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La Fondazione Giuseppe Garibaldi propone a Mattarella di intitolare il Ponte sullo Stretto di Messina all’Eroe dei Due Mondi

di Salvatore Sfrecola

         L’impegno del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini e le disponibilità recate dal bilancio dello Stato per il 2024 fanno ritenere che l’iniziativa di un ponte che colleghi la costa calabrese a quella siciliana, il Ponte sullo Stretto di Messina, abbia assunto una maggiore concretezza rispetto al dibattito degli anni scorso ed ai dubbi sull’utilità dell’opera, sui rilevanti aspetti tecnici da superare e al reperimento delle risorse. E così comincia anche ad avanzarsi l’ipotesi del nome da dare al Ponte, un’opera in ogni caso straordinaria, il ponte ad una sola campata più lungo del mondo.

Una prima proposta proviene dall’on. Antonio Tajani, Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri: intestiamolo a Silvio Berlusconi, ha proposto lui che è anche il Presidente di Forza Italia. Sembra che la proposta sia collegata essenzialmente al fatto che il Cavaliere è stato tra i primi a sostenere la necessità del Ponte. Non basta, ovviamente, e comunque il nome di Silvio Berlusconi è fortemente divisivo.

E così l’ing. Francesco Garibaldi-Hibbert, figlio di Anita, Presidente della Fondazione Giuseppe Garibaldi e del Comitato promotore dell’iniziativa sull’intitolazione del Ponte, ha scritto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “In qualità di discendente diretto dell’Eroe e dell’Eroina dei Due Mondi – si legge nella lettera – auspico che si possa con quest’opera completare l’unificazione della Sicilia con l’Italia e con l’Europa intera, iniziata durante la gloriosa campagna militare di Giuseppe Garibaldi. Non dimentichiamo il suo impegno per un’Unione Europea di Pace, il suo memorandum alle potenze Europee dopo la battaglia del Volturno e la partecipazione al primo congresso della Pace a Ginevra nel 1867. 

Oggigiorno – prosegue – il Meridione è logorato da un’arretratezza e da un disagio, tali da mettere perfino in discussione, da parte di ambienti irresponsabili e malavitosi, il progetto unitario stesso”. Si rende urgente, dunque, “una politica che miri ad un rilancio economico del bacino del Mediterraneo che possa contrastare la sfiducia generalizzata. Una sfiducia che si manifesta oggi anche in un vergognoso tentativo di “Cancel Culture” mirato a riscrivere ed alterare la storia ad uso proprio da parte di nostalgici ed antagonisti del progetto unitario. 

Il Ponte, dunque, rientrerebbe nell’ottica di uno sviluppo del Meridione e ben oltre e simboleggia l’abbattimento delle barriere tra popoli e li unisce”.

Il Ponte, scrive ancora Francesco Garibaldi, “per il suo immenso prestigio che porterebbe all’Italia, avrebbe bisogno di essere abbinato ad un nome altrettanto prestigioso, che possa rappresentare i valori più alti su cui si fonda l’identità stessa dell’Italia. Nella Sua capacità di Presidente della Repubblica e Palermitano, tutore dell’unità nazionale in contrasto a questi fenomeni disgreganti, le chiedo quale nome più riconosciuto internazionalmente, più prestigioso, più glorioso e idoneo a rappresentare l’unità a partire dalla Sicilia, se non quello di Giuseppe Garibaldi?”

In effetti la proposta è, sotto vari aspetti, certamente capace di riscuotere generalizzati consensi anche fuori dei nostri confini. Inoltre l’epopea garibaldina del 1860, destinata ad avere un ruolo essenziale nella formazione dello Stato unitario dopo secoli di sofferenze nelle quali il popolo italiano è stato “calpesto e deriso” in ragione delle sue divisioni, l’iniziativa del Generale Giuseppe Garibaldi, tornato in Italia dopo aver posto la sua spada al servizio di chiunque si battesse per la libertà di qua e di là dell’Oceano Atlantico e, perciò, “Eroe dei Due Mondi”, è stata determinante per la causa della formazione del Regno d’Italia.

Chiunque ha studiato un po’ di storia sa dell’eroe generoso e disinteressato alle proprie fortune personali, e infatti morto povero, lui che aveva conquistato un Regno, ammirato ovunque nel mondo. Basti l’episodio della flotta inglese che a vele spiegate va incontro al suo vascello all’ingresso del porto di Portsmounth. Garibaldi che, sconfitto dai francesi ai tempi della Repubblica romana e poi a Mentana, anziano e malandato va a combattere al loro fianco a Digione nella guerra franco-prussiana e vince.

Pillole di verità che non piacciono ai neoborbonici, un’accolta di assurdi nostalgici di un regno crollato nel giro di pochi giorni perché ormai consunto dalla corruzione, dalla malavita e dall’ignoranza nella quale era tenuto oltre il 98% di una popolazione che tanto avrebbe potuto dare all’economia dell’epoca e che tanto ha dato all’Italia con personalità di grande rilievo nelle professioni e nella politica, durante il Regno e, poi, in Repubblica.

Il nome di Giuseppe Garibaldi, repubblicano ma amico del Re Vittorio Emanuele II perché prima di tutto per lui veniva l’Italia, è quello giusto per uno scatto di orgoglio di un popolo intero e, in specie, delle popolazioni siciliane e calabresi, allora corse con entusiasmo sotto la sua bandiera, che poi era il tricolore italiano, per riscattare anche il ricordo dei liberali impiccati solamente perché chiedevano la Costituzione, come l’Ammiraglio Principe Francesco Caracciolo, mandato a morte il 29 giugno 1799 dopo un processo farsa. 

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