domenica, Settembre 8, 2024
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Ricordo Roberto Tomei, giurista, uomo buono e perbene

di Salvatore Sfrecola

Non mi è stato possibile, perché lontano da Roma, partecipare ai funerali e poi alla Messa per il Trigesimo di Roberto Tomei, nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli in Piazza del Popolo, a Roma, nei pressi della sua abitazione. Ne sono profondamente addolorato. Avrei voluto essere lì in quei momenti, anche accanto alla moglie, la collega Anna Maria.
Ho pregato per lui ricordando l’uomo buono, la persona perbene, lo studioso di diritto pubblico che aveva saputo individuare alcune tematiche poco sfruttate con degli scritti sempre puntuali e apprezzati, che tuttavia non gli avevano consentito, come aveva a lungo sperato, di conquistare una cattedra universitaria. Aveva sempre trovato sulla sua strada qualcuno più di lui benvoluto “colà dove si puote ciò che si vuole”.
Lo avevo conosciuto molti anni fa alla Facoltà di economia e commercio dell’università di Roma “La Sapienza”, dove, insieme ad altri amici, coadiuvavamo Pietrangelo Jaricci, titolare dell’insegnamento di Diritto Pubblico dell’Economia negli esami e delle tesi di laurea. Era un bel gruppo quello che Jaricci, giurista raffinato, avvocato brillante, aveva favorito animando gli studi con la pubblicazione di alcuni volumi di saggi che spaziavano lungo le tematiche del diritto dell’economia.
Allievo di Raffaele Resta, il grande amministrativista allievo di Antonio Salandra, stimatissimo da Pietro Virga, con il quale aveva organizzato convegni a Palermo e condiviso alcune esperienze forensi, Jaricci aveva chiamato studiosi di varie esperienze, universitarie, forensi e magistratuali, a contribuire all’approfondimento di una disciplina in continua evoluzione che aveva attratto anche illustri cattedratici di Diritto Amministrativo, da Massimo Severo Giannini a Bruno Cavallo, autore con Giampiero Di Plinio di un importante Manuale di diritto pubblico dell’economia. Scorrendo l’indice dei volumi curati da Jaricci, pubblicati dalla romana editrice Kappa, troviamo l’Amministrativista Franco Bartolomei, il Consiglieri di Stato Salvatore Giachetti e Domenico Santelia, il Presidente di TAR Aldo Ravalli, l’Avvocato dello Stato Wally Ferrante e poi il Prof. Renato Federici, i Colleghi della Corte dei conti Lodovico Principato e Ovidio Tilesi. Ancora Licia Grassucci, oggi Segretario Generale del TAR Lazio, Donella Resta, Professore di Istituzioni di Diritto pubblico, l’avv. Francesca Sbrana, il Generale Carlo Spagnolo, Comandante del Commissariato aeronautico e, naturalmente, chi scrive.
Tra questi Roberto Tomei si distingueva per il carattere vivace, per la simpatia che ispirava, per la capacità di descrivere e commentare in modo ironico, ma sempre puntuale, fatti e vicende della realtà pubblica italiana, in particolare per le tradizionali, ricorrenti espressioni di nepotismo di cui la classe politica è stata sempre molto prodiga e di cui in qualche occasione aveva subito gli effetti negativi.
Ci incontravamo anche fuori con altri amici e attendevo sempre con piacere l’occasione che Roberto ci dava di una chiacchierata “out of the records” perché ero certo che il tempo passato con lui in allegria, ci teneva su il morale, ci faceva sperare nel futuro, ci faceva sorridere sulle vicende che aveva vissuto o delle quali era stato testimone, all’università e nell’Istituto Nazionale di Statistica nel quale prestava servizio con l’impegno di chi crede nel ruolo che è chiamato a svolgere.
Fu lui in una chiacchierata informale a segnalare il caso della mancata applicazione delle sanzioni che avrebbero dovuto colpire chi non rispondeva alle richieste di dati da parte dell’Istituto di statistica. Non era uno dei tanti danni erariali che si consumano in questo Paese, una mancata entrata al bilancio dell’Istituto sia pure molto consistente, ma una distorsione dei dati assunti per l’elaborazione di statistiche perché è evidente che se sono significativi operatori economici che non rispondono il dato finale è falsato. Che il fenomeno fosse molto diffuso da parecchi anni, da quando la mancata risposta alle richieste di dati era stata depenalizzata, fu messo in evidenza da una indagine commessa dalla Procura della Corte dei conti all’Ispettorato Generale di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato. Naturalmente questa disattenzione per la sanzione reiterata nel tempo, nonostante significative segnalazioni, coinvolgeva il Consiglio di amministrazione ed alti dirigenti dell’Istituto i quali cercarono di dimostrare che la mancata entrata al bilancio dell’Istituto era ininfluente e di giustificarla in vario modo. Tra l’altro si lessero sui giornali commenti ironici su questa indagine della magistratura contabile. Come poteva la Corte dei conti – si è letto – immaginare la responsabilità di studiosi illustri, statistici, demografi, giuristi, tutti di chiara fama, che nel Consiglio di amministrazione sedevano da tempo. Capita che personalità di elevato profilo professionale siano meno attenti alle piccole regole della contabilità pubblica ed agli equilibri di bilancio. Ricordo che ci prendemmo una piccola rivincita quando tra i tanti giornali che criticavano l’inchiesta della Corte dei conti che aveva osato immaginare la responsabilità di questi personaggi illustri, ci fu un illustre economista ed ex Ministro delle finanze, il Prof. Francesco Forte, che, intervistato da Il Sole 24 Ore, disse che lui della attendibilità di alcune statistiche aveva sempre dubitato. Del resto anche Eurostat le aveva ritenute in alcuni casi affidabili solamente dopo ripetute verifiche.
Roberto l’avevo visto ancora di recente e non potevo certo immaginare che sarebbe mancato improvvisamente. Non sapevo e non so i motivi del decesso. So solo che mi mancherà, che non potrò più sperare che, quando l’umore è nero, un incontro con Roberto ci avrebbe fatto certamente sorridere.
Mancherà non solo a me ma gli amici che gli riconoscevano questa dote di simpatico guascone per le battaglie nelle quali credeva e delle quali scriveva sul “Foglietto”, un giornalino che denunciava quel che non andava negli istituti di ricerca. I suoi interventi erano come la trama di film d’inchiesta.
Godendo della sua stima, quando lasciata la magistratura ho cominciato a svolgere attività di avvocato mi chiese di difendere Enzo Boschi Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), uno scienziato di fama internazionale, per una vicenda nella quale effettivamente l’illustre studioso non era responsabile e per la quale fu assolto in istruttoria avendo trovato un magistrato che, come diceva un vecchio amico di famiglia, aveva il “vizio” di leggere le carte.
Ciao Roberto.

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