di Salvatore Sfrecola
Alla sua seconda edizione, “Che cos’è un museo” (Carocci editore, Roma, pp. 174, € 12,00) di Maria Vittoria Marini Clarelli, alto dirigente del Ministero della Cultura, con esperienza di insegnamento universitario di “Museologia” presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “La Sapienza”, consulente per l’arte contemporanea della Banca Europea degli Investimenti (B.E.I.), Soprintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, con importanti pubblicazioni (tra cui, Il museo nel mondo contemporaneo. La teoria e la prassi e Pezzi da museo. Perché alcuni oggetti durano per sempre), ci introduce in una sapiente e documentata ricostruzione dei cambiamenti che hanno riguardato l’evoluzione che negli ultimi anni ha interessato gli standard gestionali delle istituzioni museali, essendo cambiata la stessa filosofia che presiede alla esposizione di quanto viene offerto alla fruizione del variegato pubblico dei visitatori. Una evoluzione che i frequentatori hanno percepito da tempo sia nella organizzazione degli spazi, in modo che l’osservazione delle opere esposte faciliti la comprensione del loro significato artistico, sia nella articolazione dei locali destinati ad usi commerciali, complementari alla visita, come le rivendite di cataloghi, libri, cartoline e gadget vari, ovvero alla ristorazione e alla caffetteria, strutture che fanno di queste sedi di cultura anche importanti luoghi di aggregazione.
Osserva Maria Vittoria Marini Clarelli, nell’introduzione alla seconda edizione, che “il lockdown ha accelerato il dialogo da remoto, aumentando l’attenzione per i prodotti digitali e per l’interattività online, con conseguenze ancora difficili da prevedere per istituzioni che fondano la loro esistenza, e anche la specificità delle loro figure professionali, sulla percezione sensibile e diretta degli oggetti”. Con la conseguenza che, a suo giudizio, “i grandi musei dovrebbero saper cogliere l’occasione per riscoprire le relazioni coi cittadini, che rischiavano di passare in secondo piano rispetto ai grandi numeri dei flussi internazionali”.
Ebbene, “questa nuova edizione esce mentre quest’istituzione è costretta a ripensare sé stessa e a farlo rapidamente”. Perché il futuro dipende da come saprà evolvere senza dimenticare la sua storia e snaturare i suoi fondamentali. È questa la prospettiva nella quale l’A. si pone e che sviluppa nel libro per presentare ad un vasto pubblico di lettori ed agli addetti ai lavori l’evoluzione delle istituzioni museali, con i loro problemi e il fascino che le accompagna. Problemi di conservazione e fruizione, sicurezza e accessibilità, nel tentativo di dare un senso ad oggetti che costituiscono un’eredità del passato trasmessa per il presente e proiettata verso il futuro.
Museo, dunque, quale luogo nel quale prende forma l’esperienza della raccolta e conservazione a fini di studio e di esposizione di opere dell’ingegno insieme ad oggetti che sono testimonianza di usi e costumi di periodi precedenti che, in base alle caratteristiche e alle modalità di allestimento, si chiamano gallerie, gabinetti, studioli, stanze delle rarità e delle meraviglie. Nel tempo le collezioni in origine destinate all’uso privato cominciano dalla seconda metà del XVIII secolo ad essere aperte al pubblico. Così il museo diventa un’istituzione che assume sempre più finalità educative, espressione del diritto alla cultura, fra i diritti fondamentali nelle moderne costituzioni liberali.
Il museo, dunque, riflette il modo di interpretare il passato e di renderlo fermento attivo nella cultura del presente. Marini Clarelli, come aveva spiegato nella Introduzione alla prima edizione del libro, si propone di combinare “pur nei limiti di una trattazione sintetica e destinata anche ai non addetti ai lavori: il taglio storico, che guarda al museo dal punto di vista dell’evoluzione, e il taglio sistematico, che ne realizza la struttura e i meccanismi di funzionamento”. Prospettive entrambe, “necessarie per cogliere il senso profondo di un’istituzione che, in due secoli e mezzo d’esistenza, è stata oggetto di giudizi contrastanti proprio da parte della stessa classe intellettuale che l’aveva generata”. E richiama il pensiero di Walter Benjamin, Paul Valéry, Hans Georg Gadamer e Umberto Eco, che ha definito il museo “tomba per oggetti morti”, per concludere che “il museo è una delle istituzioni culturali più problematiche del nostro tempo e, anche per questo, una delle più affascinanti. Comprenderlo dunque è più difficile che giudicarlo”.
La tesi del libro, spiega Maria Vittoria Marini Clarelli, “è che il museo sia un luogo di dilemmi, un equilibrio sempre provvisorio ma possibile tra istanze che sembrano inconciliabili: conservazione e fruizione, sicurezza e accessibilità, decontestualizzazione e ricontestualizzazione, distanza e familiarità, interpretazione ed esperienza”. In quest’ottica il libro sviluppa le definizioni di museo raccontando come è nato e si è sviluppato, per spiegare, quindi, come funziona ed inquadrarlo nella realtà di oggi e nella prospettiva futura.
Il volume procede da una definizione di museo, un nome che evoca le muse, nella mitologia greca le figlie di Zeus, protettrici dei dotti e ispiratrici dei poeti. A loro era intitolato il luogo che, nel Palazzo Reale di Alessandria d’Egitto, ospitava il più famoso cenacolo intellettuale dell’antichità, il Mouseion, con la sua straordinaria biblioteca, l’osservatorio astronomico, il giardino botanico e l’istituto anatomico. Museo, dunque, è un nome che presto si afferma per designare raccolte naturalia e artificialia
Parte da queste considerazioni l’A. per spiegare come il museo, “luogo delle testimonianze visive, che riguardano la cultura e l’ambiente umano”, necessariamente abbia trasformato l’esposizione, cioè la presentazione e l’interpretazione degli oggetti, tenendo conto dell’esperienza che ha fatto intravedere nuove tecniche di presentazione, compresa l’illuminazione per meglio far conoscere le opere. E ci ricorda la definizione formulata dall’International Council of Museums (ICOM): “il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperto al pubblico, che acquisisce, conserva, ricerca comunica ed espone il patrimonio materiale e immateriale dell’umanità e del suo ambiente ai fini di educazione, di studio e di diletto”.
Naturalmente, aggiunge Maria Vittoria Marini Clarelli, il museo “è anche molto di più. È una struttura culturale, uno spazio fisico, un sistema di elaborazione e diffusione della conoscenza, un sistema di oggetti, un ordine dei concetti, un ordine delle cose, uno specchio dell’identità sociale, un servizio reso ai cittadini. Nel museo, insomma, convivono costantemente la dimensione immateriale e quella materiale, la teoria e la pratica, lo studio e l’organizzazione. È una realtà complessa ma con una struttura relativamente semplice, perché si fonda su quattro elementi: la collezione, il pubblico che la fruisce il personale che la gestisce e la sede che la ospita”. Tutti capitoli di questo libro attraverso i quali l’A. ci rende partecipi della realtà museale in modo che cattura l’interesse degli addetti ai lavori ma anche di ogni persona di cultura.
La presenza di una collezione è la ragione stessa della esistenza di un museo. Purtroppo, le collezioni non sono, com’è noto, interamente visibili. L’abbondanza di beni che deriva dalla nostra storia fa sì che gran parte degli oggetti è conservata nei depositi, destinati alla loro conservazione, alla rotazione espositiva, alla sostituzione delle opere concesse in prestito per mostre organizzate da altre istituzioni e soprattutto allo studio e alla ricerca.
Il pubblico si identifica nella comunità nazionale “che ha delegato il museo a preservare le testimonianze della propria identità e a renderle presenti nella cultura attuale” e nella prospettiva della futura fruizione.
Il personale del museo è l’insieme delle risorse umane che concorrono al suo funzionamento. Ognuno si rende conto della varietà delle figure professionali necessarie, della esigenza della loro formazione e dell’aggiornamento ai fini di mantenimento di standard professionali elevati, tutte condizioni che “rivestono un’importanza cruciale per raggiungere l’equilibrio – sempre difficile e mai dato una volta per tutte – tra le esigenze del pubblico (fruizione, comunicazione, accoglienza, comfort anche fisico della visita) e quelle della collezione (conservazione, documentazione, studio, cura, sicurezza) che nel museo si confrontano anche in modo conflittuale”.
La sede, il luogo, all’aperto o al chiuso è fondamentale e il libro richiama le varie realtà esistenti, segnalando, con l’apporto di importanti riferimenti al pensiero degli studiosi che se ne sono occupati, l’evoluzione dell’organizzazione degli spazi museali.
Qualche esempio, spesso ricorrendo alle parole del libro per segnalare il ruolo fondamentale che questo volume ha per coloro che si occupano della gestione dei musei e, in generale, per le persone di cultura che sono interessate, per studio o per svago, alla migliore possibile fruizione di un patrimonio che lungo più di tre millenni dà conto della storia del bel Paese, crocevia di esperienze artistiche che hanno accompagnato l’evoluzione della comunità italiana nelle sue articolazioni locali, motivo di attrazione per un pubblico variegato, implementato in modo significativo da quanti dall’estero vengono in Italia che riconoscono il luogo dell’arte e della cultura nelle sue varie forme. Un libro coinvolgente, gradevole nella stesura, documentato con sapiente scelta dei riferimenti a studiosi ed a luoghi sede di musei e di aree archeologiche.