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Alla ricerca del Governo prossimo venturo

di Salvatore Sfrecola

Scrive Gianfranco Pasquino su Il Domani “neppure nel centro-sinistra i programmi stanno al centro della proposta per attrarre e convincere l’elettorato”. È la realtà spiegata con una semplice frase da un politologo di razza di fronte alla platea dei partiti e dei partitini destinati a confrontarsi il 25 settembre. E così inevitabilmente l’attenzione si sposta sul candidato premier, che per molti è Mario Draghi, come insiste in particolare Carlo Calenda, per altri, per il Centrodestra, chi avrà nella coalizione raggiunto il più alto consenso elettorale. Che poi è prevedibilmente Giorgia Meloni, alla quale Forza Italia, soprattutto, e la Lega sono pronti a contrapporre altri candidati ritenuti più moderati. Ad esempio si è fatto il nome di Antonio Tajani, da sempre accanto a Silvio Berlusconi.

Di questa situazione si occupa anche Il Domani in un articolo, a firma di Emanuele Fittipaldi e Giovanni Tizian, il quale ipotizza che Giorgia Meloni si accontenti di fare il Vicepresidente del Consiglio o il Ministro degli Esteri perché così potrebbe accreditarsi anche a livello internazionale, tenuto conto che è giovane e ha davanti a sé tutto il tempo per conquistare Palazzo Chigi in altra occasione. Tuttavia va detto che se il Centrodestra non dovesse soddisfare l’elettorato e quindi fosse mandato a casa alla scadenza della legislatura l’immagine della Meloni potrebbe uscirne deteriorata.

Il Centrodestra, infatti, nell’esperienza che abbiamo alle spalle, che ovviamente non è determinante ma deve far riflettere, non ha avuto adeguata capacità di governo. Torno spesso sulla legislatura 2001 – 2006 per ricordare che con una straordinaria maggioranza e con un governo nel quale sedevano anche personalità di rilievo da Franco Frattini a Giulio Tremonti ad Antonio Martino a Rocco Buttiglione, per citare solo alcuni, il Parlamento non è riuscito a realizzare quegli obiettivi che nel complesso dessero al Centrodestra al governo il credito per ottenere un nuovo mandato a maggio del 2006.

L’ho scritto, come è noto ai lettori di Un Sogno Italiano, in un libro intitolato “Un’occasione mancata”, alla lettura del quale Francesco Storace mi chiamò e mi disse “ho letto il libro e ho capito perché abbiamo perduto per 26.000 voti quando avremmo potuto vincere per due milioni”. Per dire che il Centrodestra non aveva saputo governare. Arte difficile, quella del governo, che comporta chiarezza di idee e di programmi e soprattutto capacità di realizzarli. Perché i migliori programmi se la strumentazione normativa non è adeguata non vengono attuati. Per farlo occorrono norme adeguate, tanto nella distribuzione delle attribuzioni fra ministeri quanto nei procedimenti destinati ad attuare i programmi. Con una variabile essenziale, sempre trascurata dalla Destra. Che a realizzare i programmi con le norme che il Parlamento ha varato sono i funzionari dei vari ministeri i quali devono essere guidati e devono anche essere motivati nel loro ruolo, cosa che non è stata fatta finora. Basta pensare che al Ministero per l’amministrazione, che è quello che dovrebbe in qualche modo curare nel tempo le riforme delle attribuzioni e dei procedimenti, la Lega ha messo Giulia Buongiorno, un avvocato penalista che si è occupata soprattutto della repressione degli illeciti, cosa ovviamente necessaria ma marginale, e Forza Italia Renato Brunetta che è stato capace di scontentare tutti con la sua irruenta arroganza. Questo per dire che chiunque vincerà le elezioni ma soprattutto la Destra, che non ha recenti esperienze di governo e non sembra avere come traspare dai giornali una adeguata classe dirigente governativa, deve scegliere come ministri personalità capaci di decidere rapidamente e di essere ascoltate dalle amministrazioni, anche per il tramite dei collaboratori più fidati, in particolare dei Capi di gabinetto che sono lo snodo fondamentale del funzionamento degli apparati. Nel senso che il Capo di gabinetto è l’interlocutore primo della struttura la quale deve percepire la sua omogeneità culturale e politica con il ministro. Soprattutto il Capo di gabinetto deve far percepire all’apparato che il ministro ha stima della capacità dei funzionari e dell’intera amministrazione che si deve sentire coinvolta in un progetto governativo importante.

Detto questo la scelta dei ministri deve comportare l’individuazione di personalità che non siano necessariamente dei tecnici del settore ma dei conoscitori della materia e soprattutto che non abbiano un una storia tale da essere divisivi rispetto al mondo che ruota intorno all’amministrazione di competenza. Sulla base di queste considerazioni io ho sempre ritenuto sbagliato pensare che al Ministero della difesa possa andare un ex generale, all’interno un ex prefetto, alla giustizia un ex magistrato perché tutti questi possono essere tentati, anche in buonafede, di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, di privilegiare colleghi di corso o con i quali hanno condiviso alcune esperienze.

I ministri, dunque, devono essere scelti tra personalità della politica capaci di individuare i problemi, circondati da collaboratori che non siano scelti, come spesso è accaduto, fra gli amici, gli amici degli amici, i compagni di scuola, tutte situazioni che possono essere positive tuttavia se prima di tutto capaci di guidare gli apparati a nome del ministro.

Questa realtà non è stata compresa in precedenza, per cui è prevalsa in alcuni momenti della gestione del Centrodestra l’idea che nominare in posti di responsabilità uno di parte fosse utile e necessario, indipendentemente dalla sua capacità, mentre il più delle volte sono state nominate persone notoriamente legate ai governi di Centrosinistra con l’idea che in questo modo ci si sarebbe parati da quella parte. Errore gravissimo, come l’esperienza insegna.

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