di Salvatore Sfrecola
I commenti, di segno naturalmente diverso, che hanno accolto il monito con il quale il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha accompagnato la promulgazione della legge di conversione del decreto-legge del 29 dicembre 2022 n. 198, recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi” contenente le norme che hanno procrastinato l’applicazione della normativa europea sulla concorrenza al settore delle concessioni demaniali marittime hanno trascurato di riflettere sul ruolo del Capo dello Stato in rapporto ai poteri di Governo e Parlamento. E certamente saranno oggetto di discussione perché quelle parole indirizzate ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio a proposito del mancato rispetto della normativa sulla concorrenza scandiscono la distinzione tra un ordinamento parlamentare e la repubblica presidenziale della quale i destinatari della lettera del Capo dello Stato sono i paladini.
Il Presidente della Repubblica fa innanzitutto notare come la legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi” che contiene, in seguito all’esame parlamentare, 205 commi aggiuntivi rispetto ai 149 originari.
Il Presidente richiama, in primo luogo, le osservazioni della Corte costituzionale a proposito dei cosiddetti decreti “milleproroghe” i quali “sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale. Del tutto estranei a tali interventi – prosegue il Presidente – è la disciplina “a regime” di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono essere quindi oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all’art. 71 Cost.”.
Questi decreti “quando se ne smarrisce la ratio unificatrice, rappresentata dall’esigenza regolatoria di carattere temporale, si trasformano in decreti-legge omnibus del tutto disomogenei, vale a dire in meri contenitori dei più disparati interventi normativi”. Con palese violazione del “requisito dell’omogeneità di contenuto che la Corte costituzionale ha, in più occasioni, ritenuto oggetto di tutela costituzionale (si vedano le sentenze n. 247 del 2019 e n. 32 del 2014) e al rispetto del quale ho ritenuto di richiamare i Governi e il Parlamento della precedente Legislatura, con le lettere dell’11 settembre 2020 e del 23 luglio 2021”. Queste considerazioni – prosegue la lettera – “sono state ribadite dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 245 del dicembre scorso, proprio con riferimento ad un decreto-legge “proroga termini”, dichiarando illegittima una norma in materia tributaria in quanto del tutto estranea al contenuto e alla finalità del decreto-legge originario e considerando del tutto irrilevante il fatto che nel preambolo del decreto-legge vi fosse un riferimento alla «straordinaria necessità ed urgenza di provvedere alla proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di adottare misure in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie». Se così non fosse, la semplice evocazione della materia tributaria nell’epigrafe e/o nel preambolo potrebbe avere la conseguenza paradossale di «diventare lo strumento per vanificare i limiti costituzionali all’emendabilità del decreto-legge in sede di conversione; ciò a detrimento delle ordinarie dinamiche del confronto parlamentare, così prefigurando un procedimento legislativo alternativo a quello ordinario, anche mediante il ricorso al maxiemendamento e alla questione di fiducia».”
Tanto premesso il Capo dello Stato richiama il proprio “dovere di porre in evidenza come varie nuove disposizioni introdotte in sede parlamentare non corrispondano ai principi e alle norme costituzionali in materia. Riscontro infatti la presenza di norme che non recano proroghe di termini in senso stretto ma provvedono a introdurre o a modificare la disciplina sostanziale a regime in diverse materie, ovvero risultano funzionali a disporre un mero finanziamento ovvero un rifinanziamento di misure già scadute. Numerose risultano, in particolare, le norme prive di riferimenti di carattere temporale in materia di personale e di organizzazione della pubblica amministrazione, o, ancora, di carattere ordinamentale o anche con oneri per le finanze pubbliche. Nel corso dell’esame parlamentare dei decreti-legge emerge assai di frequente la tendenza a soddisfare esigenze normative eterogenee rispetto al contenuto originario dei singoli provvedimenti”.
Mattarella manifesta, quindi, apprezzamento per “l’iniziativa che il Presidente del Consiglio dei ministri ha di recente assunto, in dialogo con i Presidenti delle Camere, sottolineando l’abuso della decretazione d’urgenza e la circostanza che i decreti-legge siano da tempo divenuti lo strumento di gran lunga prevalente attraverso il quale i Governi esercitano l’iniziativa legislativa”. Ed ha convenuto sulle osservazioni del Presidente del Consiglio secondo le quali “un’inversione di tendenza potrà aversi con il recupero di un’adeguata capacità di programmazione legislativa da parte del Governo e di una corrispondente attitudine del Parlamento a consentire l’approvazione in tempi ragionevoli dei disegni di legge ordinaria”.
Il Presidente, nell’auspicare “rispetto a questa iniziativa del Governo… piena collaborazione istituzionale” invita “tutte le forze politiche a valutarla con senso di responsabilità” limitandosi ad “osservare come sia ormai evidente il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative. Tutto ciò – a giudizio del Presidente – acuisce i problemi e allunga i tempi dell’attività dell’amministrazione, disorientando amministratori, cittadini e imprese”.
E giunge a manifestare “specifiche e rilevanti perplessità”, in particolare, quanto alle “norme inserite, in sede di conversione parlamentare, in materia di proroghe delle concessioni demaniali e dei rapporti di gestione per finalità turistico-ricreative e sportive. Questa materia – prosegue la lettera del Presidente – è da tempo all’attenzione della Corte di giustizia europea che ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo la proroga delle concessioni demaniali marittime disposta per legge, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. Di recente il Legislatore, con la legge 5 agosto 2022, n. 118, tenuto conto delle sentenze definitive nn. 17 e 18 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, aveva prorogato le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive fino al 31 dicembre 2023 e aveva altresì previsto che, con provvedimento motivato dell’autorità competente, quando sussistessero ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, il termine di scadenza delle concessioni potesse essere differito fino al 31 dicembre 2024”.
Rispetto a tale quadro normativo “le modifiche odierne, apportate a tre articoli del decreto-legge e all’articolo 1 della legge di conversione, modificano in misura rilevante il quadro normativo sopra delineato. In particolare, il termine relativo all’efficacia delle concessioni demaniali viene differito dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024 e il termine entro il quale l’autorità competente può posticipare ulteriormente l’efficacia delle concessioni e dei rapporti in essere con atto motivato da ragioni oggettive viene differito dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025. Inoltre, le concessioni e i rapporti in essere continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori e – si aggiunge – fino all’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega in materia di affidamento delle concessioni (in scadenza il 27 febbraio prossimo) è fatto comunque divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni. Con l’effetto di creare ulteriore incertezza considerato che la delega in questione verrà meno fra tre giorni. Inoltre ai titolari di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali viene consentito il mantenimento dei manufatti amovibili fino al 31 dicembre 2023, con possibili casi di interferenza anche con provvedimenti giudiziari di demolizione in corso. Per le ragioni sopra esposte – conclude sul punto il Presidente -, le predette disposizioni del decreto-legge e della legge di conversione, oltre a contrastare con le ricordate definitive sentenze del Consiglio di Stato, sono difformi dal diritto dell’Unione europea, anche in considerazione degli impegni in termini di apertura al mercato assunti dall’Italia nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un ulteriore elemento problematico è legato al fatto che, alla luce delle pronunce dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha ritenuto “senza effetto perché in contrasto con l’ordinamento dell’unione europea” “qualsiasi ulteriore eventuale proroga che dovesse nel frattempo intervenire”, gli enti concedenti potrebbero ritenersi comunque legittimati a disapplicare le norme in contrasto con il diritto europeo e a indire le gare, mentre i controinteressati potrebbero essere indotti ad impugnare eventuali provvedimenti di proroga delle concessioni, alimentando ulteriormente il contenzioso”.
La lettera del Presidente Mattarella conclude sottolineando come, essendo emersi “molteplici profili critici, dei quali il più evidente è rappresentato dai ricordati emendamenti relativi alle concessioni demaniali”, sarebbe stato giustificato il ricorso all’esercizio “della facoltà attribuitami dall’articolo 74 della Costituzione”, cioè del rinvio della legge alle Camere perché provvedano ad un nuovo esame. Tuttavia “consapevole della delicatezza, sotto il profilo costituzionale, del rinvio alle Camere esercitato nei confronti di una legge di conversione di un decreto-legge, a pochi giorni dalla sua scadenza: farebbe, inevitabilmente, venir meno, con effetti retroattivi, in molti casi in maniera irreversibile, tutte le numerose altre disposizioni che il decreto-legge contiene, determinando incertezza e disorientamento nelle pubbliche amministrazioni e nei destinatari delle norme” il Capo dello Stato ha provveduto alla promulgazione della legge anche “considerato come l’iniziativa assunta dal Governo che ho prima ricordato sia rivolta a ricondurre la decretazione d’urgenza entro i limiti costituzionali e a favorire una valutazione più rigorosa degli emendamenti”.
La lettera si chiude segnalando come “i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento” per “assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza e la tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con il diritto dell’Unione, nonché garantire la certezza del diritto e l’uniforme applicazione della legge nei confronti dei soggetti pubblici e privati che operano in tale ambito”.
Non solo. Il Presidente rileva “infine, che l’articolo 1-bis, commi 1-6, come si evince dalle quantificazioni della stessa relazione tecnica, reca una copertura finanziaria insufficiente in proiezione temporale che, al fine di assicurare il pieno rispetto dell’art. 81 della Costituzione, dovrà essere integrata con il primo provvedimento legislativo utile”.
Una lezione di diritto sulla quale, ovviamente, le opposizioni hanno molto ricamato, ma anche – ed è il tema dal quale hanno preso le mosse le iniziali considerazioni – una sottolineatura del ruolo del Presidente in una Repubblica parlamentare nella quale svolge un ruolo di terzietà, arbitrale, si dice anche, che non sarebbe possibile nella auspicata, da taluno, repubblica presidenziale dove il Capo dello Stato è anche il responsabile dell’esecutivo. In tale contesto, nonostante la presenza di un Presidente del Consiglio, nominato dallo stesso Presidente della Repubblica, è evidente che sarebbe stato pressoché impossibile una iniziativa come quella assunta dal Presidente Mattarella che risulta critica del ruolo del Parlamento ma anche dello stesso Governo che quegli emendamenti, sia pure di iniziativa parlamentari, ha evidentemente accettato.
Né sarebbe possibile individuare altra strada per attribuire ad un presidente “presidenzialista” un potere di interdizione, a tutela dell’ordinamento, come quello, di notevole rilievo politico, come la lettera richiamata o, ancor più, il rinvio alle Camere.
È una riflessione che devono fare i fautori della repubblica presidenziale che si ha l’impressione siano spesso trascinati dall’entusiasmo per la governabilità o, più spesso, per “l’uomo solo al comando”, senza riflettere sulla base dei una simulazione degli effetti che metterebbe in risalto pregi e difetti dell’ordinamento che propongono e del quale già sono stati messe in rilievo notevoli criticità.
Ho scritto troppo, ma credo fosse necessario o comunque utile richiamare ampie parti della lettera del Presidente della Repubblica anche per sottolinearne il ruolo nel momento in cui prende quota il dibattito sul presidenzialismo. E voglio richiamare uno scritto del Prof. Luigi Tivelli, presidente dell’Academy di cultura e politica Giovanni Spadolini, che ne ha scritto su Formiche. Che esordisce con una frase significativa: “cosa succederebbe se non ci fosse una figura di presidente della Repubblica, “uomo del silenzio” di solito, imparziale e al di sopra delle parti in questo strano Paese? Me lo chiedo perché mentre risuona nei media l’effetto della lettera del presidente Mattarella sul decreto milleproroghe sulla questione dei balneari mi suonano nelle orecchie le odi al presidenzialismo che durano da molti mesi in una fetta politica importante del Paese”.