sabato, Novembre 23, 2024
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Governo – Corte dei conti, un “conflitto” che si doveva (e si poteva) evitare

di Salvatore Sfrecola

Saper fare politica non significa saper governare. I politici che hanno maturato una lunga esperienza di opposizione, in un paese democratico nel quale il Parlamento è sovrano ed è composto da personalità di vari partiti emerse dal confronto con l’elettorato, sono pronti a governare il giorno dopo le elezioni. Perché hanno osservato chi governa e imparato, non soltanto le tecniche legislative e amministrative, ma anche a gestire i rapporti tra le istituzioni. Queste hanno una funzione che travalica gli obiettivi dei partiti. Stanno lì nell’interesse dello Stato, quindi della comunità nazionale, e non sono di destra o di sinistra, ma di tutti.

Quando, nei giorni scorsi, su questo giornale ho ricordato il discorso con il quale il Ministro delle finanze dell’epoca, Quintino Sella, aveva inaugurato il 1° ottobre 1862 la Corte dei conti del Regno d’Italia, l’istituzione che sostituiva le analoghe Corti presenti negli Stati preunitari, ho tenuto a sottolineare come quel politico, che era anche un grande scienziato e che sarebbe diventato il leader della destra storica, si rivolgeva ai magistrati della Corte dei conti dicendo che il governo riconosceva loro il ruolo di “vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la legge”. Con l’aggiunta che “ove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito di darne contezza al Parlamento”.

Un ministro in carica che dice ai suoi controllori mi raccomando controllatemi perché in voi è la tutela della “pubblica fortuna” non si è più sentito.

Cos’è cambiato rispetto al 1862, oggi che Governo e Corte dei Conti si trovano a non condividere alcune valutazioni su dati che non sarebbe difficile controllare che un Ministro della Repubblica si scateni contro la magistratura contabile con espressioni che dovrebbe riservare ai rapporti con i suoi amici di partito?

È cambiato che la classe politica di oggi non è quella del 1862 e la destra italiana non è la destra storica, quella che aveva fatto il Risorgimento, con straordinario senso dello Stato tanto che quel Ministro, il Sella, appartenente ad una famiglia ricca con grandi attività imprenditoriali, all’atto della sua nomina aveva avvertito il nonno, il patriarca della famiglia, che “dal giorno del giuramento le imprese di famiglia si devono ritirare dagli appalti pubblici”.

Detto questo, anche nella prima Repubblica ci sono stati contrasti tra il governo e le magistrature e anche con la Corte dei conti, ma sono state risolte senza sparate sui giornali, con garbo istituzionale, con incontri nei quali si mettevano sul tavolo le opinioni divergenti per arrivare alla conclusione, legittima e conforme agli interessi pubblici. Perché questo non è avvenuto? Perché le persone non hanno avuto la capacità di incontrarsi e dialogare civilmente nel rispetto dei rispettivi ruoli, perché se, da un lato, il governo ha i suoi obiettivi e le sue finalità politiche, dall’altro, la Corte dei conti ha una funzione costituzionale rilevante ed antica. Infatti, forse non tutti sanno che la Corte dei conti che, prima della riforma di Cavour del 1852 si chiamava “Camera dei conti”, ha una storia antica. Faceva parte della Curia Regis, struttura istituita intorno al sovrano nel Regno di Francia, fin dal XIII secolo, al tempo di Re Luigi IX. In quella Curia si realizzavano le attività amministrative e di controllo. Quella Camera fu poi recepita nel Ducato di Savoia e, quindi, nel Regno di Sardegna. I magistrati di allora erano nominati dal Duca, non erano quindi formalmente indipendenti, come si è voluto successivamente proprio nella legge istitutiva della Corte dei conti nel Regno d’Italia. Eppure il Duca rispettava le loro decisioni e non poche volte, si legge nelle storie di questa antica istituzione, i magistrati dei conti avevano dovuto “dispiacere” il loro principe.

Io ho simpatia personale e stima per il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, non da oggi. E pur non condividendo tutte le sue istanze programmatiche, ad esempio il presidenzialismo, ho guardato con grande attenzione e fiducia al governo da lei presieduto. Mi addolora, dunque, che accanto a lei ci siano persone evidentemente immature per un ruolo di responsabilità nel governo del Paese, ancorché espressione di una maggioranza politica.

Mi auguro, in conclusione di queste considerazioni, che non vi siano altri conflitti fra governo e magistrature come questo che si doveva e si poteva evitare se gli interlocutori avessero avuto il tatto e l’esperienza di incontrarsi e confrontarsi.

Da ultimo vorrei far osservare a chi ha proposto di rivedere la disciplina dei controlli “assegnando una primazia a quelli comunitari rispetto a quelli nazionali” che a Bruxelles, anzi a Lussemburgo, c’è la Corte dei conti europea, che da sempre esercita i controlli con severa obiettività e indipendenza.

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