di Salvatore Sfrecola
La vicenda della rappresentazione, in tono apertamente irridente, dell’“Ultima Cena”, quella di Cristo con gli Apostoli, un riferimento prezioso della fede cristiana consegnata all’arte dallo straordinario affresco di Leonardo, costituisce l’occasione per tracciare una distinzione non solo fra credenti e non credenti ma anche tra le persone che si ispirano al rispetto per le altrui idee e quelle che non lo conoscono. Nella vita come nella politica.
Ad esempio, non penserei mai di irridere una divinità, qualunque sia, pur lontana mille miglia dal mio credo. Ho visitato ovunque luoghi sacri a varie religioni ed ho sempre tenuto un atteggiamento di doveroso rispetto, perché quell’ambiente, caro a uomini e donne che credono, merita in ogni caso il massimo della considerazione. Ovunque sono entrato a capo scoperto, togliendomi le scarpe, quando richiesto, con la curiosità del turista ma pur sempre con la consapevolezza della sacralità del luogo. Ugualmente non scherzerei mai su una divinità, su un precetto religioso o su un oggetto di culto, su eventi della storia che non mi appartengono ma che comunque sollecitano il mio desiderio di conoscere e di capire.
Del resto, come altre volte ho ricordato, il detto popolare “scherza coi Fanti e lascia stare i Santi”, reso famoso dalla Tosca di Giacomo Puccini, a me pare un doveroso atteggiamento culturale, di rispetto per le idee altrui, parte integrante e fondamentale della cultura liberale alla quale ci ispiriamo e sulla base della quale alle persone è riconosciuto il diritto di credere e di manifestare idee politiche e sentimenti religiosi. O anche di non credere. Il che significa avvicinarsi alle idee professate con un atteggiamento assolutamente sereno, con una differenza fondamentale: le idee politiche possono essere contraddette nella normale, civile dialettica, le credenze religiose appartengono alla intimità delle persone e alla identità di una comunità.
Credo fermamente che questo modo di sentire sia espressione significativa della nostra civiltà occidentale che già i romani praticavano, come dimostra il fatto che nell’Urbe trovavano accoglienza edifici di culto di tutte le religioni, templi dedicati alle divinità che, all’epoca, erano oggetto di devozione da parte delle varie comunità che vivevano sotto il dominio di Roma. Lo stesso cristianesimo è stato un tempo osteggiato ma, come è noto, solo per motivi politici, per il contrasto con la pretesa divinità dell’Imperatore.
Ebbene, oggi dopo secoli nei quali, a seguito di lotte provocate anche da contrasti religiosi, l’Occidente ha acquisito come valore fondamentale degli ordinamenti statali il rispetto di ogni idea e di ogni credo, non è ammissibile che simboli di una religione o immagini comunque riferibili ad un credo siano oggetto di derisione, neppure in rapporto alla diversa concezione, presente nella società civile, della vita e della morte e della sacralità della persona nella sua fisionomia sessuale.
Tutto questo è presente nel dibattito seguito alla rappresentazione grottesca dell’ultima cena, coinvolge i partiti e dimostra che vi sono diversità di opinioni e di sensibilità che in alcuni casi uniscono in altri dividono le forze politiche in modo molto significativo. Ebbene, a sinistra c’è stato chi ha ritenuto che la rappresentazione dell’ultima cena, così come si è vista a Parigi, sia espressione di libertà artistica ancorché abbia ad oggetto un evento sacro alla cristianità. Questo è assolutamente inammissibile per quanto già detto a proposito del rispetto delle religioni e dei suoi simboli, con l’aggiunta che la scelta, oltre ad essere evidente manifestazione di un sentimento anticristiano è criticabile anche sotto un altro profilo: chi ha immaginato lo spettacolo e quanti lo hanno eseguito non avrebbero mai osato farlo riferendosi ad altre religioni, segnatamente a quella musulmana i cui seguaci hanno dimostrato di saper reagire non già a parole ma con violenza, sperimentata proprio a Parigi, agli insulti portati ad Allah, a Maometto o al Corano.
Non è mancata naturalmente qualche presa di posizione di dubbio gusto da parte di alcuni ciarlieri esponenti della Sinistra presenti quotidianamente sugli schermi delle televisioni. E questo è manifestazione di una rilevante distanza morale dal corpo elettorale che pure li vota, una delle gravi fratture che caratterizzano quegli ambienti, rese evidenti dalla difficile convivenza di quanti provengono dalla Democrazia Cristiana, transitati nel Partito Popolare poi nella Margherita. La loro presenza nel Partito Democratico é dovuta in gran parte alla forza della disperazione, alla incapacità di dar vita ad una forza politica moderata, che consenta loro di conservare lo scranno parlamentare. Sono centristi che si sentono lontani dai partiti della destra moderata, anche da Forza Italia, il partito che considerano personale e che non ha elaborato una cultura condivisibile da parte di quello che è stato definito il cristianesimo popolare. L’unica casa che si è dimostrata accogliente, sia pure con molti limiti, è stato il Partito Democratico oggi guidato da Elly Schlein. Anche Matteo Renzi, altro orfano della Margherita, si è trovato in difficoltà e, dopo aver conquistato il PD ed assaporato il gusto della vittoria nelle elezioni europee del 2014 ha provato l’amarezza della sconfitta nel referendum del 4 dicembre 2016 e poi dell’esilio. Demolitore di iniziative più che promotore di programmi e patrocinatore di idee è oggi alla ricerca di una casa adeguata alle sue debordanti ambizioni politiche.
La Sinistra continua, dunque, ad essere divisa al suo interno con qualche sprazzo di solidarietà solamente elettorale. Uno dei motivi di forte divisione è proprio la visione spirituale di molti, che nega la tradizionale spiritualità cattolica per aggregare portatori di idee e di iniziative sui cosiddetti diritti, di varia configurazione, della persona diversamente maschio o femmina come Dio li ha concepiti e come riferisce la Bibbia. Dimenticando che una cosa è il rispetto dei diversi, altro è sposarne le iniziative partecipando a manifestazioni variamente colorate.
Tuttavia, non solamente questo il lato debole della Sinistra. Ad esempio, trascura i valori liberali e risorgimentali che sono stati presenti nella formazione del movimento operaio e dei partiti socialisti. Hanno difficoltà a pronunciare la parola Patria, convinti che sia “di destra”, dimostrando di non comprendere che la Nazione non è mai di una parte e che esistono molte destre, alcune delle quali si attribuiscono quell’etichetta abusivamente, mentre i valori fondativi sono o dovrebbero essere comuni a tutti i democratici, come hanno dimostrato le recenti elezioni inglesi.
Con questa confusione tra idee e valori, la Sinistra, alla quale non basta che Bersani evochi Garibaldi a garanzia dell’unità d’Italia contro l’autonomia differenziata, è fortemente limitata quanto alla sua capacità di esprimere un’opposizione che, agli occhi dell’elettorato, sia propositiva e funzionale ad un programma di governo. Questa Sinistra è un danno per la democrazia che si basa appunto sulla presenza di un governo e di una opposizione potenzialmente alternativa. Naturalmente a destra sono lieti di questa situazione multicolore che consente di minimizzare le distinzioni che marcano le aree dei partiti della maggioranza i quali avrebbero esigenza di essere incalzati da una forza propositiva capace di stimolare idee e di favorire la ricerca di una classe dirigente a misura del ruolo di un’Italia che Camillo di Cavour a giugno del 1861, appena nato il Regno, immaginava sarebbe diventata un “grande Stato”. Ci abbiamo provato, a tratti riuscendo tuttavia a raggiungere minori obiettivi di quelli che le italiche intelligenze avrebbero potuto conseguire. Insomma, vivacchiamo, quando potremmo essere una potenza politica ed economica, preziosa per incarnare il fianco sud dell’Europa, cerniera tra Occidente ed Oriente.