di Salvatore Sfrecola
La frana di questa mattina e le sue devastazioni ad Ischia hanno subito alzato il tono delle polemiche, alla ricerca delle responsabilità per la evidente, mancata tutela del territorio secondo un antico copione. Nel pomeriggio, interpellato da RAI News 24, un ex sindaco ha denunciato le responsabilità della burocrazia che non avrebbe provveduto ad utilizzare i fondi a suo tempo stanziati della regione per interventi vari a tutela dell’assetto idrogeologico dell’area interessata dalla frana di oggi.,
Non ho difficoltà a seguire il ragionamento del sindaco che ha detto di conservare una copiosa corrispondenza con la quale sollecitava gli interventi poi, in effetti, finanziati. Ma vorrei, perché i lettori capiscano, indicare le vere responsabilità di questa situazione di degrado del territorio che caratterizza un po’ tutto il Paese, come dimostrano le vicende di qualche giorno fa a Santa Maria di Castellabate e qualche settimana prima a Senigallia. Sono fuori controllo i territori montani e collinari, gli alvei dei fiumi che da troppo tempo nessuno controlla, in particolare da quando la competenza è passata dallo Stato alle regioni, enti con bilanci nei quali una quota delle spese, mediamente intorno all’80%, è costituita da stanziamenti destinati alla sanità. Sicché, detratte le spese di funzionamento degli uffici regionali, rimane ben poco per investire nella tutela del territorio e quando giungono fondi straordinari, dallo Stato o dall’Unione Europea, la struttura amministrativa e tecnica spesso non è in condizione di predisporre i relativi progetti sicché quei fondi rimangono di frequente inutilizzati, come sappiamo dalle cronache e dalle denunce della Corte dei conti.
A questo punto qualche riflessione sulle responsabilità vanno fatte con senso della realtà. E se è “colpa” della burocrazia, incapace di intervenire perché impreparata o inadeguata sotto il profilo professionale o paralizzata dalle leggi che è chiamata ad utilizzare, onestà vuole che si identifichino le vere responsabilità che non possono che essere che della politica. È, infatti, la politica, intesa come Governo e Parlamento che fa le leggi che definiscono le competenze, disciplinano i procedimenti utilizzati dai funzionari dei quali la politica stabilisce il numero e la professionalità. Pertanto, se il territorio non è monitorato al fine di evidenziare eventuali motivi di pericolo è certamente “colpa” del livello di governo competente che non ha previsto come è necessario intervenire oggi che sono disponibili modalità tecniche (sensori, droni, videocamere) certamente più affidabili di quanto un tempo potesse l’intervento dell’uomo che doveva recarsi sul posto, come nel caso delle sponde dei fiumi un tempo vigilate dal “sorvegliante idraulico” che con la barchetta andava a verificare che non vi fossero quegli accumuli di materiali nelle anse che favoriscono l’esondazione quando le acque diventano copiose per le piogge. E via dicendo.
È, dunque, la politica, da sempre disattenta alle manutenzioni che costituiscono attività che raramente consentono quelle cerimonie con il classico taglio del nastro che piacciono tanto ai nostri amministratori, siano ministri, presidenti e assessori regionali, sindaci e assessori comunali. La sfida dei prossimi anni è, dunque, quella di una politica che assuma le proprie responsabilità e ricostituisca le istituzioni funditus, individuando le strutture amministrative necessarie, attribuendo loro competenze che non siano ripartite tra più amministrazioni o enti, identifichi le procedure più adatte a realizzare in tempi brevi i programmi per i quali dovranno essere individuate le occorrenti professionalità nel numero necessario perché la macchina amministrativa funzioni con la dovuta celerità. È la strada che aveva intrapreso nel 1852 Camillo Benso di Cavour, incaricato di svolgere le funzioni di Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna, non a caso richiamato da Mario Draghi nel discorso di presentazione del suo governo alle Camere. Dal governo Cavour in poi quelle virtuose indicazioni sono andate perdute, sempre più spesso negli ultimi anni nei quali i ministri della funzione pubblica sono state figure sbiadite, forse animate da buona volontà ma assolutamente inadeguate. Né si vede a breve qualche spiraglio che dia certezza di un cambio di passo.