sabato, Novembre 23, 2024
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Ancora “cancel culture”: via il Natale nel rispetto delle “altre” culture, ignorando la nostra

di Salvatore Sfrecola

Ci aspettavamo una reazione più decisa alla proposta di rinominare la ricorrenza del Natale “festa dell’inverno” formulata, sembra, dal Preside dell’Istituto Universitario Europeo di Fiesole. Invece, assistiamo a modeste critiche anziché ad una indignata reazione all’ennesimo insulto recato alle tradizioni del nostro Paese e dell’Europa occidentale. Quasi che fossimo anestetizzati dalla continua accettazione tacita o, al più, con qualche timido borbottio, di usanze di minoranze straniere che nel nostro Paese pretendono di dettare le regole della convivenza in forza di un rispetto che non attuano nei nostri confronti.

Così in alcune scuole è stato abolito l’allestimento del Presepe per non offendere i musulmani o tolto dal menù delle mense la carne di maiale o la salsiccia, in ossequio a chi pratica altre abitudini alimentari. Il rispetto per coloro che seguono altre culture, proprio della nostra civiltà, deve partire dal necessario rispetto delle nostre leggi e delle nostre tradizioni perché è così che, con questo modo di “ragionare” sì è ammessa la violenza nei confronti delle donne, perché questo fa parte della cultura di chi proviene da certi paesi, e ci voleva l’assassinio della povera Saman Abbas, uccisa dai suoi familiari perché innamorata di un giovane cristiano, per risvegliare il rispetto delle regole del diritto che sono regole obbligatorie per tutti, da qualunque parte si provenga a qualunque cultura si faccia riferimento.

Abbiamo letto, dunque, con piacere il comunicato stampa dell’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.) rimasta fra le istituzioni che più tutelano l’identità nazionale, nella convinzione che il Sovrano di un popolo sia espressione della sua storia, delle sue tradizioni e dei suoi valori, il quale, a firma del suo Presidente, Avv. Alessandro Sacchi, afferma di aver appreso “con profondo, doloroso stupore l’iniziativa dell’Istituto Universitario Europeo di Fiesole il cui Preside avrebbe manifestato l’intenzione di rinominare la ricorrenza del Natale in “festa dell’inverno”, sembra per non infrangere le regole sull’uguaglianza etnica e non turbare gli appartenenti ad altre culture. È incredibile che in un contesto universitario, di studio e ricerca, che tra l’altro ha sede in una splendida badia, quella di San Domenico, testimonianza illustre di fede e di arte, sia smarrita la consapevolezza dell’identità italiana e si possa pensare di subordinare una tradizione risalente nei secoli, strettamente legata all’identità ed ai sentimenti della nostra gente, a presunte aspettative di immigrati i quali, peraltro, conservano gelosamente le loro culture.

Dopo l’ostilità al Presepe e ad alimenti tipicamente italiani, eliminati dalle mense delle scuole per non dispiacere i seguaci di altre abitudini alimentari, la proposta di eliminare la festività del Natale appare ai monarchici, gelosi custodi delle tradizioni nazionali, che rafforzano il presente e alimentano le speranze nel futuro, espressione di quella cancel culture che nega le radici identitarie dei popoli, il più valido antidoto all’imbarbarimento di una società sempre meno capace di custodire i valori civili e spirituali propri della gens italica”.

Lo condividiamo integralmente perché è venuto il momento di dire basta ad una deriva pericolosa, che mortifica i nostri valori e le nostre tradizioni in misura non più tollerabile che potrebbe essere fonte di reazioni, che dobbiamo assolutamente evitare, nei confronti di persone di fede islamica e luoghi di cultura e di culto dalle stesse frequentati.

Dobbiamo rispettare tutti ma pretendere uguale rispetto secondo l’insegnamento della Roma repubblicana ed imperiale che, accogliente nei confronti di tutti, a tutti richiedeva il rigoroso rispetto delle leggi e dello spirito della romanità. Accade, invece, oggi che, all’interno del “Piano per l’uguaglianza etnica e razziale” dell’ente fiesolano, finanziato da quell’Unione europea che, non va dimenticato, preferì negare le proprie radici giudaico-cristiane, come chiedeva il Santo Papa Giovanni Paolo II, si neghi il senso più profondo della Civiltà occidentale e dei suoi valori, da rivendicare proprio per essere l’alimento della libertà a fronte del fondamentalismo islamico che i valori occidentali nega in radice.

Avvenire, il giornale “dei” Vescovi scrive di “bufera sull’istituto universitario” senza manifestare un minimo pentimento per le responsabilità che il mondo cattolico ha nel degrado dei valori civili e spirituali della Nazione perché se le scuole espongono bandiere tricolori sdrucite e irriconoscibili, un vero insulto ai valori della Patria, le Chiese rivelano, giorno dopo giorno, un impoverimento della frequenza di fedeli.

E Avvenire ironizza: “guai a dire “Buon Natale!” all’Istituto universitario europeo di Fiesole. D’ora in poi ci si potrà, semmai, augurare “Buona Festa d’Inverno”. Dimenticando l’antico adagio “scherza coi fanti a lascia stare i Santi”. Magari ricordando le parole di un filosofo rigidamente laico, Benedetto Croce, il quale ammoniva che “non possiamo non dirci cristiani”. Consapevole dei valori che il Cristianesimo ha portato nel mondo, che, abolito il Natale, non potranno essere certamente sostituiti da “aspetti tradizionali e folcloristici (che) possono rimanere parte dell’evento”, come, bontà sua, ammette il Preside dell’Istituto fiesolano.

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