di Salvatore Sfrecola
È stata accolta con generale soddisfazione la notizia del rientro in Italia di Chico Forti, cittadino italiano al quale è stato concesso di scontare nel nostro Paese la pena dell’ergastolo che gli è stata comminata dai giudici americani. Forti si è sempre proclamato innocente e naturalmente io mi auguro che possa dimostrarlo nelle forme, che al momento non azzardo indicare, che consentano la revisione del processo.
Detto questo per un senso di naturale fiducia nella giustizia, nondimeno Chico Forti è formalmente un condannato da un tribunale di un paese libero, nostro alleato, con il quale abbiamo ottimi rapporti, come dimostra il fatto che le competenti autorità americane hanno consentito in tempi brevi il trasferimento in Italia del detenuto. Per questo mi è sembrato obiettivamente esagerato, al di là della giusta soddisfazione dei rappresentanti del governo italiano che si sono prodigati per ottenere questo risultato, che addirittura la Presidente del Consiglio si sia recata all’aeroporto di Pratica di Mare, dove è atterrato l’aereo dell’Aeronautica Militare con il quale Forti è stato trasferito in Italia (per Buscetta fu un volo di linea), e si sia fatta riprendere sorridente come a tornare in Patria fosse un eroe, non un condannato che si proclama non colpevole, come tutti vorremmo che fosse accertato, anche rapidamente. Forse sarebbe stato un gesto umanamente più comprensibile che fosse consentito alla mamma di Chico Forti, novantaseienne, di incontrare il figlio in aeroporto. Lo stesso Forti, intervistato dal TG1, si è detto giustamente felice per questo risultato, mettendo in conto che presto possa tornare libero. In Italia, è noto, anche chi è stato condannato all’ergastolo, pena a vita, può in certe circostanze, come una buona condotta nel corso della detenzione, essere scarcerato. Naturalmente Forti vorrà uscire dal carcere perché giudicato innocente, come si proclama da sempre, e non per i “benefici” che l’ordinamento prevede.
Devo dire che l’accoglienza presidenziale, considerato che notoriamente stimo e apprezzo l’On. Meloni, mi è parsa un fuor d’opera, una iniziativa che, se avesse intorno consiglieri responsabili e non yes men, le sarebbe stata sconsigliata, anche perché potrebbe dar luogo, in altre occasioni simili, a confronti ed a polemiche.
Mi chiedo, ad esempio, se, ove fosse eletta e quindi lasciasse gli arresti domiciliari a Budapest, analoga accoglienza sarebbe riservata a Simona Salis da parte di membri del Governo, che si sono prodigati perché non fossero usate quelle catene, che noi tutti hanno fortemente disturbato, con una modalità generalmente lontana da quella cui ricorrono le autorità carcerarie europee quando un detenuto viene trasferito in Tribunale. Non riesco ad immaginare che vadano ad attendere la Salis in aeroporto il Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli esteri, On. Tajani, ed il Ministro della Giustizia, Nordio che hanno esercitato diplomatiche pressioni sulle autorità magiare perché fossero concessi gli arresti domiciliari.
Pietà e giustizia sono sentimenti nobilissimi che non vanno confusi con la politica e le sue esigenze di apparire, soprattutto in una impegnativa vigilia elettorale. In un caso nel quale, ne sono certissimo, a parte coloro che praticano una “cieca” adesione alle scelte della politica, molti avranno avuto la mia stessa sensazione, di gioia per il rientro in Italia del connazionale che si proclama innocente, e di disagio per le forme dell’accoglienza.