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La DIRSTAT ribadisce l’obbligo del concorso nell’accesso alla dirigenza. E il ruolo della reggenza nelle more dei concorsi

La Federazione Dirstat – FIALP, il Sindacato della dirigenza pubblica – Dipartimento DIRSTAT (www.dirstat.it; dirstat@dirstat.it; dirstat@legalmail.it) interviene, per la penna del dottor Pietro Paolo Boiano, Segretario Generale Aggiunto, con un comunicato stampa sul tema dell’accesso alla dirigenza pubblica, per la quale la Costituzione prevede la regola del concorso (art. 98). Affronta anche il tema delle funzioni vicarie in caso di assenza del dirigente alla guida di un ufficio. Da attribuire al funzionario più elevato in grado, una scelta non discrezionale ma obbligata, da un lato per evitare l’interim di dirigenti evidentemente impossibilitati di seguire, con il medesimo impegno, due o più uffici. In questi casi va nominato un reggente che, tra l’altro, valorizza funzionari con capacità organizzative e direttive maturate sul campo.

Ecco il testo del comunicato:

“E’ intollerabile che ancora si discetti sulla copertura di sedi dirigenziali vacanti, mentre permane l’odioso andazzo di privilegiare il “favor” a dispetto dello”jus”. Non si può continuare ad ignorare che la giustizia amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) e la Corte Costituzionale hanno ribadito il principio secondo cui l’accesso nella PA deve avvenire in via esclusiva mediante concorso pubblico, così escludendo il ricorso a procedure che si pongano in chiaro ed aperto contrasto con il dettato costituzionale(artt. 3/51 e 97 della Carta). E’ tale la lampante coincidenza del giudicato reso dalla giustizia amministrativa con il giudizio definitivo pronunciato dal Giudice delle leggi, che discostarsene, o peggio non darsene per inteso, oscura la luce del diritto e lede la dignità di quanti ne restano penalizzati. E’ tempo allora che si cambi registro, che si abbandonino percorsi tortuosi e cessino comportamenti dilatori, quando non anche volutamente maliziosi. Non c’era alcun bisogno di scomodare le alte sfere della Giustizia per sapere che l’accesso ai pubblici impieghi non può che avvenire mediante concorso pubblico. Non deve accadere che trascorrano tempi biblici tra il bando e l’espletamento di un concorso.

L’urgenza di alleggerire le lungaggini delle procedure concorsuali serve a coprire le vacanze nelle sedi dirigenziali in tempo ragionevolmente breve. Come è noto, è previsto che una volta bandito il concorso (condicio sine qua non!) è consentito coprire la vacanza mediante l’istituto della reggenza come regolata dall’art. 20 del DPR 8/5/1987 n. 266. Orbene, anche a tale riguardo sono da muovere forti doglianze all’AF che disattende il dettato normativo sopracitato. In subiecta materia è consentito avvalersi dell’istituto della reggenza da affidare in via esclusiva a soggetti che in base al grado possono svolgere funzioni dirigenziali.

Alle condizioni date ed in presenza dei requisiti di straordinarietà e temporaneità vi è il concorde avallo della Cassazione e della Corte Costituzionale. Ciò che non si può fare e che l’AF intende invece fare è l’affidamento ad interim delle sedi vacanti. E’ un rimedio ad un male esistente (sedi dirigenziali scoperte) ne aggiunge un altro ed è la pretesa  che un dirigente debba avere il dono della ubiquità. E’ già accaduto in passato che gli incarichi ad interim hanno prodotto seri danni per cui si auspica una pausa di approfondimento che eviti complicazioni gestionali in aggiunta ad inevitabili proteste di quanti non accettano ingiuste penalizzazioni.

La classe dirigente della PA, soprattutto quella dell’AF, non può essere quindi un’invenzione e meno che mai può nascere da improvvisazioni, quando non anche da complicati marchingegni amministrativi. Servono perciò dirigenti riconosciuti dalla legge per gestire compiti delicati e complessi e non controfigure calate dall’alto. Se ne facciano carico i vertici ministeriali, se ne assuma la responsabilità la  classe politica. E’ questa la strada maestra per creare orizzonti operativi di eccellenza”.

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