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Un ricordo di Albachiara Ammendola

di Salvatore Sfrecola

I lettori mi perdoneranno se trascuro per un attimo il dibattito politico e culturale al quale mi dedico quasi quotidianamente per riservare un piccolo spazio di questo giornale a mia cugina, Albachiara Ammendola, figlia di una sorella di mio padre, che oggi avrebbe compiuto gli anni, di qualche mese “più grande” di me. La ricordo a quanti Le hanno voluto bene e l’hanno ammirata per la simpatia, per la verve tutta partenopea con la quale esprimeva la sua personalità esuberante. Soprattutto di derivazione paterna, un medico, ricercatore, molto estroverso, a fronte di una mamma, pugliese, austera, seppure ironica, docente di latino e greco molto apprezzata da studenti e genitori.

Alba, come la chiamavamo confidenzialmente, aveva manifestato la sua personalità nella gestione, insieme al marito, Francesco Caccavale, dell’Augusteum, il teatro che a Napoli, in collegamento col romano Teatro Sistina, ha garantito negli anni un cartellone sempre di altissimo livello. 

Quando ci ha lasciato, al suo funerale si è manifestato l’affetto e la stima delle istituzioni napoletane e del vasto pubblico del Suo teatro.

Manca a tanti.

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