di Salvatore Sfrecola
La politica evita accuratamente l’impopolarità, preferendo seguire le opinioni di quella parte dell’opinione pubblica che ritiene di poter annoverare tra i propri elettori. Poi c’è la politica con la “P” maiuscola, quella che ritiene necessario mantenere fede ai principi ed ai valori di riferimento. Come ha fatto Giorgia Meloni, ribadita ancora una volta a Kiev, in visita all’Ucraina aggredita dalla Russia. Ed ha fatto un parallelo pertinente, quello col nostro Risorgimento, quando vennero a combattere ed a morire per la libertà e l’unità d’Italia uomini liberi provenienti da ogni parte d’Europa. Al tempo in cui gli italiani imbracciavano il fucile per combattere, accanto ai patrioti locali, per la libertà e l’indipendenza di quei paesi, come in Grecia, insorta per scrollarsi di dosso il giogo dell’Impero Ottomano. E lì a Sfacteria, dinanzi all’isola di Navarino, lasciò la giovane vita il nobile piemontese Santorre di Santa Rosa, Conte di Pomerolo. Si era arruolato come soldato semplice nell’esercito greco, lui che aveva rivestito l’uniforme di ufficiale del Regno di Sardegna.
Nel richiamare il Risorgimento nazionale Giorgia Meloni ha testimoniato anche che la libertà e la democrazia sono ambizione delle minoranze che evocano ideali che alle masse spesso sono ignote, preoccupate del quotidiano, degli interessi materiali, non certo vili ma da accantonare quando preme la difesa di diritti e valori fondamentali come la democrazia e la libertà. Per la quale i combattenti dell’800 si battevano ovunque la libertà fosse in pericolo o rivendicata.
Ha fatto bene, dunque, Giorgia Meloni a fare questo “richiamo alle radici di questo Paese e anche alle lotte che l’Italia ha fatto per essere quello che è diventata oggi”, ha detto a FormicheGianfranco Rotondi. Ed ha aggiunto che “è chiaro che una leader politica che ha fatto dell’identità nazionale un tratto distintivo anche della sua attuale azione politica fa bene a richiamare questa storia che, osservo, non appartiene solo alla cultura libresca: torniamo a essere orgogliosi di queste pagine”.
Le conclusioni del parlamentare ex DC, ex Forza Italia sono nel senso che “le coordinate di Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, “sono esattamente quelle della migliore Democrazia Cristiana”. Un riferimento magari un po’ azzardato, considerata la matrice “papalina” del partito dei cattolici italiani sempre poco incline ad esaltare i valori del Risorgimento, ad assumere “l’ideologia risorgimentale” come “codice” etico-politico “della classe dirigente nazionale dopo la costituzione dello Stato unitario”, il “credo” politico – ha scritto Sergio Romano in Finis Italiae – “di coloro che si identificano con l’unità e hanno un evidente interesse ad assicurarne il buon funzionamento”.
Rotondi nel fare, dunque, un bilancio del viaggio della Premier a Kyiv, che giudica “un successo”, si sofferma sulle scelte che fin qui hanno caratterizzato l’azione di governo. Che si è schierato “con chiarezza dalla parte dell’Occidente e della cultura occidentale, prima che delle scelte politiche occidentali. E naturalmente la filiera è Europa, Occidente, America. Quindi le coordinate di Meloni sono esattamente quelle della migliore Democrazia Cristiana”. E la loda per il suo percorso politico “una traversata nel deserto”, senza mai essere “né un’estremista né una persona superficiale”, che non si fa “sorprendere impreparata” e sa fare “scelte coraggiose”, come ho scritto iniziando, quando non avevo ancora letto l’intervista a Rotondi.