il libro affronta un tema normalmente sfiorato dai grandi storici che si sono occupati del Conte piemontese, perché approfondisce il periodo giovanile di questo nobile rampollo che, essendo cadetto, e, pertanto, privo di un patrimonio personale, s’impegna nella tutela e nel miglioramento delle proprietà agricole di famiglia, assistito costantemente dal padre Michele che stimava moltissimo questo figlio geniale, un po’ ribelle, tanto da essere tenuto sotto osservazione da parte delle autorità.
Una lettura necessaria ho detto iniziando, perché Cavour, accorto imprenditore agricolo, modernizza le sue tenute migliorando la produzione del vino ed estendendo le altre colture, curando la varietà delle produzioni che incrementa non solamente attraverso la selezione delle essenze e la concimazione (a lui si deve l’iniziativa di importare guano dal Perù, in un primo tempo valida, poi costata molto) e l’uso di macchine rivelatesi capaci di aumentare le produzioni e di alleviare la fatica dei contadini.
È un uomo con una visione moderna. Lo dice bene Nerio Nesi, banchiere, Presidente onorario della Fondazione Camillo Cavour nella Prefazione, quando ricorda i viaggi in Inghilterra che sarà, insieme alla Francia, una meta ricorrente di Cavour. Il giovane si dedicherà molto all’ascolto dei dibattiti all’Assemblea Nazionale, a Parigi, e alla Camera dei comuni, a Londra. Era interessato ai discorsi dei grandi politici, oratori che lo affascinano. A Parigi ascolta Guizot, del quale ammira la haute eloquence e Thiers. A Londra è entusiasta di Robert Peel, esponente del torysmo, destinato a future responsabilità di governo. Ed è affascinato dalle regole della democrazia parlamentare e dalla serietà dei dibattiti. In Inghilterra si interesserà delle iniziative che davano vita alla rivoluzione industriale. A Parigi incontrerà la principessa Cristina di Belgioioso ed Emanuele Dal Pozzo, Principe della Cisterna, figura di riferimento per i piemontesi che arrivavano a Parigi, e Pellegrino Rossi, studioso di economia, costituzionalista, docente al Collège de France, che sarà il primo ministro di Pio IX, pugnalato a morte sulle scale del Palazzo della Cancelleria a Roma. Il Regno Unito sarà una meta ricorrente. Dirà “l’esempio dell’Inghilterra ci stia di continuo avanti gli occhi. Impari da esso l’Italia, ora che sta accingendosi a percorrere le vie industriali, ad avere in gran pregio le sorti delle classi popolari, ad adoprarsi con sollecite cure ed incessanti a loro miglioramento”. Parole significative per un aristocratico del suo tempo.
Un’esperienza che porterà nel suo ruolo di Ministro dell’agricoltura.
Cavour giovane studia in una scuola militare, eccelle in matematica, coltiva studi economici, un po’ ribelle rispetto allo standard dei giovani rampolli del suo rango. È anche quello che intuisce, siamo nel 1846, che il futuro sviluppo economico d’Italia è legato all’espansione delle ferrovie. In quell’anno in un celebre scritto per la Nouvelle Review scrive che le ferrovie unificheranno l’Italia, porteranno i prodotti della ricca agricoltura meridionale e le altre merci al Nord e dal Nord In Europa. È anche in nuce, potremmo dire, un ministro del turismo, perché coglie molto bene l’interesse che per l’Italia hanno numerosissimi stranieri che vengono a visitare le nostre città d’arte, come si direbbe oggi, ma anche a godere del clima particolarmente favorevole per chi è abituato a vivere nelle brume del nord e fra le nebbie dell’Europa centrale. Questi stranieri portano valuta pregiata. Ed è l’uomo il quale immagina che, per la posizione geografica nel Mediterraneo, come un grande promontorio, l’Italia sarà la porta dell’Europa sul mare che collega storicamente il Continente con il Medio e con l’estremo Oriente, con la Cina.
1846 non era ancora entrato in politica. Un uomo straordinario, riformatore dello Stato sardo piemontese, modernizzatore dei porti, della flotta mercantile e militare, dei commerci, dell’esercito, promotore di infrastrutture che daranno al Piemonte ricchezza e prestigio e ne faranno un punto di riferimento delle iniziative di chi voleva realizzare l’unità d’Italia.
Il Conte è un uomo brillante fin da giovane e questo gli assicura simpatie dal mondo femminile. Le sue amicizie furono numerose, i suoi amori travolgenti, anche se probabilmente non hanno avuto particolare rilievo sulla sua attività politica. Il libro narra delle conquiste femminili di Cavour e individua le varie donne per le quali lui ha avuto una passione di varia dimensione e durata, a cominciare da Anna Giustiniani, genovese, che tragicamente mise fine alla sua vita a 34 anni lanciandosi dalla finestra del palazzo di famiglia, delusa dall’abbandono di Cavour. Abbandono che riserverà anche ad altre donne. Non si sposerà mai. Perché, si diceva come battuta, preferiva le donne sposate. Come la Giustiniani, appunto, o Clementina della Rovere di Montabone, moglie del Marchese Carlo Vittorio Guasco di Castelletto. Poi Mélanie Waldor, donna navigata, “bruna, occhi scuri, probabilmente più fascinosa che bella”, scrive Franca Porciani. Infine, Bianca Ronzani, ballerina, sui 28 anni. Fu ancora una volta una passione tumultuosa, testimoniata da lettere, scrive Costantino Nigra a Domenico Berti “scritte con imprevidente abbandono, piene di particolari del carattere più intimo, (che) farebbero torto alla memoria di Cavour, se conosciute e pubblicate”. Inquieto “nel pensare che quelle carte possono passare da un momento all’altro in mani indiscrete od ostili”, Nigra le acquistò e le bruciò, d’intesa con Re Vittorio Emanuele II.
Il racconto della vita di Camillo giovane termina – scrive la Porciani – perché dove inizia la storia di Cavour grande statista con l’ingresso in politica nel 1848 “finisce quella meno nota di giovane imprenditore innamorato di ogni innovazione e della “sua” Leri, e di amante libertino. Sono gli anni in cui una serie tumultuosa di avvenimenti cambierà la storia della penisola per sempre, ma questa parte dell’esistenza di Cavour è stata già raccontata da grandi storici, giornalisti e scrittori fin nei minimi particolari. Certo è che lui restò sempre legato alle sue terre, tanto da tornarci nei momenti cruciali, come quello successivo alle dimissioni da Presidente del Consiglio dopo quell’armistizio di Villafranca che mise fine, contro il suo volere, alla Seconda guerra d’indipendenza, e in altre occasioni (poche) in cui si concedeva una pausa della febbrile attività politica. E probabilmente proprio lì contrasse quella malattia, la malaria, che pose fine alla sua esistenza a soli cinquantuno anni”. Lo curavano con le sanguisughe!