di Salvatore Sfrecola
Nel totoministri, sport preferito dei commentatori che sui giornali e le televisioni immaginano quale potrebbe essere la formazione del nuovo Governo, non si sente parlare di Ministero “del mare”, tema che, con riferimento alla vocazione marittima del nostro Paese, era stato oggetto di specifica attenzione da parte di Giorgia Meloni in apertura della Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia, a Milano.
È un tema che ho trattato più volte, anche su La Verità, sottolineando l’evidente interesse economico e politico per il mare che circonda l’Italia per oltre ottomila chilometri di coste, lungo le quali si sviluppano attività economiche importanti, dal turismo alla pesca, dalla cantieristica alle opere di difesa dei litorali, ai porti commerciali e alle linee di navigazione, al ponte sullo Stretto di Messina. E ricordavo come già nel 1846, il Conte di Cavour, non ancora entrato in politica, sottolineasse che “l’Italia sarà chiamata a nuovi e alti destini commerciali. La sua posizione al centro del Mediterraneo, o, come un immenso promontorio, sembra destinata a collegare l’Europa all’Africa”. Con visione di una realtà che attende di essere valorizzata perché, accanto alle attività economiche ricordate, da anni il mare è studiato per la possibilità di ricavare energia elettrica dal movimento delle acque, senza considerare che impianti di dissalazione possono assicurare acqua ad usi civili e agricoli nelle stagioni con minore piovosità, come avviene in alcuni paesi arabi dove i turisti ammirano piante e fiori in aree sottratte al deserto.
L’idea di un ministero che riunisse tutte le competenze economiche e ambientali in materia di mare, nei primi anni ’90 del secolo scorso, fu del Ministro della Marina mercantile, Giovanni Prandini, senatore democristiano di Brescia, che aveva anche istituito un premio per un Concorso destinato alle scuole medie superiori intitolato “Amare il mare”, al quale gli studenti potevano partecipare con scritti, filmati e altre espressioni culturali e artistiche. Non riuscì per gelosie di ministri che avrebbero perso qualche attribuzione. Tuttavia, con un decreto interministeriale, d’intesa con il Ministro della difesa, diede vita all’istituzione della “Guardia Costiera”, con funzioni di polizia marittima e, con il Ministro dei beni culturali, di tutela del patrimonio storico artistico sommerso, uno straordinario “museo subacqueo” di enormi proporzioni e che continuamente rivela sempre nuovi segreti.
Più di recente l’istituzione del “Ministero del mare” è stata prevista in un disegno di legge (Atti Senato, n. 917) dal Senatore Adolfo Urso, parlamentare di Fratelli d’Italia, Presidente del COPASIR, che ha ripreso una sua precedente iniziativa. Ho scritto che quell’iniziativa dovrebbe essere assunta dal nuovo Governo nella prima seduta del Consiglio dei ministri nel quale, come è accaduto più volte in passato, viene dato un nuovo assetto all’intero governo. Sarebbe una iniziativa significativamente nuova, stimolante per una sfida di carattere economico e politico, anche per sottolineare il ruolo dell’Italia quale porta dell’Europa sul Mediterraneo e verso il Medio e l’Estremo Oriente. Una porta commerciale per produzioni europee ed una porta politica perché sul mare, che i romani chiamavano nostrum, si affacciano paesi per storia e cultura legati all’Italia.
Se, dunque, i giornali e le televisioni non immaginano un Ministero del mare. nell’ipotizzare che questa o quella personalità legata ai partiti della maggioranza faranno parte del futuro Governo, mi auguro che i fatti li smentiscano e si possa leggere nel primo comunicato da Palazzo Chigi che il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge che prevede l’istituzione di un ministero nel quale confluiscano tutte le attribuzioni governative in qualche modo legate al mare, dalla filiera ittica (la pesca e la lavorazione del pesce), alla cantieristica da diporto fino alla realizzazione delle navi da crociera e militari, all’industria dell’estrazione del sale, del petrolio e del gas naturale, alle attività di cabotaggio che richiedono importanti servizi logistici in connessione con la rete nazionale stradale e ferroviaria. È anche una importante prospettiva per i grandi porti italiani, da Palermo a Napoli, da Genova a Trieste.