di Salvatore Sfrecola
Si sente dire che oggi sarà presentato in Parlamento il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per il 2024, approvato qualche settimana fa dal Consiglio dei ministri. E si è anche sentito e letto che dall’approvazione del Consiglio ad oggi sarebbero intervenute talune modifiche a seguito della sollecitazione dei partiti e della stessa Presidente del Consiglio che ha tenuto a smentire l’ipotesi, raccolta dalla stampa, di prelievi dai conti correnti personali, in caso di debiti col fisco. Si sente ancora dire delle richieste della Lega e di Forza Italia dirette a modificare o integrare alcune norme dello schema di disegno di legge.
Tutto normale, se questo dibattito avesse preceduto la deliberazione del Consiglio dei Ministri o avesse accompagnato l’esame del testo da parte delle Camere. Non è la mia una osservazione formale. Il Consiglio dei ministri approva un provvedimento e ne dà conto il verbale della seduta. Con la conseguenza che il testo, sia presentato in Parlamento con un decreto del Capo dello Stato, sia un qualunque altro decreto, deve essere conforme alla deliberazione del Consiglio dei ministri. È una regola del procedimento in quanto in tutti i casi nelle premesse è scritto “vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri del…”. Pertanto, in caso di modifiche successivamente s’impone una nuova deliberazione del Consiglio dei ministri limitatamente alle modifiche introdotte. In pochi minuti nel rispetto delle regole del procedimento che, se violate, potrebbero in particolare nel caso degli atti amministrativi, anche a contenuto regolamentare, essere inficiati da un vizio insanabile in quanto non conformi a quanto verbalizzato. Con una specifica responsabilità del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che svolge funzioni di Segretario del Consiglio dei ministri.
A Palazzo Chigi sorrideranno a queste mie osservazioni. Si è fatto sempre così, specie quando i provvedimenti vengono approvati “salvo intese”, ciò che significa che la cartellina riguardante il provvedimento approvato in questi termini è praticamente vuota. Non è successo mai nulla, nessuno ha avuto interesse, nell’impugnare un provvedimento dinanzi ad un giudice amministrativo, di eccepire questo difetto procedimentale. Ma può sempre accadere. Un penalista potrebbe immaginare che si sia consumato un falso.
Osiamo pensare che possa essere anche un argomento in caso di una legge approvata dal Parlamento sulla base di un disegno di legge governativo presentato alle Camere in forma diversa da quella che è stata approvata dal Consiglio dei Ministri.
Del rilievo della difformità del testo emanato rispetto alla deliberazione consiliare ho già scritto ed ho trovato un’autorevole condivisione, quella del Professor Michele Ainis, illustre costituzionalista, richiamata in un fondo su La Repubblica. Ma i soliti politici avranno sollevato il sopracciglio. Oibò, si è sempre fatto così, in Italia! Da una Repubblica all’altra. Forse sempre più spesso.