di Salvatore Sfrecola
Il decreto recante disposizioni urgenti, tra l’altro, in materia “di contrasto agli incendi boschivi”, ha introdotto all’art. 6 del Capo IV, modifiche all’articolo 423-bis del codice penale con inasprimento delle pene ivi previste nei seguenti termini: 1. All’art. 423-bis del codice penale sono apportate le seguenti modifiche: a) al primo comma, le parole “da quattro” sono sostituite dalle seguenti: “da sei”; b) al secondo comma, le parole: “da uno” sono sostituite dalle seguenti: “da due”; c) dopo il quarto comma, è inserito il seguente: “La pena prevista dal primo comma è aumentata da un terzo alla metà quando il fatto è commesso al fine di trarne profitto per sé o per altri o con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti all’esecuzione di incarichi o allo svolgimento di servizi nell’ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incendi boschivi”.
Qualche giorno prima il Ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, aveva rilasciato un’intervista nella quale, sulla base delle informazioni del suo ufficio, ha confermato la prevalenza dolosa degli incendi che hanno devastato centinaia di ettari di bosco in Sicilia, Calabria e Sardegna. In alcuni casi gli incendiari sono stati identificati dai droni che, soprattutto in Calabria, sono stati messi in campo dalla Regione per contrastare gli incendi.
“Contrasto” è la parola chiave, come nel decreto-legge varato dal Governo. Ed è certamente necessario intervenire con norme penali più severe. Ma è comunque una lotta impari, non solamente perché non è facile individuare i piromani ma perché in ogni caso il conto degli incendi è salato, per l’impiego di Vigili del fuoco e delle Forze dell’Ordine, dei mezzi aerei e del rimboschimento. Né vanno trascurati gli effetti negativi sull’immagine del Paese. Che ne risente nel comparto turistico. È vero che altri paesi hanno sofferto nella torrida estate del 2023 incendi devastanti, in Grecia, a Corfù ed a Rodi, in Francia, in Spagna, fino alla lontana California. Ed è certo che qualcuno, in giro per il mondo, avrà enfatizzato le nostre disgrazie per convincere che sarebbe stato meglio scegliere altra località per le vacanze.
Due riferimenti storici ci dicono della repressione e della prevenzione. Nel 1808 Napoleone scriveva al Prefetto di un dipartimento della Francia meridionale ripetutamente devastato da innumerevoli incendi. Era, come sempre perentorio l’Imperatore dei francesi: “Signor Prefetto, ho appreso che vari incendi hanno recentemente danneggiato i boschi del Dipartimento affidato alle cure della S.V.. Poiché ciò deve assolutamente cessare, Ella mi userà la cortesia di fucilare sul posto le persone sospette d’aver dolosamente provocato gli incendi. Che se poi questi non cessassero, penserò io a darLe un successore”. La cronaca non riferisce sul numero delle persone fucilate, ma dice chiaramente che da quel giorno il fuoco lasciò in pace i boschi della regione.
Non è evidentemente un esempio da seguire.
È, invece importante ricordare un’altra circostanza, che attiene alla prevenzione. Alcuni anni fa, non ricordo esattamente, nei mesi a rischio di incendi furono organizzate esercitazioni militari tra i boschi dell’Aspromonte, con la presenza di Brigate alpine. E di incendi in quell’anno non c’è traccia. Anche la Sardegna, interessata da altre manovre militari, non ebbe incendi.
Questi ultimi riferimenti ci confermano che la strada maestra è quella della prevenzione, attraverso iniziative semplici, partendo dalla gestione del sottobosco, dove le sterpaglie, le foglie ed i rami secchi, che si accumulano nel corso dell’inverno e della primavera, costituiscono un innesco micidiale. Tenere pulito il sottobosco è espressione di quella “ordinaria amministrazione” che costituisce il primo dovere di chi governa, sempre ignorato dalla politica. Non fa notizia, non prevede tagli di nastri e passerelle dei politici. Ma assicurerebbe posti di lavoro, quindi un interesse per le popolazioni locali preoccupate delle condizioni dell’ambiente. Bonificare il sottobosco consentirebbe di recuperare legname che, immagino, può avere una proficua destinazione economica. Infine, e necessaria una vasta opera di riforestazione selezionando le essenze adatte allo specifico ambiente. E così il bel Paese continuerà ad essere attrattivo come è sempre stato per gli italiani e per i numerosi stranieri che lo visitano annualmente per godere dell’ambiente e, insieme, delle straordinarie ricchezze artistiche.
Alla vigilia del suo viaggio a Washington il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha preannunciato un piano straordinario di messa in sicurezza del territorio. Ho fiducia che le sue non siano parole al vento. Ma serve un coordinamento che recuperi le competenze sparse tra le amministrazioni dello Stato e quelle delle regioni e dei comuni. Cominciando da far funzionare l’esistente, immaginando un piano di sorveglianza, oggi possibile con strumenti che un tempo non avevamo, i droni per controllare le foreste, sensori e telecamere per segnalare in tempo reale l’inizio di eventi pericolosi, la dislocazione vicino alle località che sono state in passato interessate ad incendi di riserve di liquidi adatti allo spegnimento, stazioni di Carabinieri forestali nelle località a rischio.
Lo stesso piano potrà prevedere anche il controllo delle condizioni di deflusso delle acque ad evitare quelle esondazioni agevolate dall’accumulo di materiali lungo le sponde, le anse e sotto i ponti. Pioverà ancora ma i danni potranno essere evitati o limitati.
Insomma, ce la possiamo fare. Ma, come si dice a Roma “damose da fa”. Si nominano commissari straordinari per ogni attività, che si vuole accelerare. Presidente Meloni, anche per intervenire sul sistema idraulico forestale seve un forte coordinamento ed una mano ferma, cominciando a far funzionare le competenze un tempo dello Stato che, passate alle regioni, si sono dissolte nel nulla.