di Salvatore Sfrecola
Non ne avevo mai sentito parlare, né mi ero imbattuto in un suo scritto. Fino ad oggi, quando di Carmelo Caruso ho letto su Il Foglio un testo che mi ha molto disturbato e non poco stupito, considerata la personalità del direttore, Claudio Cerasa, giornalista e blogger di valore, figlio d’arte, come si dice di chi intraprende la professione già esercitata in famiglia, dal padre, Giuseppe. Il titolo del pezzo: “Meloni di Marsiglia. FdI propone la buoncostume del tricolore: multe fino a 5.000 euro per chi non lo tiene pulito”. E via a dire della proposta di legge d’iniziativa di alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia che sinteticamente definisce del “tricolore pulito”. Una legge “sontuosa” nonostante, par di capire, la modestia culturale e politica di alcuni dei firmatari. Perché, evidentemente, non condivide la conclusione che “esporre in modo sciatto il vessillo tricolore non è questione puramente estetica, ma segno di resa al degrado e un pessimo esempio per i cittadini, e in particolar modo, per le giovani generazioni, perché significa rinnegare l’orgoglio nazionale”.
Si poteva scrivere senza dubbio diversamente. Ma è certo che ovunque nel mondo gli stati espongono le bandiere sugli edifici pubblici ed i cittadini le guardano con rispetto e spesso ne ornano le loro case. Un tempo nei cantieri edili quando il costruttore arrivava alla copertura esponeva una bandiera.
Senza enfasi è un gesto che dimostra un senso di appartenenza ad una storia, ad una cultura, a valori che nel nostro caso sono certamente di civiltà, di una concezione liberale della società e dello Stato che dallo Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana ha definito una panoplia di diritti personali e sociali dei quali siamo orgogliosi. La bandiera, “il tricolore italiano: verde bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”, come si legge nell’art. 12 della Costituzione, rappresenta visivamente quei valori. Tutte le bandiere rappresentano i valori di una determinata comunità, tanto che, quando si vuole insultare uno stato gli insorti, i rivoluzionari o i terroristi ne bruciano la bandiera.
Chi ha avuto occasione di viaggiare ha certamente constatato che la bandiera ovunque è oggetto di cura speciale, delle istituzioni e dei privati. Infatti, spesso i cittadini espongono la bandiera sul tetto od a fianco della porta delle loro abitazioni. Negli Stati Uniti, ad esempio, dove la bandiera “a stelle e strisce” è sempre in perfette condizioni. Come in Francia, in Spagna, nel Regno Unito. In Grecia, dove trascorro spesso periodi di vacanze, la bandiera è esposta sugli edifici pubblici ma anche su molte abitazioni e dinanzi alle chiese. Sempre pulitissima, “di Marsiglia”, direbbe Carmelo Caruso. “Di bucato” avrebbe detto la mia nonna. A proposito, mio nonno quando passava difronte ad una bandiera abbassava la testa in segno di omaggio. Erano altri tempi. Mi diceva che, a sentire l’inno nazionale si commuoveva. Bandiera e inno, da giovane era la Marcia Reale, gli facevano tornare alla mente i racconti di suo padre e di suo nonno, in pieno ‘800, che avevano vissuto i momenti esaltanti delle guerre per la libertà e l’Italia unita. Non so se a Carmelo Caruso verrebbe di fare dell’ironia sui sentimenti di mio nonno e degli italiani del Risorgimento. È probabile, per come si esprime a proposito di alcuni aspetti della proposta di legge che richiama l’esigenza che il vessillo sia esposto “in uno stato decoroso”. Altrimenti scattano le sanzioni.
La buona volontà dei proponenti non è apprezzata. Anche perché la materia è disciplinata con legge ed un regolamento e prevede che la bandiera nazionale e quelle dell’Unione europea vengano esposte quando l’istituzione opera, un tribunale durante le udienze, le scuole nell’orario delle lezioni e quando si tengono esami. Dall’alba al tramonto. Accade, invece, che le bandiere siano esposte permanentemente giorno e notte, col sole e con la pioggia e quindi soggette ad un degrado che rende inevitabilmente irriconoscibili i colori e le stesse dimensioni della bandiera, spesso niente più che pezzi del tessuto.
Non c’è da fare dell’ironia. La cura della bandiera è espressione di rispetto da parte dell’istituzione che la espone. Cosa può pensare, dunque, dello Stato e della stessa istituzione scolastica uno studente che varca il portone che a fianco espone un vessillo irriconoscibile. Con quale dignità un preside, oggi dirigente scolastico, siede al suo posto, incapace di esporre una bandiera dal costo di pochi euro “in uno stato decoroso”, come si legge nella relazione che ha stimolato l’ironia di Carmelo Caruso.
Cosa fanno le autorità competenti per richiamare al rispetto della bandiera? E gli studenti, eredi di quanti un secolo e mezzo fa hanno portato quella bandiera sui campi di battaglia perché finalmente l’Italia fosse una, secondo le aspettative che lungo i secoli, da Dante a Petrarca a Manzoni, hanno accompagnato la formazione di una identità, preziosa eredità che non possiamo e non vogliamo disperdere.
Mi auguro che Claudio Cerasa prenda carta e penna e scriva. Non per difendere l’iniziativa di Fratelli d’Italia, che tra l’altro dimostra che le regole vigenti non vengono fatte rispettare pur essendo quel partito componente maggioritaria del Governo, ma per rendere onore alla bandiera. Anche quando non c’è da fare del tifo in occasione di una partita di calcio, quando in camnpo sono gli “azzurri”. A proposito!