di Antonio Fugazzotto
Roma. Da dove proviene questo nome? Roma. La favola e il mito ci forniscono un’ affascinante, ma poco credibile storicamente parlando, risposta. Roma si dice che in qualche modo derivi da Enea e pertanto una emanazione mitica di Troia. Roma la figlia di Ascanio e la nipote di Enea. Enea perciò è un principe troiano e fondatore leggendario della stirpe romana. E’ figlio di Anchise, un membro della famiglia reale troiana, e della dea Afrodite. Roma tra storia, mito e seducente leggenda quindi già dalla sua origine del nome. Lo storico Varrone ci viene incontro fornendoci una data ben precisa. Il 21 aprile del 753 A.C. è storia o favola? La leggenda dei gemelli, il solco tracciato da Romolo e profanato da Remo. Tutto questo fa parte delle nostre conoscenze alle quali ci piace credere. Le quali ci danno la possibilità di fissare nei nostri cuori e pensieri il favoloso inizio , il mitico avvio di una storia, quella della grande Roma, che non ha eguali nel tragitto epico e leggendario dell’umanità. E poi i sette Re di Roma, e poi la Repubblica, i Consoli, i Triumviri e poi Giulio Cesare che apre la strada al princeps, all’Imperatore, e poi l’Impero e poi la Cristianità. Un impero che inizia con Giulio Cesare Ottaviano, chiamato Augustus nel 27 A.C. e termina, ufficialmente e burocraticamente dopo ben 1467 anni e precisamente nel 1453 dopo che Costantinopoli cade in mano dei Turchi nonostante un’eroica difesa, nella quale muore l’ultimo imperatore Costantino XI Paleologo. La storia ci racconta di un Impero che vede la sua massima espansione con Traiano. Un perimetro imperiale che nell’anno 117 D.C. va dalla Penisola Iberica alla Britannia passando per Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Austria, Ungheria, a est fino in Romania (Dacia) e Ucraina, ma anche Turchia, Russia, fino all’Armenia, Georgia, Iran, Azerbagian, in Africa i paesi del nord fino al Marocco. Un Impero che , pur non costituendo la più vasta realtà di dominio della storia, il primato infatti va all’impero Archemenide cinese, è però considerato il più vasto per la capacità dell’Istituzione statale romana di gestione e qualità nell’amministrazione organizzativa statale che le deriva dalla mirabile capacità organizzativa militare, dalla profonda conoscenza del diritto amministrativo e per la straordinaria influenza socio culturale lasciata i tutti i territori conquistati e nella profonda traccia nella storia dell’intera umanità. Oggi noi cittadini europei e soprattutto occidentali siamo figli ed eredi privilegiati di una civiltà, quella romana, nata dopo quel solco tracciato dall’aratro di Romolo sulle rive del Tevere che Roma ha saputo, soprattutto nella gloria del suo Impero, veicolare in quasi tutti gli angoli dell’Europa, africa e Asia. Una civiltà che vede poeti come Virgilio, Ovidio, Catullo; storici come Tito Livio, Svetonio, Tacito; avvocati come Cicerone e Domizio Annio Ulpiano; giuristi come Gaio Aquilio Gallo e Imperatori come Giustiniano, che realizza il suo Corpus Iuris Civilis una imponente raccolta, comprensiva sia delle leggi sia della giurisprudenza romana, e trasmette ai posteri un patrimonio giuridico di inestimabile valore, destinato a costituire per secoli la base del diritto vigente in molti Paesi europei; filosofi come Seneca, Lucrezio, Marco Aurelio; architetti come Marco Vitruvio Pollione, Marco V. Agrippa; scrittori come Quinto Ennio e Marco Terenzio Varrone; commediografi come Plauto e Terenzio. E soprattutto Giulio Cesare: questore. triumviro con Pompeo e Crasso, console nel 58 conquista la Gallia (storico con il de Bello Gallico), amante di Cleopatra, ritorna a Roma trionfante su Pompeo assume la dittatura a vita e divenendo sempre più inviso dall’aristocrazia: Bruto e Cassio, organizzano una congiura, che si attua alle Idi di Marzo, il 15 marzo del 44 a.C., quando Cesare è pugnalato a morte in Senato. Cesare è l’invasore della Britannia nel 55 A.C.. Cesare è colui che supera le Colonne d’Ercole, infrangendo un mito condiviso un po’ da tutti, e con una flotta speciale di ultima generazione intraprende un’ importante battaglia navale contro i Veneti (cioè i Galli) in pieno oceano Atlantico al largo delle coste francesi. La descrizione è precisa e puntuale. La flotta romana comandata dall’ammiraglio Bruto, vince quella che era una battaglia decisiva. Giulio Cesare è, e soprattutto rappresenta il più degnamente possibile, la mitica grande e vittoriosa epopea di Roma che conquista tutto il mondo possibile con la sua alta e meticolosa preparazione di ogni suo “miles”, con la sua ferrea disciplina ma soprattutto con la consapevolezza di aver raggiunto una civiltà che si fa portavoce dappertutto di magnificenza e di grandezza . La circumnavigazione occidentale della flotta di Cesare è raccontata e documentata nel bel libro dell’ amico e collega, lo scrittore Elio Cadelo nel suo best seller “Quando i romani andavano in America”. Un interessantissimo saggio che con analisi meticolose e studi degli autori romani, e non, quali Plinio, Tolomeo, Erodoto, Seneca, Diodoro, Plutarco, Tacito, Virgilio, dimostra che I Romani raggiunsero l’America 1500 anni prima di Colombo. Le testimonianze storiche non lasciano alcun dubbio: Roma in età imperiale era in possesso delle conoscenze scientifiche, astronomiche, nautiche e geografiche necessarie per attraversare l’oceano Atlantico e giungere nel Nuovo Mondo. I testi latini parlano di nuove terre ad ovest mentre numerosi manufatti esposti nei musei italiani ed europei provano che tra le due sponde dell’Atlantico ci furono scambi. Cito con piacere e gratitudine questo testo perché aggiunge lustro e magnificenza alla incredibile e ineguagliabile grandezza dell’epopea romana.
Detto tutto ciò. Raccontata, se pur brevemente, tutta questa magnifica e altisonante storia della civiltà romana, e noi? Noi contemporanei chi siamo? Noi ci sentiamo figli o eredi di tutto questo? Conserviamo nella nostra cultura che ci contraddistingue la consapevolezza di tanta magnificenza e grandezza? Avvertiamo la magia altisonante quando entriamo nelle sale del Campidoglio, anche in quelle apparentemente insignificanti? Ci stupiamo alla vista dei Fori romani e quelli imperiali con le loro splendide vestigia? Forse sì. Ma la grandezza di Roma purtroppo non fa parte della nostra cultura dominante. Di quel main stream o di quella cultura guidata e pilotata per decenni da chi ha ritenuto di dover e poter rendere tutto questo frutto di vuota e patetica retorica. Per il fatto che nell’epoca fascista i richiami alla romanità sono onnipresenti, e i simboli che hanno costituito e rappresentato la grandezza dell’Impero romano sono stati propri del regime. Per il fatto che anche il nome stesso di fascismo trae la sua radice dai fasci littori. Tutto questo ha portato chi deteneva il potere nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale a svilire, sminuire e forse anche a svendere tanta grandezza, etichettandola come vuota retorica. Tutto questo è stato scientificamente e pedissequamente attuato utilizzando i mezzi più efficaci: l’istruzione, la stampa, l’editoria dominante e il cinema. Infatti tutti i più grandi film che trattano degli splendori della Roma imperiale o repubblicana sono di produzione straniera, americani o inglesi. Il nostro cinema si occupava di Ercole, Maciste e Ursus. E come diceva Brenno VAE VISCTIS!. Ma noi riusciremo a riappropriarci di ciò che è nostro? Riusciremo a far in modo che le nostre vestigia non siano cancellate da chi persegue il tentativo, neanche tanto subdolo, di farci perdere l’orientamento nel tracciare il tragitto che ci porta alla nostra consapevolezza di ciò che realmente siamo? Riusciremo ad entrare nelle sale del Campidoglio o di scendere nel Foro Romano e sentirci grandi immaginando di ascoltare un’orazione declamata da Cicerone in Senato? Facciamolo e contribuiremo a dare una solenne spallata a questo main stream.