di Salvatore Sfrecola
Scrive bene Sergio Graldo su La Verità “L’esercizio provvisorio trasformato in spauracchio per impedire il voto”. Ed aggiunge che i “pasdaran del Draghi bis evocano il rischio che un nuovo esecutivo non riesca ad approvare la manovra in tempo”. Infatti, alla vigilia del voto parlamentare richiesto dal Presidente della Repubblica per verificare se il Governo di Mario Draghi ha ancora una maggioranza, mentre i partiti si confrontano e si scontrano, avendo soprattutto attenzione alle elezioni legislative del 2023, qualcuno, che non vuole le elezioni anticipate richieste a gran voce da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, evoca il “pericolo” dell’esercizio provvisorio del bilancio ove non fosse possibile approvare il preventivo 2023 entro il 31 dicembre. Ciò che, si fa notare, sarebbe possibile ove, dopo elezioni anticipate che si tenessero tra settembre e ottobre, fosse difficile costituire in breve un nuovo governo che porti all’approvazione il bilancio di previsione per il nuovo esercizio finanziario.
È certo possibile e questo evoca uno scenario fosco, in pratica un risultato elettorale incerto, con una maggioranza non forte e non coesa. Ciò che darebbe l’estro al Capo dello Stato di ricercare soluzioni in una qualche maggioranza trasversale sempre possibile, considerato che sul Centrodestra è sempre possibile che Berlusconi ricerchi accordi anche fuori dell’alleanza con la Lega e Fratelli d’Italia.
Tuttavia sul piano tecnico, quello dell’esercizio provvisorio, timore ricorrente nella polemica politica, è un falso problema che attesta dell’ignoranza di chi lo evoca dimostrando di ritenere che l’esercizio provvisorio del bilancio blocchi la gestione della finanza pubblica ed impedisca la realizzazione delle politiche pubbliche nella misura indicata nel bilancio di previsione non ancora approvato. È accaduto spesso in passato e non è mai stato un dramma. Intendiamoci, il bilancio andrebbe approvato prima che inizi il nuovo esercizio finanziario ma, ove non sia possibile, la Costituzione, all’articolo 81, comma 5, prevede che con legge, e solo per un periodo non superiore a quattro mesi, sia possibile la gestione provvisoria del bilancio non approvato entro il 31 dicembre. In questo tempo, che potrebbe riguardare un mese o due, la gestione del bilancio, per la competenza e la cassa, è consentita per tanti dodicesimi della spesa prevista da ciascuna unità di bilancio quanti sono i mesi dell’esercizio provvisorio, ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria, qualora si tratti di spesa obbligatoria e non suscettibile di impegno di pagamenti frazionati in dodicesimi. Ora nessuno può onestamente dire che l’esercizio provvisorio è un danno per l’economia e per il Paese.
È vero che in regime di esercizio provvisorio del bilancio, legge che ha inglobato negli ultimi anni quella che un tempo era la “legge finanziaria” e poi la “legge di stabilità”, cioè la normativa che modifica il sistema delle leggi che incidono sul bilancio, non entrerebbero in vigore dal 1° gennaio le norme tributarie e quelle ordinamentali, ma è anche vero che comunque le norme tributarie potrebbero ugualmente avere vigore dal 1° gennaio, una volta approvato definitivamente il bilancio, in assenza di un divieto di irretroattività.
Molto più importante per la democrazia di questo Paese è che si voti e che i partiti recuperino quella credibilità che è andata scemando progressivamente, come attesta il livello crescente dell’astensionismo registrato anche in occasioni recenti. Basti pensare alle elezioni suppletive nel Municipio I di Roma, per il seggio lasciato libero dal neosindaco Roberto Gualtieri, dove ha votato solamente l’11% degli aventi diritto.