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La Corte dei conti chiede all’INPS chiarimenti sui mancati controlli sulle domande di assegnazione del “reddito di cittadinanza”

di Salvatore Sfrecola

Nel concludere il suo articolo per “La Verità” sulla “mega inchiesta” della Procura regionale della Corte dei conti del Lazio sui mancati controlli sulle richieste di reddito di cittadinanza, Giacomo Amadori si è chiesto se “magistrati andranno a cercare anche chi da una terrazza di Palazzo Chigi, nel settembre del 2018, aveva annunciato di avere “abolito la povertà”. Oggi scopriamo a spese dei veri bisognosi”.
Ai fini delle indagini di competenza i magistrati di viale Mazzini, come spiegato nell’articolo, hanno chiesto elementi all’I.N.P.S., istituto erogatore del beneficio, per comprendere come sia stato possibile, ai fini della quantificazione del danno erariale e della individuazione dei responsabili, erogare il reddito di cittadinanza a soggetti che non ne avevano i requisiti, come di recente e ripetutamente abbiamo letto sui giornali, addirittura con riferimento a soggetti che non erano mai stati in Italia. Si è parlato in proposito di rumeni che, attraverso un centro di assistenza fiscale (CAF), erano riusciti ad ottenere il beneficio.
È evidente che qualcuno si attendeva che prima o poi la magistratura della Corte dei conti, ma probabilmente anche le Procure penali, avrebbero messo gli occhi sull’attribuzione di somme rilevanti a soggetti privi dei previsti requisiti. Forse immaginando che la stessa parte politica che aveva pensato di “abolire la povertà” avrebbe provveduto a tutelare funzionari inerti, incapaci di un minimo di attenzione per le pratiche che avevano in esame. E così è stato. E il Presidente del Consiglio dell’epoca, Giuseppe Conte, che si vantava di essere l’“avvocato del popolo”, ha adottato delle misure che lo fanno apparire più come l’avvocato dei furbetti, non tanto di coloro che hanno chiesto indebitamente il beneficio, quanto di coloro che lo hanno concesso senza esperire i necessari accertamenti, cioè i funzionari dell’Inps addetti a questo particolare servizio, dal tempo della gestione di Pasquale Tridico al quale il Consigliere della Corte dei conti Antonio Buccarelli, delegato al controllo dell’Istituto, aveva tempestivamente segnalato le criticità implicite nella generalizzata autocertificazione dei requisiti di legge presentata dagli interessati e non assoggettate a verifiche. E sappiamo bene come queste autocertificazioni si prestino a coprire illeciti.
E così l’Avv. Conte ha adottato un decreto legge, il n. 76 del 2020, in piena pandemia da Covid-19 che ha reso difficile l’esercizio dell’azione di responsabilità per danno erariale da parte delle Procure della Corte dei conti che non avrebbero potuto agire per “colpa grave”, ma limitarsi soltanto a perseguire condotte dolose, peraltro secondo nella versione penalistica.
All’epoca già si sentiva che negli anni precedenti dal 2018 si erano verificati casi di illecito nella concessione del beneficio. Molti hanno pensato nel dibattito politico e giornalistico che si volesse coprire in questo modo la responsabilità di chi aveva acquistato mascherine farlocche, pagate peraltro a un prezzo eccessivo, e i famosi banchi a rotelle che non sono stati utilizzati e che ora, si è letto su alcuni giornali, sarebbero ceduti a un prezzo assolutamente simbolico di un euro.
Il fatto è che questa norma limitatrice dei poteri della Procura regionale della Corte dei conti è stata ribadita dal governo Conte2, dal governo Draghi e dal Governo Meloni nonostante sia evidente che il cittadino che paga le imposte, le cui tasche sono difese dalla magistratura contabile, sia indignato per questa normativa che protegge chi ha causato danno all’erario. Di più c’è chi in Parlamento, fra i partiti della maggioranza, medita di rendere permanenti le norme limitatrici della responsabilità che è di natura risarcitoria.
Né convince la vulgata secondo la quale la norma sarebbe servita ad evitare il cosiddetto “timore della firma” perché in realtà il bravo funzionario che agisce anche sulla base di pareri e di valutazioni tecniche e sui prezzi sugli acquisti da effettuare non ha nessuna paura di firmare. “Colpa grave”, infatti significa macroscopica negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamento, ordini o discipline. Gravissime situazioni nelle quali non incorre il bravo funzionario che studia e decide sicché in fin dei conti la norma finisce per tutelare incapaci e disonesti.

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