di Salvatore Sfrecola
“Governo autoritario se non accetta il dissenso”. Così parlò Elly Schlein, come si legge su tik tok a commento della contestazione della quale è stata vittima Eugenia Roccella, Ministro per la famiglia, al Salone del Libro di Torino, dove intendeva presentare un suo libro. Tutti abbiamo visto nei servizi televisivi la rumorosa performance di un gruppo di donne che hanno impedito alla Roccella di parlare. E lo chiamano dissenso! Certo non è l’espressione che in un paese liberale può definire una divergenza di opinioni se non consente il confronto, se non permette al contestato di dire la sua. Così è accaduto a Torino, sicché il Ministro Roccella ha dovuto abbandonare la sala.
Ministro e autrice del libro, due condizioni che in un paese liberale consentono sempre il confronto delle idee, anche polemico, ma sempre civile. Il fatto che ad Eugenia Roccella non sia stato consentito di dire la sua denuncia atteggiamenti di inammissibile intolleranza, estranei alla normale dialettica delle idee in un ordinamento democratico, in forme che sono state definite “squadristiche” ad evocare un regime, il fascista, che a parole i contestatori respingono in quanto si definiscono “antifascisti”.
Ebbene, quanti denunciano gli atteggiamenti illiberali e intolleranti di quel regime oggi ne assumono i comportamenti più odiosi. Del resto non nuovi se si considera che perfino a Papa Benedetto XVI è stato impedito di parlare all’Università di Roma, lui che è prima di diventare Papa è stato un illustre professore universitario. Dice bene Alessandro Campi che ne ha scritto su Il Messaggero: “davvero un capovolgimento orwelliano della realtà: i censori che accusano i censurati di essere anti-democratici solo perché non accettano che si tolga loro la parola nel nome della democrazia. Ma da dove nascono questa vocazione intollerante di una sinistra che pure non fa altro che parlare di libertà e dei pericoli che la minacciano e il fastidio dell’intellettuale medio di sinistra per le idee che non sono le sue?”
È inutile, dunque, chiedere ai “contestatori” di Eugenia Roccella di rispettare le opinioni altrui. In particolare il Ministro intendeva presentare non un libro politico, divisivo, come si dice, e neppure questo avrebbe potuto giustificare la contestazione, ma la sua autobiografia che racconta di sé, della sua infanzia, della sua formazione nel mondo radicale (il padre, Franco, ne fu uno dei fondatori), di Marco Pannella e Pier Paolo Pasolini. Profili di interesse certamente che ai contestatori di Extinction rebellion non interessava ascoltare. E così si sono manifestati per quel che sono, urlando e battendo i pugni, degli intolleranti antidemocratici incapaci di intavolare un confronto, magari polemico, con il ministro. Con la conseguenza, ha scritto Francesco Borgonovo su La Verità che in Italia il dissenso è legittimo “soltanto se autorizzato dai liberal-progressisti e ad essi gradito”. Ed ha ricordato come su La Stampa l’attivista Annalisa Gratteri ha detto che lei e le sue compagne non stavano impedendo a una intellettuale di esprimersi. “Stavamo contestando una ministra che sta rendendo più difficile la vita a persone che non si conformano all’unica visione di famiglia che secondo il governo esiste”. Una contestazione, dunque, riferita al contenuto delle scelte che caratterizzano il Governo Meloni in tema di famiglia.
La precisazione non modifica il giudizio su un’azione di disturbo che manifesta intolleranza e, in fin dei conti, incapacità di interloquire, di presentare argomenti capaci di contrastare quelli che caratterizzano il programma di governo.