di Salvatore Sfrecola
È molto probabile che, in vista del 25 aprile, giornata nella quale si celebra la liberazione dell’Italia settentrionale dall’occupazione tedesca (festa istituita dal Principe Umberto, Luogotenente Generale del Regno, con decreto-legge n. 185 del 22 aprile 1946), all’on. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e Presidente del Consiglio, si torni a chiedere di proclamarsi antifascista. Ed è ugualmente probabile che lei risponda che è stanca di essere “interrogata” sul fascismo, un argomento che, a suo giudizio, appartiene al passato. Già nel 2008 l’allora Ministro della gioventù pubblicò una lettera che proclamava: “Basta con questa storia del fascismo e dell’antifascismo”. Ed aggiungeva: i militanti di destra, “nati a ridosso degli anni ottanta e novanta” non potevano essere intrappolati in “uno spazio angusto di quasi cento anni or sono”. E il 25 ottobre scorso, parlando alla Camera, da Presidente del Consiglio ha elogiato la sua “comunità politica” per aver “compiuto sempre passi in avanti, verso una consapevole storicizzazione del novecento”. Ha aggiunto di aver “conosciuto giovanissima il profumo della libertà, l’ansia per la verità storica”, “proprio militando nella destra democratica italiana”. Ed ha precisato: “Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici”, compreso quello fascista”. Sicché potrebbe ripetere con Benedetto Croce “io vedo sempre luminoso l’avvenire che la libertà promette: non vedo luce alcuna in quello che promette l’autoritarismo”.
È importante che l’on. Meloni si proclami antifascista? Chi dice di sì lo sostiene perché la Repubblica, nata dalla Resistenza, è antifascista. Più esattamente è nata sul rifiuto del Fascismo. Ma si può anche dire che la Costituzione riconferma i valori liberali di uno Stato parlamentare rappresentativo in diretto collegamento con lo Stato unitario, appunto liberale e parlamentare, delineato dallo Statuto Albertino, che, per dirla con Calamandrei, era “chiaro e sobrio” ed ha retto l’Italia per quasi un secolo. In quel contesto il Fascismo, come ha affermato Benedetto Croce, è stata una parentesi nella storia costituzionale d’Italia.
È, dunque, sufficiente dire di essere per lo stato liberale,parlamentare e rappresentativo o è necessario aggiungere di essere antifascista? Credo che basti dire di credere nella democrazia liberale, necessariamente lontana mille miglia dal Fascismo che i principi statutari ha progressivamente cancellato nel ventennio nel quale ha retto il potere, in qualche modo contenuto soltanto dalla presenza del Re, come dimostra l’esperienza successiva della Repubblica Sociale Italiana nata dopo che il Gran Consiglio del Fascismo, votando l’ordine del giorno Grandi, aveva inteso ripristinare la “legalità costituzionale” restituendo al Re i poteri statutari dei quali era stato privato. E così aveva certificato la conclusione dell’esperienza fascista.
A mio giudizio, da uomo “del Risorgimento liberale” è sufficiente che l’on. Meloni, come ha fatto più volte, affermi di credere nella democrazia parlamentare, come, del resto, dimostra guidando un partito che si confronta con gli altri nel pubblico dibattito elettorale ricevendo significativi consensi.
Noi crediamo nella libertà, ripetiamo con Benedetto Croce e Luigi Einaudi, quella libertà che è incompatibile col Fascismo. Siamo, quindi, anche antifascisti ma riteniamo che ingabbiare il confronto politico in Fascismo/Antifascismo sia una limitazione che fa comodo solamente a mantenere viva una polemica che la maggior parte degli italiani ritiene superata perché la scelta per la democrazia è irreversibile e confermata dalla Carta costituzionale.
Aldo Cazzullo ha scritto “non credo che Giorgia Meloni sia antifascista. Ma non credo neanche che sia fascista, credo che sia anti-antifascista”.
Credo veramente che la polemica possa e debba essere archiviata nell’interesse del nostro Paese che ha tanti problemi da affrontare in tema di sviluppo e crescita con provvedimenti urgenti e, possibilmente, condivisi. L’opposizione, ove dissenta, frusti il Governo sulle politiche pubbliche definite dalla maggioranza ma eviti di ideologizzare ogni momento della vita politica. Gli italiani, che attendono misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita non capirebbero.
Caro Direttore,
il dilemma non è fascismo o antifascismo, che comincia a rendersi ridicolo.
Il dilemma è Repubblica presidenziale o Monarchia parlamentare, anche se futuribile.
Purtroppo, Giorgia Meloni sostiene la Repubblica presidenziale o semipresidenziale che sia; ed io
non ne voglio nemmeno sentir parlare!
Altro argomento, che butto lì : che pensi della cretinata di multare chi usa termini inglesi? Questo sì che è ritorno al passato! Meloni deve guardarsi dai suoi, piuttosto che dagli oppositori palesi, credo di averlo già scritto.
Per combattere gli anglicismi basta insegnare l’italiano. dalla materna all’università; non viene più fatto ,e non per colpa dei docenti ;,o, almeno, nella maggioranza dei casi.
Michele D’Elia
Direttore R. di Nuove Sintesi