di Salvatore Sfrecola
Ricordate il severo monito di Guido Crosetto sui burocrati “che servono le ideologie dell’opposizione”? Cioè gran parte dei dirigenti “nominati” dai precedenti governi. Ebbene, il Consiglio dei ministri “avrebbe deliberato” di stabilizzarli. Non dovranno più attendere con ansia la scadenza del contratto nel timore di non essere confermati. Ho usato il condizionale perché la decisione della stabilizzazione di cui si è molto parlato e scritto non risulta dal comunicato stampa del 6 aprile, secondo il quale “il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, ha approvato un decreto-legge relativo al rafforzamento della capacità amministrativa in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni… al fine di consentire… il potenziamento delle proprie strutture, con particolare riguardo a quelle coinvolte nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) o nella tutela della salute e dell’incolumità pubblica. Il testo innalza al 12%, fino al 31 dicembre 2026, la percentuale massima per la copertura con personale estraneo alle amministrazioni pubbliche dei posti dirigenziali di amministrazioni che rivestono il ruolo di stazioni appaltanti per il PNRR”.
Del decreto-legge non v’è, ad oggi, traccia.
Naturalmente c’è di tutto tra i dirigenti nominati ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 165 del 2001, una norma nata per far fronte all’ipotesi, assolutamente residuale, di ricorrere ad un esterno nel caso l’Amministrazione non disponesse della professionalità richiesta. Nel tempo è stata prevista la possibilità di nominare anche “interni”, sorvolando spesso sul curriculum che, a leggere la norma, avrebbe dovuto attestare una professionalità di grande rilievo. È così avvenuto che nelle Agenzie fiscali siano stati nominati molti senza requisiti, spesso scelti fra quanti non avevano superato i concorsi a dirigente, approfittando della circostanza che per quelle nomine non è previsto il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti che nei ministeri, invece, ha garantito la corretta applicazione della norma.
Al di là della legittimità delle nomine, sta il fatto di un Governo che si vanta di essere “di destra” o di “centrodestra”, invece di ripristinare il corretto sistema di reclutamento dei dirigenti attraverso concorsi selettivi, e dimostrando di ignorare che l’Agenzia delle entrate, ad esempio, pur disponendo di idonei nei precedenti concorsi, non li assume, come prima cosa consolida i dirigenti nominati dai governi precedenti, prevalentemente dai ministri del Conte 1 e del Conte 2. Del resto, nella scelta dei primi collaboratori, Capi di Gabinetto, Capi degli Uffici legislativi e Consiglieri giuridici, molti ministri dell’attuale Governo hanno confermato coloro che assistevano i loro predecessori, tanto che si sente dire, nei corridoi di alcuni ministeri, che a comandare è ancora il precedente ministro. Una buotade? Forse.
È una situazione che mi ricorda il Governo Berlusconi-Fini, quando furono fatti gli stessi errori. I nominati del Governo D’Alema e precedenti, rimasti al loro posto, s’incontravano per una pizza e assicuravano gli incerti, come qualche amico fidato mi riferiva: “non vi preoccupate questi se ne andranno presto”. Infatti, funzionari “simpatizzanti” delle sinistre si trovano dappertutto nella P.A., silenziosi, ben noti e protetti. Sanno che saranno tutelati. Chi si fa riconoscere come di destra viene massacrato.
E così, mentre si preoccupano di non scontentare i loro predecessori, secondo l’antica tattica del “pararsi” a sinistra, una costante dei governi di Centrodestra, i ministri decidono che non va abrogata la cosiddetta “legge Madia”, che impedisce di utilizzare magistrati e dirigenti in pensione, così privandosi della possibilità di avvalersi come consulenti di qualche personalità con grande professionalità ed esperienza, che al momento sono prevalentemente “di destra”. Attenzione, si parla di qualche unità, meno delle dita di una mano, come l’esperienza insegna. Anzi in alcuni governi non c’è stato nessun pensionato negli staff dei ministri. Ed hanno fatto intendere, mi auguro in buona fede, che si trattasse di un battaglione. “La carica del pensionati d’oro”, si è sentito dire. Un evidente errore di valutazione perché la maggior parte dei pensionati dotati di elevata professionalità, quando non si dedicano ai loro studi, a figli e nipoti, preferiscono fare i consulenti, i docenti, gli avvocati, gli opinionisti. Tenuto anche conto del fatto che, per effetto del tetto alle retribuzioni, non riceverebbero, nella maggior parte dei casi, neanche un compenso minimo.
Insomma, si è sollevato un inutile polverone richiamando l’esigenza di tutelare le aspirazioni dei giovani, aspirazioni poi mortificate perché, invece di fare i concorsi, una speranza per chi s’impegna e studia, si consolidano le posizioni dei privilegiati, i “nominati”.
“Conoscere per deliberare” è stata la regola di Luigi Einaudi. Qui si delibera senza conoscere. Gravissimo, soprattutto nella prospettiva del quinquennio appena iniziato.