di Salvatore Sfrecola
La nota “stonata”, è il caso di dirlo poiché in danno anche dei docenti di musica, è quella dell’ARAN, l’Agenzia di negoziazione della contrattazione collettiva, che non ha alcuna comprensione per le richieste del personale dei Conservatori di musica e delle Accademie d’arte in sede di rinnovo del CCNL relativo al comparto della scuola secondaria a cui afferisce oggi il personale delle istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM). Infatti, dopo la chiusura del loro comparto – nel 2016 – per volontà delle confederazioni sindacali e il loro inglobamento nel neonato comparto “Istruzione e Ricerca”, i circa diecimila dipendenti di Accademie e Conservatori risultano ben poca cosa rispetto al milione e duecentomila addetti al settore Scuola, a cui si affianca il personale della Ricerca e dell’Università (tecnico-amministrativo). In questo contesto l’ARAN ha imposto un unico contratto ed ha previsto un limite ai partecipanti alla trattativa, in presenza, non più di 2 persone a sindacato. “Ciò significa, per la legge dei numeri – ci dice Dora Liguori, Segretario Generale dell’Unione degli Artisti (UNAMS) – l’impossibilità per i sindacati della scuola di lasciare spazio a trattare ai rappresentanti di Accademie e Conservatori. Una decisione dell’ARAN che va anche a confliggere con il “Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la Definizione dei Comparti e delle Aree di Contrattazione Collettiva Nazionale” siglato appunto nel 2016 e che, volendo in qualche modo garantire i comparti soppressi, all’Art. 8, testualmente recita: “Ferma restando la finalità di armonizzare ed integrare le discipline contrattuali all’interno dei nuovi comparti o aree, il contratto collettivo nazionale di lavoro, nella sua unitarietà, è costituito da una parte comune, riferita agli istituti applicabili ai lavoratori di tutte le amministrazioni afferenti al comparto o all’area e da eventuali parti speciali o sezioni, dirette a normare taluni peculiari aspetti del rapporto di lavoro che non siano pienamente o immediatamente uniformabili o che necessitino di una distinta disciplina. Le stesse possono anche disciplinare specifiche professionalità che continuino a richiedere, anche nel nuovo contesto, una peculiare regolamentazione”.
“In democrazia – aggiunge la Liguori– e con un governo che si dichiara di stampo liberale le delegazioni sindacali sono libere, al più si può regolare il numero e il tempo degli interventi”.
E, comunque, la cosa più grave della vicenda, consiste nel fatto che l’ARAN non ha tenuto conto nemmeno del documento rimesso e firmato da tutti i rappresentanti sindacali di categoria di Accademie e Conservatori, con le richieste più necessarie ed urgenti. A livello, poi, economico, il disastro è ancora più rilevante poiché, i professori di Accademie e Conservatori di Musica, pur rilasciando una laurea accademica di primo e secondo livello, con questo contratto, avranno uno stipendio, ormai di poco superiore a quello dei professori di liceo, con in più l’aggravante che non saranno destinatari né dei 100 milioni trovati dal Ministro Valditara (una tantum) per la sola scuola secondaria, e neppure del famoso “bonus” di 500 euro, ugualmente destinato alla scuola di ogni ordine e grado.
Tutto ciò in barba al dettato costituzionale (l’art. 33) che pone sullo stesso piano “le istituzioni di alta cultura, università ed accademie” (intendasi anche Conservatori di musica), le quali “hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”, che per Conservatori ed Accademie è la legge n. 508 del 1999, alla quale non è stata data ancora integrale attuazione. Ciò che impone di uniformare lo stato giuridico dei professori AFAM con quello dei professori universitari (status vigente in tutta Europa e nel mondo) per rientrare nel cosiddetto “sistema pubblicistico”, ossia nella disciplina, per legge, dello stato giuridico e del trattamento economico degli addetti a queste istituzioni. Infatti, la possibilità per le Istituzioni AFAM di esercitare finalmente le autonomie previste dalla legge è negata, persistendo il sistema dei comparti.
La parte economica del contratto, come sopra accennato, è stata già siglata dal Ministro Valditara e la parte normativa lo sarà a breve. Una volta accontentata la scuola nessuno dei sindacati si farà scrupolo di non firmare il contratto, nonostante nulla sia stato recepito delle richieste sindacali.
Purtroppo, Accademie e Conservatori sono di competenza di due ministeri, dell’istruzione e della ricerca, il primo per gli aspetti normativi ed economici, il secondo per i titoli di studio rilasciati. Con la conseguenza che queste istituzioni finiscono per essere schiacciate, da un lato dalla scuola secondaria, dall’altro dell’università. Per cui l’appello al Ministro della ricerca, Anna Maria Bernini, perché integri, secondo le richieste, unanimi, dei sindacati di categoria gli atti d’indirizzo formulati dal Governo Draghi.
Infatti, vale la pena di ripetere che la permanenza del personale di Accademie e Conservatori di musica, immessi dal 2016 all’interno del comparto scuola secondaria e non nel sistema dei professori universitari abbia già determinato un deterioramento pauroso delle Istituzioni. E ciò per il mancato rispetto delle autonomie e del dettato costituzionale che non può essere garantito, come ovvio, al tavolo di una contrattazione, il quale, piuttosto che autonomie, impone regole. Da ciò il contrasto continuo che da anni avvelena la vita di queste Istituzioni, le quali, definite nel mondo, le eccellenze delle eccellenze italiane, per “merito” di una certa politica, vigente da anni, stanno per essere distrutte.
Accademie e Conservatori di musica, dunque, pur destinatari di autonomia costituzionalmente garantita (art. 33, comma 6), si vedranno applicare un testo di fatto non negoziato, economicamente penalizzante, per molti aspetti inapplicabile ed in ogni caso foriero di contenziosi (per la gioia degli avvocati).