mercoledì, Luglio 3, 2024
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La nazionale italiana umiliata torna a casa tra le polemiche

di Leonardo Pirozzi

Ho accolto volentieri la sollecitazione del Direttore di Un Sogno Italiano di scrivere quanto via via mi avrebbe suggerito la visione delle partite giocate dalla Nazionale di calcio impegnata nel Campionato europeo. Avrei dovuto esprimere le considerazioni di un tifoso che ha anche una impegnativa esperienza di difensore in una squadra giovanile della Capitale che può vantare anche alcuni importanti assist risolutivi e qualche gol.

Mi sono accostato a questo Campionato europeo condividendo quel misto di speranze e incertezze che naturalmente accompagnano tutti in occasione di un impegnativo confronto con squadre titolate, sentendo, come tutti gli italiani, il peso delle aspettative del popolo dei tifosi di calcio, in pratica di un’intera Nazione che si riconosce nella maglia azzurra dei suoi giocatori. Le premesse erano buone, tanto che a molti è sembrata un’ambizione possibile quella di vincere o, quanto meno di piazzarsi dignitosamente tra le prime squadre d’Europa: un gruppo di giocatori di talento, un allenatore determinato e un percorso di qualificazione convincente. Eppure, come spesso accade nel calcio, le emozioni oscillano tra la gioia e la frustrazione, tra il sogno e la realtà.

Sin dalle prime partite, gli Azzurri hanno offerto momenti di bel gioco. Le vittorie iniziali hanno alimentato le speranze, facendo sognare milioni di italiani. Una difesa solida ed un attacco a tratti brillante facevano sperare che il cammino verso la finale fosse alla portata. Poi le delusioni. Partite giocate sottotono, errori tattici e un pizzico di sfortuna hanno portato a risultati spesso lontani dalle aspettative. Alcuni giocatori in ruoli chiave non sono riusciti a esprimere tutto il loro potenziale nel confronto con avversari che si sono rivelati più forti del previsto, capaci di garantire un ritmo elevato al gioco tutto il tempo.

Ma nel calcio, si sa, la speranza è l’ultima a morire. Ogni partita è una nuova opportunità, e ogni avversità può trasformarsi in una lezione preziosa. Inoltre, come in tutte le cose della vita, un pizzico di fortuna può aiutare. Che, poi, spesso non si tratta di vera e propria fortuna, di qualche cosa di imponderabile e di imprevedibile ma degli effetti di un impegno duraturo nel tempo che magari dà un risultato positivo perché un giocatore avversario ha un attimo di stanchezza. 

Gli Azzurri hanno dimostrato ben presto di avere poco carattere e scarsa determinazione, qualità fondamentali per affrontare le sfide più dure. La passione dei tifosi, la grinta dei giocatori e l’esperienza dello staff tecnico sono armi potenti che possono fare la differenza nei momenti cruciali.

Durante la prima fase del campionato europeo, l’Italia ha continuato a lottare pur nella consapevolezza via via emergente dei limiti della squadra, evidenti soprattutto nella partita con la Spagna. Le speranze, tuttavia, sono rimaste vive, alimentate dalla consapevolezza che, nel calcio, tutto è possibile, come ha dimostrato il gol di Zaccagni all’ultimo minuto, quando la partita con la Croazia stava per terminare ed i croati già festeggiavano il passaggio del turno. In fondo, il bello del calcio è proprio questo: un mix di emozioni che ci fa sognare, soffrire e gioire. E l’Italia speravamo continuasse a farci vivere ogni partita con il fiato sospeso, ma con l’orgoglio di chi sa di appartenere a una nazione con una grande storia calcistica.

Abbiamo avuto la speranza nel cuore e la voglia di scrivere un’altra pagina memorabile della nostra storia sportiva fino a ieri pomeriggio quando la partita con la Svizzera ha infranto i nostri sogni di gloria. Il risultato è stato totalmente negativo, mortificante, per certi versi incredibile. Impietosi i commenti degli esperti, raccolti dalla stampa. Per Francesco Persili, che ne ha scritto per Dagospia, “abbiamo perso contro la Svizzera, non contro il Brasile. L’Italia era amorfa in campo. Ma perché non riusciamo a giocare al ritmo degli altri?”

Ecco, quella del ritmo inadeguato è stata anche una delle argomentazioni di Spalletti. Il fatto è che, come constatiamo anche nel corso del campionato, i nostri giocatori corrono poco, si limitano a scatti nell’area di competenza, mentre le squadre straniere si sono da sempre distinte per un impegno atletico continuo. Corrono sempre, tutto il tempo e s’impegnano al di là del ruolo loro assegnato.

“Confusi, stanchi, irritati” ha titolato il suo pezzo Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera. E Fabio Capello, in diretta su Sky, incalza Spalletti che ribatte: “La differenza la fa la freschezza”. “Non c’era ordine, la squadra era sparpagliata per il campo”, Capello riprende il suo j’accuse che parte dalle lacune tecniche evidenziate dagli azzurri: “Spalletti ha sopravvalutato la rosa, ai nostri giocatori fanno difetto la qualità e il dinamismo”.

“È stato un naufragio, siamo stati umiliati”, certifica Paolo Condò. “Non può essere questo il livello della nostra Nazionale”. Allarga le braccia Fabio Caressa che in diretta aveva rivelato come i telecronisti austriaci fossero esterrefatti dalla prima ora dell’Italia in cui “di fatto gli azzurri non hanno mai tirato in porta. Abbiamo giocato una partita inguardabile, una grande confusione”. La Svizzera, trascinata da Xhaka, ha dominato. Non ci aspettavamo un Europeo così deludente. Non siamo arrivati con le idee tanto chiare”.

Caressa va ancora all’attacco di Spalletti dopo la lezione di calcio impartita dalla Svizzera. Il telecronista Sky argomenta la critica: “Qual era il gioco della nostra Nazionale, voi l’avete capito? Il terzino destro gioca a sinistra, arrivi con dieci difensori per giocare a tre e poi giochi a quattro. Devi arrivare con le idee chiare. Non hai il tempo di cambiare in continuazione. Puoi fare un aggiustamento, massimo due, ma non puoi cambiare in continuazione. Non li hai trovati confusi i giocatori? Non è questa la nostra Nazionale, non siamo questi”.

Caressa condanna il ct anche per la scelta di puntare su Fagioli dopo la squalifica: “Siamo sicuri che un giocatore con dieci minuti giocati in una Stagione debba giocare titolare in Nazionale? Su certe cose c’è stata improvvisazione, il calcio è strano ma nella vita tutto ha una logica. Nella vita ti porta avanti la preparazione e non l’improvvisazione, ti può andare bene una volta come con la Croazia ma 9 volte su 10 non ti va bene”.

Della partita scrive anche una lettrice del Corriere della Sera, Barbara Canepa, destinazione la “rubrica delle lettere”: “Caro Aldo, non vorrei offendere nessuno, ma mentre sto guardando Italia – Svizzera penso che i nostri sembrano 10 presi a caso in strada, vestiti con i colori della nazionale e messi in campo. Donnarumma è l’unico che non ci fa vergognare”.

Le risponde Aldo Cazzullo: “Cara Barbara, Lo sport italiano non è in crisi. L’atletica azzurra ha dominato gli Europei di Roma e può fare molto bene ai Giochi di Parigi, così come il nuoto. Pallavolo e pallanuoto sono da medaglia olimpica. Abbiamo ottime sciatrici, ottime fiorettiste, ottimi tennisti. Molti sport attirano giovani disposti a sacrificarsi, a faticare, a competere, a fare squadra. Perché allora non il calcio, il nostro sport nazionale? I ragazzi non giocano più a pallone per strada, è vero. Ma non è tutto lì.

È abbastanza incredibile, ad esempio, che nel calcio non sia ancora emerso un fuoriclasse tra i milioni di nuovi italiani che innervano altri sport, si pensi al campione olimpico Marcell Jacobs e al fenomeno che avrà la sua consacrazione a Parigi, Yeman Crippa. Ma la cosa più grave è che le poche squadre italiane che hanno fatto bene nelle coppe europee in questi anni, da ultima l’Atalanta, sono composte quasi esclusivamente da stranieri.

A mia memoria, non ricordo la Nazionale giocare male come ieri. Non è certo la prima spedizione fallimentare del calcio azzurro. Da cronista, oltre alla splendida vittoria del 2006 (nello stesso stadio di ieri), mi è capitato di raccontarne tre: Corea 2002, Sud Africa 2010, Brasile 2014.

Ma erano comunque squadre interessanti: in Corea eravamo fortissimi, c’erano Maldini, Nesta, Vieri, Totti, Del Piero; e anche le altre volte c’erano comunque personaggi di spessore da raccontare. In questa squadra chi c’è? Non è solo un fatto tecnico (l’unico giocatore di sicura classe internazionale è il portiere).

C’è anche il fattore umano. Nello sport moderno, o sei baciato dagli dei come Messi, oppure per diventare non dico un campione ma un atleta di valore devi costruirti anche come uomo: carattere, coraggio, forza morale; vivere con gli occhi aperti e le orecchie dritte, imparare le lingue straniere, aggiornarti sul tuo sport, forse addirittura leggere un libro. Non bastano tatuaggi, milioni, procuratori, veline, auto sportive e scommesse on line (se Fagioli fosse arrivato pronto, se in mezzo ci fosse stato Tonali…)”.

Cazzullo, a mio giudizio, ha toccato un punto fondamentale. Le squadre di calcio abbondano di stranieri, lo fanno pensando che questa sia la strada migliore per vincere ed incassare oltre che successi anche importanti compensi nelle varie competizioni. Qualcuno ha anche sostenuto che l’acquisto di giocatori stranieri per somme rilevanti serva ad “aggiustare” i bilanci delle società. A me interessa soprattutto mettere in evidenza che l’immissione massiccia nelle squadre di giocatori stranieri mortifica le speranze dei giovani italiani di talento, fa trascurare l’impegno che le società dovrebbero mettere nell’allevare campioni. Per non leggere più i titoli dei giornali di oggi che dicono di un’Italia “umiliata” (Corriere della Sera), di “piccola Italia” (La Repubblica), di “Azzurro tenebra” (La Stampa), di “disastro azzurro” (Il Messaggero), di “sprofondo azzurro” (Il Giornale), di “azzurri di vergogna” (Il Fatto Quotidiano), di “Italia agghiacciante” (La Verità), di “andate a zappare” (Libero), di “Umiliazione europea” (Domani), di “disastro Italia” (Il Tempo), di “Eurostrazio” (Il Giorno).

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