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I burocrati del “NO”, la verità e il mito

di Salvatore Sfrecola

Stimo molto Guido Crosetto, che ho conosciuto da Sottosegretario di Stato alla Difesa a Torino, in occasione dell’inaugurazione di una caserma alla quale ero stato invitato come Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Piemonte. E ne apprezzai il linguaggio, poco incline al politichese, con il quale intrattenne i presenti, una variegata espressione di servitori dello Stato, civili e militari e di politici locali. Gli dissi subito che il suo discorso mi era piaciuto. Ed è noto che rifuggo da sempre da ogni piaggeria. E così l’ho visto con piacere al Governo, dove servono politici concreti che aggiungano ad una visione strategica del loro ruolo anche una conoscenza degli apparati. E quello della Difesa è, rispetto ad altri, più facilmente conoscibile per la speciale consapevolezza del servizio allo Stato che tradizionalmente permea i dipendenti in divisa e per la struttura gerarchica dell’organizzazione militare, più funzionale rispetto a quella civile. Del resto, Massimo Severo Giannini, un grande Maestro del diritto amministrativo, riconosceva nelle caratteristiche proprie dell’organizzazione militare la capacità organizzativa degli apparati “amministrativi” dell’Impero romano.

Questa premessa per annotare le dichiarazioni del Ministro Crosetto, riassunte nel titolo de Il Messaggero: “Mandare via i burocrati capaci di dire no o l’Italia non riparte”. Sembra ovvio. Come può un burocrate dire no all’autorità politica? Crosetto fa due ipotesi, convinto che c’è “una classe dirigente nei ministeri e in ogni settore della macchina burocratica che va cambiata in profondità. Non si può pensare di fare politiche nuove e diverse, se nei posti chiave tieni funzionari che hanno mentalità vecchie o servono ideologie di cui noi rappresentiamo l’alternativa”.

Partiamo dalla coda del ragionamento, che è poi quello che più appare rilevante nella visione del politico. I pubblici dipendenti, è scritto in Costituzione (art. 98), “sono al servizio esclusivo della Nazione”. Quindi non possono servire ideologie. Tuttavia, peccherei di astrattismo se non considerassi che in molte posizioni di rilievo i partiti che si sono alternati al governo hanno collocato persone a loro “vicine”. È un “patrimonio” che possono vantare i partiti della sinistra i quali hanno avuto la capacità di promuovere in posizioni, spesso di elevata di responsabilità, funzionari, di questi dobbiamo parlare evidentemente, che solo loro grati per la scelta. Si tratta prevalentemente delle nomine fiduciarie consentite dall’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 165 del 2001 che ha permesso, al di là della iniziale formulazione e dello spirito della norma, infornate di persone di fiducia dei ministri in carica. I quali, va detto per essere concreti e per avere contezza del fenomeno, hanno scelto spesso persone capaci, rimaste fedeli a chi li ha nominati ed agli ambienti cui i politici appartengono.

Di contro, governando il Centrodestra, sono stati prevalentemente scelti personaggi il più delle volte senza esperienza e professionalità specifica, per “sistemare” persone la cui vicinanza ai partiti non giustificava l’inserimento nella Pubblica Amministrazione. Semplicemente perché questi errori si pagano. Credo non servano altre spiegazioni.

Quanto ai funzionari con “mentalità vecchie” il rimedio è facile, basta che coloro che dirigono e trasmettono le disposizioni del ministro abbiano la capacità, perché dotati di adeguata professionalità ed esperienza, di guidare la macchina amministrativa la quale, Crosetto non può trascurarlo da persona con esperienza nell’imprenditoria privata, è come i politici l’hanno disegnata. I funzionari, infatti, qualunque sia la loro mentalità e simpatia politica applicano le leggi che la politica ha dato loro, norme che disciplinano le attribuzioni e le competenze e disegnano i procedimenti. Per cui se per un elementare procedimento devono intervenire più uffici, magari di amministrazioni diverse, è evidente che i tempi necessariamente si allungano, anche in una stagione nella quale le comunicazioni si fanno via mail.

Quindi se “ora ci vogliono 17 anni per realizzare un’opera pubblica”, come spiega l’on. Crosetto, la responsabilità è per gran parte della politica che ha scritto le norme sulle procedure e contestualmente ha depotenziato il corpo dei funzionari tecnici dello Stato, spesso ingegneri di valore ma disabituati a progettare e anche a monitorare l’esecuzione delle opere ed a collaudarle, se è vero, come insegna l’esperienza, che strutture appena realizzate o ristrutturate hanno bisogno di rilevanti interventi manutentivi. Sempre per tornare all’amministrazione dell’Impero romano, mi viene da pensare che con le procedure e i tecnici di oggi il Colosseo non sarebbe andato oltre il primo piano!

C’è, poi, il ritornello della “paura di firmare”, come nel titolo di un’intervista concessa al Corriere della Sera del 28 novembre 2022 dal Ministro dell’ambiente Pichetto Fratin per il quale bisogna mettere i funzionari “nelle condizioni che se firmano un atto non vengono poi perseguiti”. Che appare di una enormità evidente. La regola che “chi sbaglia paga” non può mai essere abbandonata soprattutto quando la firma di un pubblico funzionario favorisce illecitamente un privato o determina spese eccessive o inutili che gravano sul bilancio dello Stato o dell’ente.

La classe politica, come si pone il problema dell’ambito nel quale opera oggi il reato di “abuso d’ufficio”, e discute se definirlo meglio o addirittura abolirlo, deve considerare anche il ruolo dei controlli preventivi di legittimità, negli anni scorsi drasticamente ridotti, che possono escludere la colpevolezza del funzionario in sede di accertamento dell’eventuale danno erariale di competenza della Corte dei conti. Ma non va esclusa anche la considerazione del livello di preparazione professionale dei funzionari, perché certo che molti, fra quanti hanno paura di firmare, sono consapevoli di avere una scarsa conoscenza delle leggi, dei regolamenti e della giurisprudenza. Chi ha esperienza concreta delle Pubbliche Amministrazioni sa che il livello della professionalità di chi è tenuto ad adottare atti importanti è nettamente e progressivamente diminuito. Con la conseguenza che, se chi sbaglia non viene perseguito, per richiamare quanto ha detto il Ministro Pichetto Fratin, il responsabile dell’illecito è salvo ma lo Stato o l’ente pubblico si tengono il danno. Che non mi sembra una conclusione cui dovrebbe guardare un Governo di Centrodestra.

Ma non è tutto qui. E torno su un tema trattato più volte. Anche con i migliori e più fedeli funzionari, con leggi riformate e semplificate, i ministri devono fare sempre i conti con i loro più stretti collaboratori, quelli che operano negli “uffici di diretta collaborazione”, che sono i Gabinetti e gli Uffici legislativi. A dirigerli sono, di consueto, magistrati amministrativi e contabili, scelti per la specifica professionalità ed anche per l’indipendenza che naturalmente si connette alla toga. Tuttavia, sarebbe ingenuo trascurare che questi personaggi, che spesso sono nel “giro” delle collaborazioni ministeriali da molti anni, non abbiano dimestichezza con la parte politica cui appartiene il ministro che li ha scelti. Pertanto, il Governo che, a detta di Crosetto, ritiene che la macchina burocratica “va cambiata in profondità” avrebbe dovuto cambiare innanzitutto i Capi di Gabinetto, la maggior parte dei quali, invece, ha solo cambiato ministero. Ed invito Crosetto a considerare quale sensazione abbiano i dirigenti dell’amministrazione i quali vedono che i più vicini collaboratori di un ministro di Centro destra sono gli stessi del Governo Draghi, anzi dei Governi Conte 1 e 2, per non andare a Gentiloni ed a Renzi. In uno di quei governi un ministro leghista aveva un Capo di gabinetto, certamente persona di valore, notoriamente dell’ultrasinistra.

Scorrere l’organigramma di questi uffici è istruttivo. E può essere la ragione dei “freni” che la politica oggi denuncia. È accaduto anche nel 2001-2006, ai tempi del Governo Berlusconi. Ma non sembra che quegli errori, conclamati e ben noti perché ne hanno scritto in molti, sia stato d’insegnamento.

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