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Pio XII, il nazismo e gli ebrei in un libro di Andrea Riccardi

di Salvatore Sfrecola

“Pio XII è una figura controversa. Da un lato protagonista di azioni riconosciute a tutela delle vittime del nazifascismo, in particolare nei mesi drammatici dell’occupazione di Roma; dall’altro accusato per i troppi ‘silenzi’ a fronte delle notizie drammatiche che arrivavano in Vaticano, già dal 1939, dai territori occupati da Hitler a partire dalla Polonia”. Devo dire sinceramente che queste frasi nel risvolto della copertina del libro di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e storico del cristianesimo, “La guerra del silenzio – Pio XII, il nazismo, gli ebrei” (Laterza, Bari, 2022, pp. 361, € 25,00) sulle prime mi avevano lasciato perplesso. Poi la lettura del testo, che si avvale di ampia documentazione, tra l’altro proveniente dall’Archivio Apostolico Vaticano, riguardante il pontificato di Papa Pio XII ci offre una dettagliata e obiettiva ricostruzione di un periodo difficile, nel quale la Chiesa si è trovata a confrontarsi con realtà molto diverse e difficilmente influenzabili da un’autorità spirituale. Pio XII e l’ambiente Vaticano negli anni immediatamente precedenti la guerra e in quelli che l’hanno accompagnata ha vissuto una realtà che molto spesso gli storici non riescono a percepire compiutamente. Comodamente assisi nelle poltrone delle loro biblioteche, loro che “sanno tutto” quel che è accaduto, spesso si rivelano incapaci di percepire il pathos che ha accompagnato le personalità che hanno vissuto quell’immane tragedia che è la Seconda Guerra Mondiale. E se quella guerra è stata una tragedia per tutti, lo stata particolarmente per la Santa Sede e per il romano Pontefice che si è trovato di fronte ad una realtà molto diversa anche da quella della Prima Guerra Mondiale, con difficoltà di comunicazioni e con l’assoluta incertezza nella adozione di iniziative, quasi tutte con possibili conseguenze particolarmente pericolose per il clero e le popolazioni cattoliche. In Germania come nei paesi occupati dalle truppe tedesche, in un contesto nel quale i poteri della Santa sede erano estremamente ridotti e il Papa si trovava nella difficile situazione di dover decidere in rapporto ad una realtà che oggi noi conosciamo nei particolari e che allora era percepita con tante sfumature e tante diversità, quasi dall’essere tragicamente incredibile. La crudeltà dell’uomo sappiamo non ha limiti. Ma in questa occasione anche la fantasia non è riuscita rapidamente ad appropriarsi delle cose che accadevano nei paesi occupati dalla Germania. In questa realtà drammatica emerge la figura del Papa, con le sue fragilità, con le sue incertezze dovute non alla mancanza di consapevolezza del fatto e alla volontà di pronunciare alta e forte la condanna delle atrocità naziste, ma dalla obiettiva preoccupazione di non salvarsi l’anima con una denuncia nobilissima che avrebbe, con ogni probabilità, scatenato ulteriori repressioni e persecuzioni. Un Papa “enigmatico”, ricorda Riccardi che così lo definì Pasolini. E sottolinea come “Pio XII fosse generalmente salutato, nel dopoguerra, come una figura di pace, difensore dei ricercati e degli ebrei”. Aggiungendo che “il problema dei silenzi è un altro”. Come avrebbero detto e scritto scrittori, storici e filosofi. Tutti teorici che avrei voluto trovare al posto del Papa per assumere quelle decisioni che, a loro giudizio, il Santo Padre non ha preso. Probabilmente immaginando nel Papa un potere che, pur solamente spirituale, era, agli occhi dei belligeranti, in particolare del dittatore tedesco, certamente inferiore a quello d’un tempo che se esercitato con la condanna delle atrocità naziste avrebbe probabilmente provocato ulteriori lutti. Il libro richiama, al riguardo, uno scritto di padre Leiber su “La Civiltà Cattolica” nel quale affermava che il principio che guidava l’operato del Papa era “salvare la vita” alle persone: “In ogni caso, poi, doveva il papa pesare accuratamente il pro e il contro, per vedere se non fosse stato meglio tralasciare la protesta per evitare mali maggiori”. È la tesi di Papa Montini secondo la quale comportandosi altrimenti, Pio XII avrebbe aggravato la situazione delle vittime e dei perseguitati, non tanto quella della Santa Sede.

“La nostra ricerca – scrive Riccardi nelle conclusioni – non intende andare al di là dei suoi limiti, anche se tanti interrogativi si intrecciano. Non è chiamata ad assolvere o a condannare, quasi esistesse un tribunale della storia, ma cerca solo di ricostruire una vicenda. E oggi questa storia può essere meglio tratteggiata nella sua complessità grazie all’apertura degli archivi vaticani, alla quantità di studi disponibili, al minore addossamento cronologico (anche se questo non fa svanire le passioni, e giustamente)”. Senza nascondersi che “l’attesa così lunga dell’apertura dei fondi vaticani ha però favorito il consolidarsi di interpretazioni più rigide, perché non fondate spesso su fonti di prima mano”. Da questi documenti si rileva la consapevolezza nel Papa del suo dovere che cercò di gestire nella complessità della situazione percorrendo la strada difficile della imparzialità tra i contendenti. 

Emerge il dramma personale di quest’uomo, forgiato alla scuola della diplomazia vaticana, eppure tenuto ad affrontare una realtà che nessuno aveva certamente potuto immaginare. Un Papa che, immerso nella cultura europea con una speciale attenzione alla storia, alla filosofia e alla musica tedesche (amava straordinariamente Bach) era certo che il nazismo fosse (come avrebbe detto Benedetto Croce del fascismo in Italia) una parentesi drammatica nella storia di un grande popolo.

Il volume mette in risalto le relazioni che si erano sviluppate all’interno della Chiesa fra esponenti della curia romana e l’episcopato dei paesi occupati, in un Vaticano nel quale è anche difficile avere i consigli di personaggi che in qualche modo si riferivano a realtà culturali e politiche diverse. È tratteggiato per esempio con molta attenzione il rapporto del Santo Padre con il cardinale Tisserant il quale, scrive Riccardi, ricorda come in passato i Papi si siano pronunciati sulla guerra definendola giusta o no, fino a sciogliere i sudditi dall’obbedienza ai sovrani. Il cardinale suggeriva che “si potrebbe rammentare a tutti i combattenti che vi sono degli atti, per i quali la coscienza non può e non potrà dare mai un pacifico consenso, come bombardare ospedali, mitragliare donne e bambini in un campo, silurare senza preavviso un piroscafo innocuo, sparare contro naufraghi, rapire ragazze per violentarle, uccidere innocenti allo scopo di spaventare…”. Purtroppo, è stata proprio questo la guerra moderna che ha aggredito, come mai era accaduto, soprattutto le popolazioni civili per diffondere il terrore.

Qualche esempio per sottolineare la copiosa documentazione alla quale il libro di Riccardi fa riferimento, per mettere il lettore nelle migliori condizioni per approfondire un periodo storico particolarmente complesso nel corso del quale i protagonisti, a cominciare dal Papa Pio XII, sono stati chiamati ad affrontare una realtà che in gran parte hanno potuto conoscere solamente nel corso del tempo.

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