di Salvatore Sfrecola
Luigi Tivelli ancora una volta ha colpito nel segno con uno straordinario editoriale per Il Tempo del 13 luglio dal titolo emblematico “Basta amichettisismi, è l’ora del merito”. Un concetto chiarito dall’occhiello: “consigli per la classe dirigente”. Naturalmente consigli graditissimi se vengono da chi, come Tivelli, vanta una lunga esperienza di Consigliere parlamentare, Consigliere giuridico di vari ministri, Capo di gabinetto, editorialista, autore di libri importanti sulla pubblica amministrazione, docente universitario. Né va sottovalutato il suo impegno quale Presidente della Academy Spadolini in dibattiti e presentazioni di libri in giro per l’Italia.
L’intervento di Tivelli prende le mosse da un editoriale del Corriere della Sera del 10 luglio con il quale Ernesto Galli della Loggia lamentava la pochezza del confronto pubblico e la mancanza di idee concrete. Pare strano a Tivelli che il Professore si sia lamentato di questo, “proprio lui che 5 o sei volte al mese ha a disposizione 5 o 6 colonne del Corriere per contribuire al dibattito pubblico e forse anche per questo si tratta di un pezzo autocritico”. Evidente il tratto ironico considerato, precisa Tivelli, che è “un po’ un vezzo di non pochi giornalisti italiani quello di peccare di scarsa concretezza e soprattutto di diffusa carenza di capacità di proposta. Sarà perché quasi tutti, se non tutti, gli editorialisti, specie del Corriere della Sera provengono dalla sinistra o dalla estrema sinistra, trovare proposte concrete non è per loro cosa facile”.
Ma Galli della Loggia non è uno qualsiasi. Così “ricorda a tutti quanto era bella la sinistra indipendente e propone a Meloni di varare una sorta di “Destra indipendente”. Dimenticando che dalla Sinistra indipendente sono venuti per non poca parte i danni più significativi apportati al nostro sistema istituzionale e amministrativo come la riforma del Titolo V – con connessa autonomia differenziata – e l’introduzione del sistema delle spoglie”. Inutile fare un nome che conoscono tutti. Probabilmente Galli della Loggia – prosegue Tivelli – giunge a salutare questa Destra indipendente, che potrebbe svolgere per l’attuale maggioranza quella funzione che fu allora della sinistra indipendente, per quella sorta di allergia molto diffusa degli editorialistoni provenienti dalla sinistra a considerare e trattare la parola merito”.
Tivelli ricorda che “in più occasioni sin dal suo insediamento alle Camere Giorgia Meloni ha alzato la bandiera del merito e sia lei che altri esponenti della destra hanno sostenuto di non voler sostituire all’egemonia della sinistra una sua variante di destra, ma di cercare di promuovere un modello basato sul merito. Merito e meritocrazia: due parole peggio dello zucchero per i diabetici per tanti editorialisti di sinistra o provenienti da essa. Certo probabilmente ci sarebbe la fila da parte di intellettuali, top manager, economisti a trovare uno scranno parlamentare come membri della “Destra indipendentemente”, o qualche scranno come presidenti di enti o società pubbliche, ma mi sembra che una terapia basata sul valore del merito per smantellare l’egemonia della sinistra l’italiana sarebbe decisamente più appropriata. Il punto del superamento degli amichettisismi di sinistra e di destra – come accenna Galli della Loggia – è giustissimo, ma per superare l’amichettismo occorre un nuovo metodo basato sul valore e fattore del merito”. E suggerisce il classico metodo del ricorso a società qualificate di “cacciatori di teste” per selezionare terne o cinquine “per affidare i top job nelle società pubbliche, in seno alle quali il governo effettua la scelta”.
Riprendiamo un po’ gli elementi del dibattito avviato da Tivelli. Che parte dal presupposto, scandito nell’occhiello del suo editoriale, che si deve ritrovare una classe dirigente che evidentemente manca non da oggi, uno dei grandi mali della democrazia italiana. L’impegno di intellettuali “indipendenti” nelle liste del Partito Comunista Italiano è stato possibile, in primo luogo, per la solidità di quel partito, per la sua organizzazione politica, al centro e sul territorio, attraverso associazioni, case editrici, istituzioni culturali, sicché la classe dirigente comunista era consapevole che l’apertura ad ambienti diversi, ai quali si offriva l’etichetta di “democratico” consentiva di attirare personalità le quali avevano ritrosia ad entrare nelle liste previa iscrizione al partito ma si sentivano solleticati nella loro vanità dal fatto di essere considerati elementi di prestigio.
L’idea di riprodurre a destra l’esperienza è certamente interessante, ma assolutamente improponibile perché si scontra con la realtà di strutture di partito (vale per tutte le componenti della maggioranza) che non hanno lasciato finora spazio a nessuno che non fosse rigidamente inquadrato, tanto da escludere personalità che, sicuramente di destra e certamente affidabili, avevano la caratteristica di essere soprattutto indipendenti, cosa che ai partiti non è mai piaciuta.
Quindi il tema importante affrontato da Tivelli e da Galli della Loggia, in modo diverso, ci dice che va ricostruita una classe dirigente e lo può fare soltanto un partito solido che abbia una capacità di pensare e di decidere, avvalendosi di personalità esterne ma sicuramente affidabili. Ritenere affidabile un indipendente non è cosa semplice, perché presuppone in colui che fa la scelta di aggregare un soggetto estraneo una consapevolezza del proprio ruolo che non gli fa temere che l’indipendente di prestigio possa danneggiare la sua politica o oscurare il suo ruolo.
Ho detto più volte che questo è il vero problema di una maggioranza che sicuramente è stata capace di vincere le elezioni ma che arranca nella gestione del governo. Un esempio plateale di questo stato di cose si ritrova nelle dichiarazioni dei ministri del governo Meloni che, all’indomani del loro insediamento, hanno dato vita ad una poco dignitosa lamentazione quanto alle difficoltà di gestire un bilancio dello Stato già preparato del quale hanno dimostrato di non conoscere i dati veri. E questo dimostra che quei partiti della maggioranza provenienti dall’opposizione (anzi due erano al governo) non hanno saputo costruire un’approfondita conoscenza della realtà economica e finanziaria dello Stato che condiziona evidentemente la realizzazione delle politiche pubbliche. Non sarà sfuggito a nessuno dei nostri attenti lettori il fatto che a Londra il partito laburista, vincitore delle elezioni, aveva già una squadra pronta e aveva le idee chiarissime sul da farsi perché quel partito, nella realtà culturale della politica inglese, stando all’opposizione, era strutturato in un “gabinetto ombra” che in pratica segue passo passo l’azione del governo. Quindi nel momento in cui dall’opposizione passa alla gestione diretta, i responsabili delle varie politiche sono già in condizione di sapere cosa si deve fare con piena consapevolezza degli strumenti dei quali si devono servire.
E questo dimostra che effettivamente l’amichettismo è una prova evidente della inadeguatezza della classe dirigente, osservazione che diciamo con dolore avendo auspicato da tempo un cambio di maggioranza rispetto a quelle che avevano governato fino alla vigilia del 25 settembre 2022.
Avevamo già osservato, parlando della campagna elettorale per le elezioni del sindaco di Roma, che il centrodestra non si era preparato alle elezioni, non aveva cioè costruito quel “governo ombra” della città che avrebbe dato ai cittadini consapevolezza che quel personaggio del centrodestra si occupava del traffico, quell’altro dell’arredo urbano, quell’altro ancora della sicurezza stradale e così via, e che queste persone potevano costituire la futura giunta e da questo ambiente sarebbe emerso il futuro candidato sindaco. Così non è stato perché si fa politica con le chiacchiere, con idee a volte condivisibili ma disancorate dalla realtà che significa consapevolezza degli strumenti dei quali i governi si servono, cioè delle leggi che la stessa politica si è data quanto alle procedure che identificano il modo di agire dell’amministrazione e agli uomini, delle varie professionalità, che sono destinati ad agire.
Siamo lontanissimi dall’esperienza inglese, da una concezione politica che valorizza, insieme alla condivisione di idee e di programmi,. anche il merito. Quel che poi va rimproverato all’attuale maggioranza è che personalità che avrebbero potuto contribuire all’azione di governo avevano manifestato disponibilità con un particolare che non è proprio della classe politica attuale, quello di non essere interessati direttamente o indirettamente a scranni nei ministeri o negli enti.
Vi pare poco? È il volontariato politico che politici intelligenti dovrebbero apprezzare e cogliere. Se non lo hanno fatto è arduo pensare che possano farlo in futuro. Purtroppo.