di Gianluigi Chiaserotti
“Grazia” (pagg. 251, Orizzonte Milton, 2024) è un romanzo della scrittrice abruzzese e già docente di lettere Giulia Alberico.
Teresa, da tempo, aveva deciso di non tornare più nella casa materna, ma purtroppo la notizia della scomparsa della madre Grazia, la costringono a tornare in Abruzzo nella città natale e soprattutto nella grande casa materna.
Teresa quindi vi ritorna e nelle due settimane che vi resterà sarà un ricordo giornaliero di un tempo e di un periodo che la donna ha voluto lasciarsi alle spalle.
Il rapporto con la madre non era stato mai ottimo.
Grazia era una donna affascinante, ingombrante, piena di sé e sempre intrisa di un profumo che lasciasse il segno del suo passaggio: il Mitsouko di Guerlain.
Tutto il romanzo, scritto in una prosa ed in una forma uniche nel loro genere per precisione e la maniacale ricerca di parole adeguate a situazioni, a particolari, ad oggetti descritti e ad altro, è un alternarsi del presente e questo, come in un flashback, riporta Teresa nel passato della nonna, della madre e di lei bambina.
Scrive l’Autrice: «[…] Cenarono e poteva parere una serata tranquilla se Teresa non avesse tenuto in petto quel sentimento non proprio di dolore, piuttosto una specie di pena, per quel che non era stato il suo rapporto con la madre. […]».
In questo alternarsi tra passato e presente sono ben inserite vicende storiche dell’Abruzzo, come la battaglia c. d. “dell’Aterno” del 1566 tra gli ottomani e l’esercito del Regno di Napoli, in cui gli orientali tentarono un assalto della nostra Penisola dalla zona del Mare Adriatico che si estende da Pescara (l’antica Piscara) e fino a Termoli (l’antica Termele).
È l’anno in cui ascese anche al trono di San Pietro, il domenicano Antonio Michele Ghisleri (nato nel 1504), che assunse il nome di Pio V (1566-1572), ispiratore poi della grande vittoria cristiana il 7 ottobre 1571 a Lepanto.
Gli ottomani furono respinti e soprattutto non riuscirono a prendere le Isole Tremiti.
Quindi la storia recente della II Guerra Mondiale con l’uscita di scena del Re a Pescara e l’ira tedesca per il tradimento subito e l’aver raso al suolo intere cittadine marine, come Francavilla al Mare.
Teresa, mettendo a posto e riponendo tante suppellettili ed oggetti materni, scopre come era la madre, ma soprattutto un giallo finale che non svelo.
La descrizione di tutta la casa e degli oggetti ricorda moltissimo la medesima che troviamo in quel capolavoro di narrativa, di storia che è “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
È un libro che si legge tutto di un fiato e che fa vivere, ed al meglio, i luoghi abruzzesi descritti.
Per chi scrive è un ritorno alle sue origini, quando, da bambino/adolescente, trascorreva l’intera estate a Francavilla al Mare ed al Caffè Sirena (p. 65).
Anche Teresa riscopre sé stessa, riscopre la sua famiglia, riscopre le scelte della famiglia, ma soprattutto riscopre la mamma Grazia, che, come ho detto, ha sempre sentito assente.
È scritto giustamente nella seconda di copertina:
«[…] Tra ricordi che riaffiorano impetuosi e verità nascoste (leggi quasi un giallo finale n. d. A.), a ricomporsi sarà un nuovo disegno che la porterà (leggi Teresa n. d. A.) a comprendere molte verità su sua madre, a riscoprirla in una nuova luce e a potersi riconciliare con la sua figura.», e nella quarta:
«Teresa sentì da un suo luogo profondo e vivo una bolla piena di vento e luce e non poté fare altro che assistere alla sua risalita. Era ancora uno smottamento del dolore. Tenuto fino ad allora a bada. Tutto il dolore per la perdita della madre s’era risvegliato su quella terrazza dell’Hotel Levante ed era incredibilmente facile farlo emergere e farci i conti.»